
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
A Milano c’è un assessore alla Salute che si chiama Giacomo Landi di Chiavenna. I giornali se ne sono a un tratto occupati perché l’assessore ha constatato una diffusione abnorme, tra i giovani della città, della cosiddetta microprostituzione, un termine inventato da lui stesso e col quale si definisce quella pratica, messa in atto soprattutto dalle ragazze, di spogliarsi davanti a una webcam e di farsi pagare. Un modo, cioè, per arrotondare la paghetta, dato che l’allarme riguarda le minorenni. A questo fenomeno si accoppia l’altro, che riguarda soprattutto i maschi: una dipendenza dai video porno che fa somigliare gli affezionati del genere a dei drogati. brutto negli adulti, è molto preoccupante negli adolescenti.
• Che cosa vuole fare l’assessore per combattere il fenomeno?
Spedire una lettera ai genitori della città perché stiano in guardia. Ha anche in programma opuscoli informativi, campagne pubblicitarie sui giornali e una mobilitazione degli specialisti da mandare nelle farmacie perché facciano – suppongo – campagna direttamente. Landi dice che qualche mese fa si sono scoperti dei ragazzini di una scuola elementare che si scambiavano filmati zoofili, cioè immagini di sesso tra esseri umani e animali. A Milano la cosa sarebbe piuttosto urgente perché, come dice il sessuologo e psicoterapeuta Alberto Caputo, «qui il fenomeno è esploso per la prima volta in Italia, dato che questa è allo stesso tempo la nostra città più tecnologica e quella con un gran numero di giovani, grazie all’Università».
• Pensa che l’invio della lettera aperta alle famiglie possa funzionare?
Ho provato a mettermi nei panni del padre o della madre a cui arriva questa lettera del Comune. Suppongo che nella maggior parte dei casi il padre o la madre pensino: «Ma guarda un po’!» e si dimentichino subito dopo del problema. Chi può immaginare e ammettere, infatti, che il proprio figlio sia pornodipendente o la propria figlia micro- prostituta? I genitori che vengono chiamati dagli insegnanti e informati di qualche enormità commessa dai loro figli cascano sempre dalle nuvole. D’altra parte ha ragione anche Willy Pasini, il sessuologo, che sull’iniziativa milanese ha scosso la testa: «Il degrado è generale, il sesso è una dipendenza come le altre in una società che ha completamente smarrito i valori». E infatti la questione è se la liberazione sessuale, cioè la caduta di ogni pregiudizio e di ogni remora relativamente al sesso, non abbia avuto come contropartita la sua perdita d’importanza e dunque un trattamento della materia al limite dell’indifferenza. Le ragazzine che si tolgono il reggiseno davanti alla webcam si stupirebbero di tanto scandalo se leggessero i giornali e ne venissero a sapere qualcosa. E quanto ai ragazzini – e ai maschi in genere – si segnala da tutte le parti in realtà una caduta del desiderio. Affamati e affannati davanti ai computer quando assistono alle acrobazie dei pornodivi e degli amateur, e dunque molto più colti in sesso teorico dei loro nonni, disarmati poi o imbranati o al limite impotenti davanti alle donne vere, quando gli capitano. Non le risulta che le donne hanno smesso di esclamare «Gli uomini, che mascalzoni!», e imprecano invece adesso «Gli uomini, che disastro!»?
• Se si limitassero in qualche modo gli accessi a Internet per i ragazzini?
Il sessuologo Caputo sarebbe d’accordo («un’altra idea sarebbe quella di convincere le famiglie a mettere dei filtri al pc di casa»). In realtà non funzionerebbe: in Giappone, dove il problema è scoppiato già qualche anno fa, verificarono che per questo tipo di mercato è micidiale la combinazione telefonino- rete: ti filmo col telefonino e poi metto il filmato in rete. YouTube ha tutta una casistica di video non pubblicabili, ma Internet è come sappiamo un oceano incontrollabile e il cellulare un mezzo per navigare troppo facile. Bisognerebbe forse limitare l’uso del telefonino o forse l’uso del telefonino troppo tecnologico. Ma se l’immagina la baraonda delle polemiche? Per non dire della guerra che subito le lobbies telefoniche scatenerebbero.
• Beh, è vero che proibire non è mai bello.
Eppure, per me, maestra di sensualità ed erotismo resta ancora la Chiesa, grande conoscitrice del peccato e quindi sapiente dispensatrice di proibizioni. Era la Chiesa che ci faceva sembrare il sesso chissà che. E che dava alle femmine, benché cariche di desiderio, una ragione alta per resistere agli assalti dei maschi ed esaltarne la libidine.
• Non vorrà mica tornare alle gonne lunghe e alle camicette chiuse al collo?
No, vorrei solo che si recuperasse un po’ di vergogna. Una ragazza che si vergogna non mette le proprie tette su Internet. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 25/8/2009]
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