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 2009  agosto 25 Martedì calendario

SEMENYA, UOMO PER I TEST IDOLO PER IL SUDAFRICA


Oggi l’orgoglio del Sudafrica torna a casa, Caster Semenya è attesa a Masehlong, il suo paese, il centro della mobilitazione nazionale, dove le compagne di classe hanno preparato lo striscione e in strada improvvisamente si vedono le limousine. Sono le autorità, appoggio statale che sfreccia in mezzo a un villaggio senza lussi, per difendere la ragazza che ha vinto gli 800 metri ai Mondiali. La ragazza che deve dimostrare di non essere un uomo.
Girano già indiscrezioni sui test e i primi risultati, secondo il Telegraph, direbbero che il testosterone è il triplo di quanto dovrebbe. Nessun dato ufficiale, ma delle certezze iniziano esserci: non stiamo parlando dei test effettuati a Berlino, ancora riservati e al primo stadio, le analisi al centro delle ultime voci sono state chieste ufficialmente dalla Iaaf alla federazione sudafricana il 31 luglio, giorno in cui il prodigio Semenya corre gli 800 metri in 1’56"72 ai campionati africani junior. Un tempo incredibile per una diciottenne e i primi sospetti per chi guardandola non può che chiedersi se è davvero una donna.
 una domanda crudele solo che è inevitabile. La stessa famiglia, nauseata dai pettegolezzi, ha ammesso che non è la prima occasione in cui la figlia si trova al centro dei dubbi. successo quando si è presentata a scuola, quando è entrata nella squadra di calcio maschile come centrocampista e unica femmina, è successo sulla pista di atletica e «ogni volta la gente ha capito che è solo una bambina con un aspetto mascolino». Parole del papà che lavora a Pretoria e passa da casa un giorno alla settimana. Semenya viene difesa dalle amiche, dalle sorelle, dalla classe, dalla squadra però tutti danno certezze che non risolvono il problema. Tutti raccontano di intimità che toglierebbe ogni sospetto, le compagne di allenamenti ripetono: «Noi la vediamo sempre fare la doccia, non si nasconde mai» e nessuno si permette di credere il contrario. La discussione non sta lì, l’anatomia non prova nulla. Non certifica che è una donna e neanche che non lo è. Le analisi a cui è stata, almeno due volte, sottoposta sono molto più complicate.
Il Sudafrica se ne frega, lì non aspettano l’esito dei controlli ma Caster, le maestranze sono pronte al ricevimento all’aeroporto di Johannesburg e gli amici riempiono di bandiere Masehlong e di festa la strada che non ha nome. I cartelli lì non esistono, la casa di Semenya si riconosce dal numero 12 ovvero la dodicesima abitazione a sinistra, da giorni l’unica via trafficata e stamattina arriva il servizio di sicurezza pronto ad allontanare gli stranieri. Per chi la conosce è un’eroina, la campionessa del mondo e non è richiesto altro, la vedono da sempre perché è nata lì, anche se c’è un buco nel suo passato. A tredici anni è sparita, spedita in un altro villaggio, a Fairlie per fare compagnia alla nonna. Non lontano solo che nessuno l’ha vista più per mesi.
Chi sostiene che si è operata indica quello come il periodo di transizione, ma chiunque testimoni contro la buona fede della ragazza gode di pessima reputazione come Ekkart Arbeit, ex dopatore della Ddr, già famoso per aver contribuito a trasformare Heidi Krieger in Andreas Krieger a forza di steroidi, oggi redento e convertito al «lavoro pulito»». Questo signore, che circola anche nello staff tecnico della federazione sudafricana con la funzione di esperto, sostiene che Semenya è nata ermafrodito.
Il suo attuale allenatore, Michael Seme, giura che Caster non si è mai preparata con Arbeit e quindi non è possibile che lui conosca dettagli del genere. «Si allena da sempre nel suo quartiere, due volte al giorno, con me e basta, non so più cosa dire per mettere a tacere queste stupidaggini».