Varie, 25 agosto 2009
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Russo Vittorio
• Trieste 16 febbraio 1939. Allenatore di calcio. Nel 2009/2010 sulla panchina del Livorno (esonerato dopo l’8ª giornata) • «[...] vice vittorioso di Mazzarri a Genova, dove si tolse il gusto di piegare Mourinho con uno straniante 3-0 in coppa Italia [...] ”[...] Ho vinto tre europei under 18, conquistato 7 promozioni nelle categorie inferiori, guidato la nazionale femminile, insegnato a Coverciano. Ho attraversato la mia professione con le difficoltà tipiche di chi non ha sponsor, né santi in paradiso. [...] Un’infanzia povera e un freddo che non ho più dimenticato. Papà si industriò. Prima meccanico, poi autista. Mamma faceva la portinaia in un caseggiato senza riscaldamento. Camera, cucina e bagno fuori. Un espediente per non pagare l’affitto e avere un tetto sopra la testa. Sono cresciuto con l’esempio di due caratteri forti. Durante l’occupazione di Trieste, Mira aveva visto con i suoi occhi prevaricazioni che non poteva accettare. Girava con la bandiera italiana, provocava. Si fece arrestare dalle truppe jugoslave, venne picchiata e andò in galera. I parenti scoprirono che una lontana cugina comandava una brigata titina. Venne liberata. Respiravamo un’indigenza avventurosa, comune a mezza nazione. Uscivamo dalla guerra. C’era fame e voglia di costruire il futuro. Non avevamo niente e ci sembrava di possedere ogni cosa. Pagine entusiasmanti”. Dai cenni biografici, in gioventù la si scopre calciatore. ”Picchiavo e basta. Non sapevo far altro. A San Benedetto del Tronto, dove accumulai una ventina di presenze scarse in serie B, se ne accorsero in fretta. Mi spedirono nella ”De Martino’, la primavera di allora ma il bluff mi permise comunque di mettere insieme i soldi necessari a comprare ai miei un vero appartamento. Poi entrai in banca. Un’esperienza che da un istante all’altro, dopo tre decenni di abitudini ed orari fissi, decisi di interrompere per tentare un percorso differente. Riunioni infinite in famiglia. Qualcuno doveva pur lavorare, così per assecondare la mia aspirazione, alla stabilità economica e all’impiego certo, pensò mia moglie. La ringrazio ancora adesso. Praticamente, ha faticato solo lei [...] Ho tenuto il timone della nazionale femminile ed è stata un’esperienza irripetibile. Le donne che corrono non vogliono moine o distinzioni manichee. Il ”signorina, buongiorno’ le irrita. Desiderano essere trattate come atlete. Così ho fatto. Sono riuscito a trovare lo spiraglio per entrare dentro cuore e testa e ho guadagnato, con quel viaggio, una serenità nuova [...] Avevo collaborato con Giampaglia che ad un certo punto venne esonerato. Ero convinto che l’avrei seguito a ruota e invece Tardelli, anima squisita, volle parlarmi per chiedermi di rimanere. Si era informato con Cesare Maldini, ricevendo dal dialogo e dalle referenze un’ottima impressione. Io non ha mai chiesto niente durante tutta la mia parabola. C’è un mondo di gente che mi stima per quello che ho costruito. [...]”» (Malcom Pagani, ”l’Unità” 17/8/2009).