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 2009  agosto 25 Martedì calendario

FIJI, FERMATA PER L’ACQUA DEI VIP

Altissima, purissima, lontanissima. So­prattutto, carissima – dodici bottiglie da un litro ciascuna costano (se acquistate online) ben 109,90 euro – e segretissi­ma: una giornalista americana è stata fermata e accusata di volerne «rubare i segreti». Acqua Fiji, tesoro nascosto dell’arcipelago agli antipodi, fonte di reddito per la giunta militare che governa con il pugno di ferro le isole del Pacifico, bevanda pre­ferita dei Vip Usa: il presidente Obama la porta con sé di riu­nione in riunione; Paris Hilton la beve con la cannuccia pri­ma, durante e dopo le sessio­ni fotografiche; Michael Jack­son la teneva sul comodino; Cindy Crawford ne è entusia­sta. L’acqua imbottigliata nel mezzo dell’Oceano è al mo­mento la preferita negli Stati Uniti, dove ha soppiantato la ben più economica marca francese Evian. Venduta al prezzo di una bottiglia di vi­no, l’acqua Fiji promette di «depurare l’organismo e coc­colarlo con i suoi elementi na­turali provenienti da un Para­diso in Terra». Questo recita la pubblicità sul sito che la reclamizza (www.fijiwater.com ) e gongola: «Se la be­vete vi risparmiate un viaggio fin quag­giù ».

Eccolo, il segreto che ammalia: nel li­quido cristallino «mai sfiorato da mano umana» alberga il soffio delle isole «che non conoscono inquinamento o piogge acide». Va da sé che chi la adotta, campe­rà cent’anni. Peccato che gli abitanti del­le Fiji abbiano un’altra opinione del­l’ «oro trasparente» che arricchisce chi go­verna ma – un po’ come capita negli emirati del petrolio – lascia i poveri esat­tamente come sono: poveri. «Nessuno guarda oltre la facciata del Paradiso», scrive la reporter newyorchese Anna Len­zer, protagonista di una brutta avventu­ra, nella capitale fijiana Suva, per aver vo­luto vedere da vicino come nasce l’acqua che piace ai potenti. E cosa c’è oltre lo schermo? «Una nazione – scrive Anna sul sito di giornalismo investigativo Mother Jones – resa celebre dal suo teso­ro naturale, dove la popolazione non ha però accesso a un sistema idrico degno di questo nome, capace di prevenire le epidemie di febbre tifoidea; una compa­gnia, quella che produce l’acqua, che si vanta di essere superecologica ma utiliz­za bottiglie di plastica prodotte in Cina, bruciando poi tonnellate di biossido di carbonio per riesportarle in Occidente; una finanza che assicura di lavorare per il bene del Paese ma accumula i profitti nei Paradisi fiscali».

Acqua Fiji: la truffa del Millennio? Buo­na deve essere buona, se è riuscita a con­quistare il palato dell’inquilino della Ca­sa Bianca, noto per i suoi gusti «in armo­nia con la natura». Estratta da una falda artesiana impermeabile a qualunque con­tatto con l’atmosfera esterna, secondo i produttori l’acqua Fiji non è toccata da mano umana durante il processo di lavo­razione. Gli altri suoi segreti sono protet­ti e «inavvicinabili» se è vero che Anna Lenzer è stata fermata dalla polizia men­tre si trovava in un Internet cafè per in­viare alcune email. «Mi hanno portato in una stanza senza finestre – racconta – e mi hanno minacciato di buttarmi in una prigione maschile se non rivelavo i veri motivi della mia presenza alle Fiji: ’Confessa, vuoi distruggere la nostra buona acqua, lavori per la concorrenza’, mi hanno ringhiato».

Tanta suscettibilità ha una motivazio­ne, forse, nel fatto che l’acqua Fiji conta per il 20 per cento delle esportazioni fijia­ne e per il 3 per cento del Prodotto inter­no lordo. Considerato che i militari al po­tere del 2006 sono invisi a tutti nell’area, a cominciare dai «vicini» australiani, l’ac­qua è anche e soprattutto un messagge­ro (in bottiglia) della bontà sostanziale del Paese. Una verità da bere senza di­scussioni?

Paolo Salom