Giusi Fasano, Corriere della Sera, 25/8/2009, 25 agosto 2009
COSTI BASSI E QUALITA’, IL BOOM DEI MERCATI DEI CONTADINI
TORINO – I consumatori ne vorrebbero uno a ogni angolo. Cia e Coldiretti ne promuovono a più non posso. Per i contadini sono una benedizione. E poi i tempi sono maturi: è arrivata l’ora dei farmers’ market, i mercati dei contadini che puntano sulla spesa genuina a chilometro zero. La Finanziaria del 2007 li ha promossi, ha consentito agli agricoltori di gestirli direttamente: dal campo all’acquirente, saltando tempi e passaggi della lunga filiera commerciale. E il Ministero delle Politiche Agricole ne prevede tra i 400 e i 500 entro la fine del 2010, con la partecipazione di 6000-8000 imprese agricole. Qualcuno li chiama all’americana, greenmarkets , o «mercati di strada». Su Internet si moltiplicano i siti dedicati, i blog, i forum, l’elenco infinito dei Comuni dove se ne possono trovare. Il concetto-base non cambia mai: sono i luoghi della tradizione, dei prodotti del territorio, della qualità a prezzi sostenibili.
E le poche volte che i greenmarkets spingono fuori regione lo fanno per valorizzare il patrimonio alimentare «oltreconfine ». Con una regola fissa: abbattere quanti più passaggi possibili della catena che va dal prodotto alla vendita.
Ha sconfinato, per esempio, Oscar Farinetti, Il mercante di utopie – così Anna Sartorio lo chiama nel libro-racconto della sua storia – che un tempo vendeva elettrodomestici (ad di UniEuro) e che oggi guida Eataly, la sua creatura torinese accanto al Lingotto: 11 mila metri quadrati di cibo di qualità, «alta che più alta non si può», come dice lui. un tipo che si entusiasma, Farinetti: «C’è un tizio a Bra che coltiva melanzane da urlo» dice. «Vengono raccolte all’alba e arrivano qui fresche, ogni mattina». «Qui» è nel suo impero alimentare, il più grande esperimento italiano (riuscito) di farmers’ market . Eataly è il solo mercato di quelle dimensioni dove la filiera della distribuzione è ridotta al minimo: produttore- Eataly-consumatore. Novecento fornitori, tre quarti dei quali sono piccole, piccolissime aziende agroalimentari. Contadini, formaggiai, salumai, macellai esclusivamente piemontesi, pastai. Per tutti un’unica inderogabile richiesta: seguire le regole della famiglia Farinetti. Per esempio il disciplinare per la carne: niente estrogeni, né vitamine, né soia (troppo spesso transgenica) per le mucche degli allevamenti consorziati. Oppure obbligo della prima scelta per ortaggi o frutta: che sia il singolo agricoltore o l’azienda si acquista solo se il prodotto è il top della gamma. Con la conseguenza che i prezzi sono più alti, certo. Ma la catena della distribuzione, cortissima, compensa i costi e alla fine «il prezzo è per tutti», giura Farinetti. E guai a parlargli di «prodotto di nicchia», perché «è un’espressione orribile che mi ricorda il cimitero. Non c’è nicchia. Non esiste il cliente ideale. La vera rivoluzione è che il buon cibo sia per tutti ». E indica i pensionati in coda davanti al bancone del pane o della carne.
Il sistema Eataly funziona così bene che il market del Lingotto, aperto due anni e mezzo fa, è cresciuto fino a contare, nel 2008, due milioni e mezzo di presenze e un fatturato da 40 milioni. Convince, soprattutto, quel 45% di prodotti della regione, con le forniture quotidiane dagli allevamenti e dai contadini. Poi c’è il 50% della merce che è una «selezione del meglio d’Italia» e l’altro 5% che, sempre per dirla con Farinetti, «è il meglio del mondo». Tutto seguendo lo schema della filiera corta.
Che i farmers’ market siano un fenomeno in crescita lo si può notare in quasi tutti i mercati rionali delle grandi città dov’è sempre più facile imbattersi nella bancarella di un agricoltore. Ma la vera sfida è certificare e garantire tutto. Per rimanere a Torino: nel gigantesco mercato di Porta Palazzo esiste da anni un’area dedicata proprio ai contadini che vendono la propria merce anziché quella comprata all’alba ai mercati generali. Ma è solo un piccolo spazio e la vendita non è soggetta a regole né a controlli particolari.
Saranno invece iperqualificati i farmers’ market dei quali si sta occupando l’assessorato all’agricoltura della Regione Piemonte. L’assessore Mino Taricco ha appena chiuso un bando per Comuni e Comunità montane che vogliano realizzare mercati dei contadini e promuovere la filiera corta. La Regione finanzierà le attrezzature e gli allestimenti dei punti vendita a patto che sia sempre garantita la provenienza esclusiva da aziende del territorio, la stagionalità, la freschezza della merce e l’informazione sulla sua origine. Al bando hanno risposto in quaranta, ci sono risorse per finanziarne 28. Ventotto potenziali «Eataly».
Giusi Fasano