Cristina Marrone, Corriere della Sera, 25/8/2009, 25 agosto 2009
NIVES RINUNCIA AGLI OTTOMILA «LE SCLATE NON SONO GARE» - MILANO
Nives Meroi rinuncia al sogno, inseguito dal 1994, di diventare la prima donna a conquistare i quattordici Ottomila della Terra. La più grande alpinista italiana, 48 anni a settembre, arrivata a quota 11 cime, fa un passo indietro. Dopo il primato al maschile di Messner non sarà lei la Regina delle alte vette: «Mi tiro fuori serenamente da questa frenetica competizione, non sono più in gioco». E spiega: «Non è questo il mio modo di andare in montagna. L’alpinismo non può essere considerato una gara, altrimenti tutti dovrebbero partire alle stesse condizioni, dovrebbero esserci regole precise, ma non è così. Ognuno può scalare come vuole: in stile alpino, come ho sempre fatto io con mio marito, oppure con l’aiuto dei portatori di alta quota, con le corde fisse piazzate ovunque o con le bombole di ossigeno. Ma è chiaro che così non si ’combatte’ ad armi pari. Non scendo a compromessi e non abbandonerò il mio modo di andare in Himalaya per un primato».
Con la resa di Nives Meroi restano in corsa altre tre alpiniste: la basca Edurne Pasaban e l’austriaca Gerlinde Kaltenbrunner, entrambe con dodici Ottomila conquistati, e la coreana Oh Eun Sun, che vanta 13 cime. Tutte con il sostegno di grandi sponsor e, in qualche caso, con «aiuti» artificiali. Frutto di una gigantesca operazione mediatica, è quasi incredibile l’impresa di miss Oh, 43 anni, originaria della Corea del Sud, che si è infilata quasi dal nulla nella corsa al femminile ai 14 Ottomila. Il gioco «a tre» è improvvisamente diventato «a quattro». Basti pensare che otto dei giganti della Terra li ha scalati negli ultimi due anni. Al seguito sempre uno stuolo di portatori che le attrezzano la via con corde fisse e sulle spalle le bombole di ossigeno. Si sposta da un campo base all’altro in elicottero: una strategia che le permette di salire diversi Ottomila nella stessa stagione. Adesso le manca una sola vetta, l’Annapurna. Ufficialmente è pianificata per la prossima primavera, ma pare sarà anticipata per assicurarle il primato. «Questa rincorsa dimostra che con i soldi e addomesticando le avventure si riescono ad ottenere i risultati. L’alpinismo himalayano femminile non è più un gioco, l’esplorazione di se stessi, ma solo una gara che ha il risultato come unico obiettivo» puntualizza Nives Meroi, che ha sempre scalato con il marito Romano Benet, compagno di vita e di cordata da oltre vent’anni. Il Kangchenjunga doveva essere la dodicesima cima. Nel maggio 2008 però Nives si è fermata a quota 7.500: «Mio marito stava male, abbiamo sempre scalato insieme e ho scelto di scendere. Non sono pentita, ho agito con il buon senso».
Fino a un mese fa miss Oh non era l’unica coreana a tentare il record. Con lei c’era anche la connazionale-rivale Go Mi Sun, miss Go, morta lo scorso luglio mentre scendeva dal Nanga Parbat. precipitata nell’unico tratto di parete che non era attrezzato. «Oggi troppo spesso – ammette Meroi – succede che prima si ha l’idea, si vende il progetto allo sponsor e poi si va in montagna. Purtroppo anche l’alpinismo è figlio di questo tempo, di un’epoca ossessionata dagli exploit e della spettacolarizzazione. Eppure per andare in montagna occorre tempo, pazienza e umiltà, la fretta è davvero fuori luogo. triste vedere alpinisti che arrivano ai campi base in elicottero, salgono la cima, e tornano in elicottero, vivendo la cima come unico obiettivo, senza neppure sentire l’odore della montagna con il trekking di avvicinamento».
Alle costole della coreana ci sono le altre due. Fortissime. Edurne Pasaban ha 36 anni, viaggia con una squadra che le attrezza la via e ha succhiato ossigeno solo un paio di volte. In Spagna è considerata un’eroina nazionale. La televisione nazionale, con il programma «Al filo de lo imposible» la segue in ogni scalata. Si è guadagnata decine di copertine sulle riviste spagnole e quando torna in patria è sempre una festa. L’austriaca Gerlinde Kaltenbrunner, 38 anni è una tosta, che sale senza ossigeno e non si risparmia a battere la traccia. Due settimane fa ha dovuto rinunciare al su 13˚ Ottomila ad appena 300 metri dalla cima del K2. A chi augurare la corona di Regina delle alte vette? «A questo punto faccio il tifo per la coreana – osserva Nives Meroi – tra pochi mesi avremo il nome della vincitrice e finirà tutta questa frenesia che rischia di diventare estremamente pericolosa. A quel punto si potrà ricominciare a fare vero alpinismo, e tornerò in Himalaya».