Guglielmo Buccheri, La stampa 25/8/2009, 25 agosto 2009
RAMADAN, PER UN MESE L’UOMO IN PIU’. O IN MENO
C’ è chi sceglie la strada più netta e chi decide da solo. Il pallone e il Ramadan sono, da sabato scorso, una cosa sola per la truppa di giocatore musulmani d’Italia e del mondo. Mourinho ha provato a strattonare il «mese torrido» (così dall’arabo) togliendo dal campo il «suo» Muntari perchè le gambe non giravano forse - Josè dixit - proprio per colpa del precetto. Nella categoria di coloro che non hanno dubbi sull’impatto negativo del Ramadan sul calcio c’è sicuramente il condottiero del club francese del Paris Saint Germain, Antoine Kombouare, che fino allo scadere dei 30 giorni senza acqua e senza cibo dall’alba al tramonto non convocherà più i giocatori fedeli al mese della purificazione. Fra quelli iscritti al fai da te, ecco spuntare nomi illustri. Così, il giovane Samir Nasri, stella della Francia e volto copertina nell’Arsenal di Arsene Wenger, deciso a «non digiunare perchè il mio fisico non me lo permette». Stessa lunghezza d’onda per il collega del Barcellona, Abidal, anche lui in campo senza problemi di disidratazione o di fame perchè non seguirà il calendario musulmano.
Il Ramadan ha tempi e modi «sacri» per i musulmani. Trenta giorni senza mangiare e bere se non prima dell’alba o quando il sole è tramontato. «Mi sento più forte, la fede mi aiuta e aiuta il mio calcio: per me non è assolutamente un problema seguire il precetto, anzi. Nei vari campionati - spiega Freddie Kanoute, bomber del Siviglia - ci sono tantissimi giocatori musulmani, ma nessuno sa che appartengono a questa religione perchè avere fede e praticare il Ramadan sono cose che non si raccontano al mondo». In silenzio o sussurrato, appare numerosa la squadra dei professionisti del pallone chiamati a rispondere, o meno, alla via indicata dal Corano. In Italia, nella nostra serie A, dodici sono i giocatori, un vero e proprio club fra giovani promesse e «veterani». Il caso-Muntari ha acceso i riflettori, Mourinho, con la sua uscita, ha attirato l’attenzione su un mese che, stavolta, è caduto nel pieno delle temperature in tilt per il caldo. Le regole del Ramadan sono chiare, nessuno spazio per le scorciatoie se non per chi impossibilitato a digiunare in quanto malato o in viaggio (in questo caso si può spostare il precetto in un altro periodo dell’anno). Qual è la reazione dei calciatori del nostro campionato? Non tutti ce la fanno, non tutti seguono alla lettera la strada indicatagli dalla propria religione. C’è chi non ha voglia di andare incontro a rischi o complicazioni dovuti al calo di prestazione e, quindi, di condizione fisica. E, c’è chi non nasconde stanchezza o sofferenza come accadde a Sissoko.
Osservanti rigidi, ma anche meno rigorosi: questa è la fotografia che arriva da chi gioca in Italia o in Europa. Rigidi sono, soprattutto, il centrocampista maliano della Juventus (Sissoko appunto) e il fantasista del Genoa, l’anno scorso a Siena, Kharja. Più liberi di «smarcarsi» sembrerebbero gli altri componenti la truppa di giocatori musulmani del nostro campionato come i friulani Inler e Barisa o il fiorentino Papa Waigo. Una cosa è certa: l’Islam non concede deroghe al digiuno, si sceglie di fare il Ramadan perchè è un atto di fede. Questo i musulmani del pallone lo sanno bene, ma, per alcuni di loro, è indispensabile evitare i rischi a cui la propria professione andrebbe incontro senza il pieno di energie fisiche e mentali. Il pomeriggio di Inter-Bari è sconfinato oltre San Siro. Mourinho ha spiegato il primo flop stagionale di uno dei suoi fedelissimi in una svolta del tutto inedita perchè mai prima un tecnico si era lamentato apertamente del mese «caldo». «Muntari? Quel Ramadan...Parlerò con i medici per capire se esiste un modo per aiutarlo», così lo Special One.