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 2009  agosto 25 Martedì calendario

LA CONQUISTA AEREA DI TRIPOLI E LE PRIME ACROBAZIE DI BILBO E FOUGIER


Se si farà nonostante le polemiche, il sorvolo di due minuti nel cielo di Tripoli e sopra Gheddafi da parte del­le Frecce Tricolori («Ha presente quel­lo che succede a Roma il 2 giugno? Ec­co, sarà la stessa cosa», dice il capita­no Andrea Saia, che cura le pubbliche relazioni della Pattuglia acrobatica na­zionale), sarà probabilmente il primo ritorno ufficiale di aerei militari italia­ni in Libia dalla Seconda Guerra Mon­diale. Su richiesta dei libici, per di più, il che ha un notevole significato politico e simbolico.

L’aviazione fu uno dei principali strumenti della conquista della Libia sia nel 1911-12, durante la guerra ita­lo- turca, sia (soprattutto) della ricon­quista subito dopo il primo conflitto mondiale, quando l’Italia de­cise di tornare in forze nella sua colonia. Furono dieci an­ni di lotta durissima, in cui l’aviazione da ricognizione e bombardamento giocò un ruolo fondamentale fino a di­ventare quasi il simbolo della nostra potenza coloniale. Un ruolo che però costò molto caro ai libici: gli aerei italiani utilizzarono tecniche di bom­bardamento indiscriminato e fecero anche uso di ordigni a gas, con molte vittime non solo tra i combattenti antita­liani di Omar al Mukhtar (cat­turato e impiccato nel 1931 e la foto del quale Gheddafi aveva sul petto durante le contestata visita in Italia del giugno scorso) ma anche tra donne, vecchi e bambini.

Ora, con le Frecce tricolo­ri, l’aviazione italiana torna in Libia in missione di pace.

E anche come espressione del nostro Paese, della sua in­dustria, in poche parole del «sistema Italia». «Noi volia­mo con gli Mb339 – dice an­cora il capitano Saia – che, come i Fiat G91 che li hanno preceduti, sono di produzione nazio­nale. Non è un caso,perché vogliamo rappresentare in tutto il nostro Pae­se ». Le Frecce sono impegnate, nell mondo e in Italia, per tutti i fine setti­mana dai primi di maggio a fine set­tembre. E sentono molto questo ruo­lo di «ambasciatori» della tecnologia italiana. Del resto, dalla sua nascita, l’aviazione ha rappresentato, in ogni Paese, l’eccellenza industriale. Quan­do, tra le due guerre mondiali, scop­piò la mania dei record, delle manife­stazioni aeronautiche con gli exploit acrobatici, delle trasvolate su distan­ze sempre maggiori e a quote sempre più alte, si sfruttò l’ammirazione del mondo intero per l’ardimento degli aviatori per ottenere prestigio per il Paese di provenienza e commesse per la sua industria. L’Italia fu ai primi po­sti in questa corsa, grazie soprattutto alla spinta di Italo Balbo, l’uomo che più si era adoperato, con la continua ricerca di record di ogni tipo, dalle crociere atlantiche degli idrovolanti alle gare di velocità e agli exploit acro­batici dei caccia, per dare al mondo un’immagine sfolgorante della poten­za aerea italiana. E ci riuscì talmente bene che la sua popolarità cominciò a minacciare quella di Mussolini, che lo «esiliò» in Libia, come governato­re, nel 1934.

Proprio in Libia Balbo morì il 28 giugno del 1940, nel cielo di Tobruk, abbattuto per errore dalla contraerea italiana. Non fece in tempo a vedere lo sfaldamento, nella Seconda guerra mondiale, della forza armata che tra il 1926 e il 1934 aveva contribuito a edificare. Dietro l’aviazione dei re­cord, c’erano allora una struttura in­dustriale debole e una mancanza di ri­cerca e sviluppo di nuove cellule e nuovi motori che finirono per spreca­re non solo il coraggio degli uomini ma anche le poche materie prime di cui disponeva il Paese.

Per ironia della storia, toccò al ge­nerale Fougier, che aveva fondato ne­gli anni ”20 l’acrobazia militare italia­na (gli antenati delle Frecce tricolo­ri), a riconoscere nel 1942 che insiste­re solo sui record e le acrobazie era stato un errore. Dietro le evoluzioni, ci deve essere la sostanza: gli uomini delle Frecce sono convinti che adesso ci sia.