Alessandra Farkas, Corriere della Sera, 25/8/2009, 25 agosto 2009
BEST SELLER E FILM CONTRO IL FAST FOOD «ROVINA L’AMERICA» - NEW YORK
Il tema ha scomodato filosofi e scrittori, da Claude Lévi-Strauss, secondo il quale «la civiltà è il processo di trasformazione dal crudo al cotto, dalla natura alla cultura», a Woody Allen, che in Amore e guerra racconta come, in fondo, «la natura non è altro che un grande ristorante ». Ma nell’America di Obama il «dilemma dell’onnivoro» – che cosa mangiare e perché, per citare il titolo del bestseller di Michael Pollan tradotto in Italia da Adelphi – non è più un problema solo d’élite.
La riforma della sanità avanzata dal presidente americano Barack Obama e osteggiata quasi all’unanimità dai repubblicani in quanto «antiliberista », ha fatto riesplodere nel Paese il dibattito sugli effetti devastanti del fast food per la salute pubblica di 300 milioni di americani. «Tutta colpa dell’industria agroalimentare americana», punta il dito Bryan Walsh in un feroce servizio di copertina su Time , dove accusa i colossi quali McDonald e General Mills di «aver sacrificato sull’altare del profitto la salute delle persone, degli animali e dell’ambiente».
Nel mirino dell’autorevole settimanale: le monocolture sempre più tossiche della Corn Belt, la «cintura del granoturco » situata nel cuore dell’America (oltre un quarto dei 45mila prodotti in vendita nei supermercati Usa contiene mais, inclusi gli articoli non alimentari). E i feedlot , le sterminate fabbriche della carne dove i capi di bestiame ad ingrasso, arruolati nella battaglia per lo smaltimento del surplus di mais americano, sono costretti (come del resto i salmoni e le altre specie da allevamento) a trasformarsi in mangiatori di cereali, con gravi danni per la loro salute, quella del suolo e alla fine quella di chi li mangia.
Più che fast food , insomma, l’alimentazione degli americani è sempre più bad food , nociva. «L’aspetto peggiore è forse proprio questo», teorizza Walsh, «il cibo oggi è pericoloso». Nella loro breve storia dal Dopoguerra a oggi, i feedlot hanno giù causato un bel po’ di problemi ambientali e sanitari, tra cui inquinamento di aria e acqua, scorie tossiche e introduzione di nuovi agenti patogeni pericolosi (dalla salmonellosi all’Escherichia coli) che hanno trasformato l’hamburger con patatine in un piatto potenzialmente letale.
E se tutto ciò non bastasse, l’obesità continua a costare 147 miliardi di dollari all’anno in spese sanitarie, uccidendo oltre 100 mila persone ogni 12 mesi. Tanto che la maggioranza degli americani vorrebbe tassare il junk food , proprio come il tabacco. Secondo un sondaggio pubblicato dal Los Angeles Times sarebbe a favore il 55% degli intervistati dall’autorevole Kaiser Family Foundation. Per fermare l’epidemia si pensa di tassare snack, soda e tutti gli alimenti e le bevande ad alto tasso calorico e di basso valore nutrizionale. «I vantaggi sarebbero anche economici », spiegano gli esperti: «Con una tassazione pari al 10% dei junk food , nelle casse statali Usa entrerebbero più di 500 miliardi di dollari».
Il dibattito sul futuro della tavola americana ha finito per coinvolgere tutti, ricchi e poveri, intellettuali della East Coast e registi hollywoodiani. Dopo i recenti best seller di Michael Pollan e Marion Nestle, (rispettivamente: In difesa del cibo e
What to Eat ), la food-mania ha finito per contagiare persino uno scrittore «puro» come Jonathan Foer. Il suo nuovo libro Eating Animals, (in uscita da Little Brown a novembre, in Italia sarà pubblicato da Guanda in primavera) è una difesa del vegetarianismo. E grazie al successo nelle sale del film Julie and Julia in cui Meryl Streep interpreta il ruolo di Julia Child, i libri della guru culinaria scomparsa 5 anni fa sono svettati in cima alla classifica dei best-seller, riaprendo il dibattito sull’uso e abuso di burro, uova e bacon in cucina.
Alessandra Farkas