
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
L’inverno sta finendo ed è stato piuttosto freddo. Dunque, tutta la faccenda del riscaldamento globale con relative catastrofi va a farsi benedire? Forse sì, ma forse no. A Copenaghen, da ieri e per tre giorni, sono riuniti quelli dell’Ipcc – Intergovernmental Panel on Climate Change, l’organizzazione dell’Onu per i cambiamenti climatici –, implacabili profeti di sciagure. Tra i convenuti, quelli dell’Enea che presenteranno una simulazione relativa a cent’anni di clima, i cinquanta che stanno alle nostre spalle e i cinquanta che devono ancora arrivare. Tutte le peggiori previsioni relative al riscaldamento globale sono confermate. In particolare dopo il 2020 i picchi di calore estivo saranno sempre più violenti e frequenti. Se non faremo qualcosa il mare si innalzerà, eccetera.
• Quindi?
L’Adnkronos riferisce un’altra scoperta sensazionale di questo modello matematico. Gliela ricopio tale e quale: «Temperature meno elevate in estate nel centro e nord Italia di quanto previsto dagli scenari globali presentati nell’ultimo rapporto Ipcc, mentre l’incremento delle temperature sarà maggiore al Sud e nelle Isole». Cioè: nel nostro Sud è previsto che faccia più caldo che nel nostro Nord. Straordinario, no? Ma ascolti ancora: «Le regioni alpine, inoltre, subiranno una diminuzione delle precipitazioni primaverili ed estive». Cioè sulle Alpi pioverà di meno.
• Ma è catastrofico o no?
Non lo so. A Copenaghen sono riuniti 1600 ricercatori provenienti da 80 paesi per fare il punto su «I mutamenti climatici: rischi globali, sfide, soluzioni».
• Quindi esistono soluzioni.
La soluzione è di produrre meno anidride carbonica e di inquinare meno. Su questa soluzione, fuor di scherzo, non si può che concordare a prescindere dalla questione noiosissima se la Terra si stia riscaldando o no e, soprattutto, se a provocare il riscaldamento sia o no l’uomo. Katerine Richardson, che presiede il congresso, dice che il ritmo a cui si sciolgono i ghiacci è stato sottostimato. Queste enormi immissioni di acqua dolce altererebbero la circolazione delle acque, quella che viene chiamata «circolazione termoalina», cioè il movimento provocato dalla temperatura e dalla salinità del mare. Che accadrebbe se la corrente del Golfo diventasse qualche altra cosa? Una rivoluzione nell’ecosistema e quasi certamente una brutta rivoluzione, cioè qualcosa di molto simile a una catastrofe. Beh, ecco quello di cui stanno discutendo a Copenaghen adesso. E a dicembre poi, sempre a Copenaghen, vi sarà un altro incontro che dovrà fissare i paletti in vigore dal 2012, quando scadranno gli accordi di Kyoto.
• Mi pare che Obama sia sensibile alle esigenze degli ambientalisti.
E’ così. Vuole che l’industria automobilistica fabbrichi macchine poco inquinanti e teorizza la fine della dipendenza dal petrolio, col ricorso sempre più massiccio alle energie alternative. C’è un punto però che nessuno ricorda: rinunciare al petrolio non può non significare anche consumare di meno, perché un’energia a basso costo e facile da trasportare come quella che ci viene dal greggio non sarà più disponibile. E qui entrerebbe in gioco la politica e la sua capacità di fare scelte epocali. Il greco Stavros Dimas, commissario europeo all’Ambiente, parlando a Copenaghen ha detto che la crisi da questo punto di vista può essere un’opportunità: impoverendoci o, facendoci comunque meno ricchi, potrebbe costringerci a un uso più saggio delle risorse. Indipendentemente dalle responsabilità dell’uomo sul riscaldamento globale, la parsimonia sarebbe comunque una virtù. Comunque, le posizioni ambientaliste di Obama non sono piaciute a tutti.
• Per esempio?
Per esempio, proprio in concomitanza col raduno di Copenaghen, si sono riuniti in un hotel di Times Square a New York seicento meteoscettici, i quali sostengono che il riscaldamento globale e tutta l’Apocalisse che ne consegue esiste sì, ma solo nei modellini fabbricati da quelli dell’Ipcc. Non creda che sia un’obiezione tanto assurda: le variabili da inserire in un modello matematico che riguardi il clima – e il clima di cent’anni! – sono così numerose che basta una variazione infinitesimale per cambiare totalmente gli scenari. Gli euroscettici – ospitati dall’Heartland Institute, un’associazione no-profit – dicono in sostanza che senza previsioni catastrofiche non vi sarebbero finanziamenti ai vari istituti di ricerca, dato che nessun governo ha bisogno di pagare ricercatori i quali assicurano che tutto va bene. Hanno probabilmente ragione, ma ciò non toglie che bisogna inquinare (e consumare) di meno. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 11/3/2009]
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