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 2009  marzo 11 Mercoledì calendario

SIATE AFFAMATI DEL MONDO, SIATE FOLLI! IL CREDO DI JOBS – LA BIO-APPLE SCRITTA DA

Kahney (WIRED): è EGOCENTRICO, SOCIOPATICO E ELITARIO - Si professa buddista e antimaterialista E PRODUCE PRODOTTI DI MASSA ”L’ASPIRAZIONE ALL’ECCELLENZA…

Francesco Specchia per "Libero"

«Stay Hungry, stay Foolish», siate affamati del mondo, siate folli. Matematico. Ogni volta che il Marcel Proust dell’hight tech arringa i fan da un palco, l’andazzo è quello di un’ordalia.

Che Steve Jobs sfoderi un nuovo Mac, un Ipod o l’IPhone, ti aspetti sempre che quel gesto illumini il torsolo gigante della mela morsicata -il logo di Apple- sulla capoccia; che si aprano cataratte di algoritmi luminosi; che arrivi, insomma, il giudizio di Dio. Accade ogni volta.

Tranne l’ultima volta. Perchè l’ultima volta, il settembre scorso, a 53 anni appena compiuti, Jobs il genio che ha rivoluzionato informatica, cinema d’animazione e musica digitale; Jobs il re; Jobs il 25° uomo più potente del mondo (secondo la rivista Forbes) non mostrò alcunchè di mistico. Anzi.

Mentre presentava l’ultimo Iphone, un palco nero come la pece pareva man man inghiottirlo; e lui quasi ballava, smagrito, nel dolcevita scuro; e i gesti erano lenti e l’eloquio s’inceppava: pareva tornato il timido informatico del Wisconsin senza laurea che assemblava pc nei garage dei genitori adottivi. Era una pièce minimalista sfiatata nel buio. Stava infilandosi, Jobs, sulla strada del -momentaneo- ritiro di 5 mesi.

Ecco. Parte da questo esatto momento, dalla sconsacrazione del dio, dal suo esilio per "compensi ormonali" (ma si parla di trapianto di fegato) la nuova biografia "Nella testa di Steve Jobs" edita Sperling & Kupfer e scritta da Leander Kahney .

Inciso: Kahney è managing editor, dirigente del mensile Wired, ossia della bibbia del sapere tecnologico ideata sedici anni fa dall’italiano Louis Rossetto; una rivista "proiettata nel futuro del mondo", la cui filosofia è ottimamente infusa, oggi, nelle edicole italiane grazie all’edizione italica confezionata da Riccardo Luna (già 31 mila abbonati: auguri).


Quelli di Wired ne hanno seguito le gesta, le cadute e le resurrezioni sin da quando mendicava pasti dagli Hare Krisnha e sonnecchiava nei dormitori della Silicon Valley: sono i più legittimati a scrivere di Jobs. E Kanhey, probabilmente, è il più legittimato di tutti. Chiuso l’inciso.

La biografia di Jobs, si diceva. Questa è assai diversa dalle altre, che odorano d’incenso. Questa descrive Jobs nei suoi chiaroscuri. Il genio è un pozzo d’egocentrismo. Per comprare una lavatrice nuova riesce a convocare "un consiglio di famiglia sul rapporto tra il design e la quantità di detersivo consumato e la velocità di lavaggio".

Si professa buddista e antimaterialista ma sforna oggetti di massa dalle fabbriche asiatiche, e li promuove grazie ad eventi pubblicitari degni di Hollywood. un sociopatico dallo spirito elitario nonostante faccia "prodotti a prova di stupido". Come Proust -appunto- Jobs è alla ricerca d’un tempo perduto nell’ossessione dei dettagli; roba da mandare fuori di zucca i suoi collaboratori.

Ma là dove alcuni vedono un perfezionismo impossibile, altri scorgono l’aspirazione all’eccellenza. "Poco prima del lancio dell’iPod sul mercato, Jobs era contrariato perché lo spinotto delle cuffie non produceva un clic soddisfacente quando si collegavano o scollegavano gli auricolari. Ordinò perciò a un ingegnere di introdurre in tutti gli iPod un nuovo spinotto capace di produrre un rumore accettabile", scrive Kanhey.

E ancora: "Il primo Macintosh richiese tre anni di sviluppo. Tre anni di durissimo lavoro... Il progetto fu sottoposto a diverse modifiche. Ogni dettaglio del design, dal tono di beige del suo case ai simboli sulla tastiera, venne valutato nei minimi particolari e riconsiderato più e più volte finché non sembrò soddisfacente". Epperò, nonostante la tendenza a peggiorare i rapporti umani, Jobs è in grado di circondarsi dei migliori collaboratori, dall’amico co-fondatore di Apple Steve Wozniak in su.

Come il rivale di sempre Bill Gates vota democratico, ha il culto della famiglia e non ha seguito corsi di studi regolari. Ma ebbe intuito anche in quello. Lasciò il Reed College per il «miglior corso di calligrafia del Paese» ama ricordare «fu lì che imparai i caratteri con e senza le ’grazie’, capii la differenza tra gli spazi che dividono le differenti combinazioni di lettere, compresi che cosa rende grande una stampa tipografica del testo». Sembrava una fesseria ciclopica.

Ma, anni dopo, quell’esperienza gli tornò utile per progettare il primo Macintosh, dotato di capacità tipografiche evolute: "...il Mac non avrebbe mai avuto la possibilità di gestire caratteri differenti o spaziati in maniera proporzionale. E dato che Windows ha copiato il Mac, è probabile che non ci sarebbe stato nessun personal computer con quelle capacità". Probabile, in effetti.


Com’è probabile che l’esser stato licenziato nell’85 dall’azienda che aveva fondato, o l’aver sfiorato la morte anni dopo, ne abbiano sbrigliato meglio il genio: «Qualche volta la vita ti colpisce come un mattone in testa. Non bisogna perdere la fede, però. Sono convinto che l’unica cosa che mi ha trattenuto dal mollare tutto sia stato l’amore per quello che ho fatto. Bisogna trovare quel che amiamo».

Jobs trovò l’Ipod, lo stereo microscopico da passeggio, e ITunes, il programma per riprodurre file multimediali, che modificarono il concetto stesso di musica. E l’IPhone, il cellulare a schermo carezzabile che rivoluzionò la telefonia. Ora la vita gli sta tirando l’ennesimo mattone, e lui promette l’ennesimo ritorno. «Stay Hungry, stay Foolish».