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 2009  marzo 11 Mercoledì calendario

L’inverno sta finendo ed è stato piuttosto freddo. Dunque, tutta la faccenda del riscaldamento globale con relative catastrofi va a farsi benedire? Forse sì, ma forse no

L’inverno sta finendo ed è stato piuttosto freddo. Dunque, tutta la faccenda del riscaldamento globale con relative catastrofi va a farsi benedire? Forse sì, ma forse no. A Copenaghen, da ieri e per tre giorni, sono riuniti quelli dell’Ipcc – Intergovernmental Panel on Climate Change, l’organizzazione dell’Onu per i cambiamenti climatici –, implacabili profeti di sciagure. Tra i convenuti, quelli dell’Enea che presenteranno una simulazione relativa a cent’anni di clima, i cinquanta che stanno alle nostre spalle e i cinquanta che devono ancora arrivare. Tutte le peggiori previsioni relative al riscaldamento globale sono confermate. In particolare dopo il 2020 i picchi di calore estivo saranno sempre più violenti e frequenti. Se non faremo qualcosa il mare si innalzerà, eccetera.

Quindi?
L’Adnkronos riferisce un’altra scoperta sensazionale di questo modello matematico. Gliela ricopio tale e quale: «Temperature meno elevate in estate nel centro e nord Italia di quanto previsto dagli scenari globali presentati nell’ultimo rapporto Ipcc, mentre l’incremento delle temperature sarà maggiore al Sud e nelle Isole». Cioè: nel nostro Sud è previsto che faccia più caldo che nel nostro Nord. Straordinario, no? Ma ascolti ancora: «Le regioni alpine, inoltre, subiranno una diminuzione delle precipitazioni primaverili ed estive». Cioè sulle Alpi pioverà di meno.

Ma è catastrofico o no?
Non lo so. A Copenaghen sono riuniti 1600 ricercatori provenienti da 80 paesi per fare il punto su «I mutamenti climatici: rischi globali, sfide, soluzioni».

Quindi esistono soluzioni.
La soluzione è di produrre meno anidride carbonica e di inquinare meno. Su questa soluzione, fuor di scherzo, non si può che concordare a prescindere dalla questione noiosissima se la Terra si stia riscaldando o no e, soprattutto, se a provocare il riscaldamento sia o no l’uomo. Katerine Richardson, che presiede il congresso, dice che il ritmo a cui si sciolgono i ghiacci è stato sottostimato. Queste enormi immissioni di acqua dolce altererebbero la circolazione delle acque, quella che viene chiamata «circolazione termoalina», cioè il movimento provocato dalla temperatura e dalla salinità del mare. Che accadrebbe se la corrente del Golfo diventasse qualche altra cosa? Una rivoluzione nell’ecosistema e quasi certamente una brutta rivoluzione, cioè qualcosa di molto simile a una catastrofe. Beh, ecco quello di cui stanno discutendo a Copenaghen adesso. E a dicembre poi, sempre a Copenaghen, vi sarà un altro incontro che dovrà fissare i paletti in vigore dal 2012, quando scadranno gli accordi di Kyoto.

Mi pare che Obama sia sensibile alle esigenze degli ambientalisti.
E’ così. Vuole che l’industria automobilistica fabbrichi macchine poco inquinanti e teorizza la fine della dipendenza dal petrolio, col ricorso sempre più massiccio alle energie alternative. C’è un punto però che nessuno ricorda: rinunciare al petrolio non può non significare anche consumare di meno, perché un’energia a basso costo e facile da trasportare come quella che ci viene dal greggio non sarà più disponibile. E qui entrerebbe in gioco la politica e la sua capacità di fare scelte epocali. Il greco Stavros Dimas, commissario europeo all’Ambiente, parlando a Copenaghen ha detto che la crisi da questo punto di vista può essere un’opportunità: impoverendoci o, facendoci comunque meno ricchi, potrebbe costringerci a un uso più saggio delle risorse. Indipendentemente dalle responsabilità dell’uomo sul riscaldamento globale, la parsimonia sarebbe comunque una virtù. Comunque, le posizioni ambientaliste di Obama non sono piaciute a tutti.

Per esempio?
Per esempio, proprio in concomitanza col raduno di Copenaghen, si sono riuniti in un hotel di Times Square a New York seicento meteoscettici, i quali sostengono che il riscaldamento globale e tutta l’Apocalisse che ne consegue esiste sì, ma solo nei modellini fabbricati da quelli dell’Ipcc. Non creda che sia un’obiezione tanto assurda: le variabili da inserire in un modello matematico che riguardi il clima – e il clima di cent’anni! – sono così numerose che basta una variazione infinitesimale per cambiare totalmente gli scenari. Gli euroscettici – ospitati dall’Heartland Institute, un’associazione no-profit – dicono in sostanza che senza previsioni catastrofiche non vi sarebbero finanziamenti ai vari istituti di ricerca, dato che nessun governo ha bisogno di pagare ricercatori i quali assicurano che tutto va bene. Hanno probabilmente ragione, ma ciò non toglie che bisogna inquinare (e consumare) di meno. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 11/3/2009]