
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Alti lutti per Marco Pannella, morto ieri mattina per un cancro al polmone e al fegato che, coerentemente con le sue posizioni favorevoli all’eutanasia, non aveva voluto curare. Come sempre, in questi casi, è superfluo elencare gli elogi piovuti da tutte le parti, compresi quelli della Santa Sede, un tempo fiera nemica dei radicali, che nel 2006 avevano addirittura appoggiato la Rosa nel Pugno di Boselli e la sua idea di abolire il Concordato. Ma di recente papa Francesco aveva telefonato al grand’uomo, e ancor prima avevamo visto Benedetto XVI addirittura col cappello da bersagliere in testa, prova lampante che viviamo in un mondo dove ormai tutto è possibile.
• La grammatica vuole che si cominci da un minimo di biografia.
Era nato a Teramo nel 1930, si chiamava Giacinto, Marco avrebbe dovuto essere il suo secondo nome. Per qualche pasticcio all’anagrafe non lo segnarono. Giacinto era, ironia della sorte, uno zio prete. Padre ingegnere, madre svizzera. In politica già all’università, dove si laurea a Giurisprudenza col minimo: fa parte del gruppo di liberali che escono dal Pli da sinistra, poi è tra i fondatori del Partito radicale. Ha fatto l’operaio in una fabbrica da scarpe in Belgio, poi il corrispondente da Parigi del Giorno. Nel 1963, essendo tornato in Italia, diventa segretario del Partito radicale, nel 1966 fonda la Lid, cioè Lega Italiana per il divorzio, e sarà protagonista nella battaglia in difesa del divorzio nel famoso referendum abrogativo del 1974. È già un campione dei diritti civili: divorzio, aborto, eutanasia, libertà di droga, contro la partitocrazia, contro il finanziamento pubblico dei partiti, contro la pena di morte, poi anche contro la caccia, per la responsabilità civile dei magistrati, contro la leva obbligatoria, fino alla battaglia in favore dell’esperanto. Sua attrezzatura politica: Radio radicale, però finanziata generosamente dal denaro pubblico, referendum, sit-in, scioperi della fame e della sete, logorrea inarrestabile punteggiata persino ossessivamente da nomi-mito, Ernesto Rossi, Aldo Capitini, Valiani, Calamandrei, Altiero Spinelli, capacità di imporre la sua presenza in televisione e sui giornali, e di far credere invece che fosse il più censurato degli uomini politici.
• Cariche politiche?
Parlamentare dal 1976 al 1992, consigliere comunale a Trieste, Catania, Napoli, Teramo, Roma, l’Aquila, consigliere regionale del Lazio e dell’Abruzzo, parlamentare europeo con la Lista Bonino nel 2004, capace di prendere quasi il 9% dei voti alle europee del 1999, e di candidarsi anche per le circoscrizionali di Ostia (1992), a quel tempo quartiere di Roma, e di essere eletto presidente, unico incarico di governo ricoperto in vita sua, anche se per soli cento giorni. Fu capace di difendere Enzo Tortora da una magistratura iniqua, e di portare in Parlamento sia Cicciolina che Sciascia. Capace però anche di battersi, tra gli anni Sessanta e Settanta, per l’unità delle sinistre compreso il Pci, lui che era anticomunista e antisovietico. E capace di far eleggere Scalfaro alla presidenza della Repubblica, nel ’92, nel terribile vuoto politico provocato da Tangentopoli e poi rotto dall’assassinio di Falcone. Lui, mangiapreti, in favore di un beghino come Scalfaro! Poi si mise con Berlusconi. Poi mollò Berlusconi e si mise col Partito democratico.
• Un voltagabbana?
Per niente, questo suo oscillare non era affatto quello dei voltagabbana. È difficile forse da spiegare, ma non c’è mai stato uomo più coerente di Pannella.
• Qualche giudizio negativo?
Alcuni - come Massimo Teodori - hanno sottolineato la sua enorme abilità nel maneggiare i mezzi di comunicazione di massa, e la sua grandezza alla fine starebbe soprattutto qui. Altri, come Giovanni Negri, mettono l’accento sul dominio assoluto e dispotico esercitato sul suo personale politico, con tutti quei bei ragazzi fatti segretari e poi spariti più o meno nel nulla. Amava sia gli uomini che le donne, disse una volta di aver avuto 400 relazioni e un paio di figli. La Castellina, sbagliando, quando si mise con Berlusconi lo definì «il peggio del peggio dell’Ancien Régime». D’Alema: «Un guitto, un caso doloroso, beve whisky al mattino». Lui rispose: «Credo che a sinistra mi vogliano addirittura bene. Mi impiccherebbero con amore».
• Qualcosa su quest’ultimo periodo, in cui tutti si sono fatti belli andando a trovarlo a casa sua in via della Panetteria.
Clemente Mimun dice: «È stato così sfrontato da mostrarsi nel maggio del 2014 alla trattoria sotto casa, dopo il primo ciclo di radioterapia, e chiedere un gran piatto di spaghetti e una birra. Non ha interrotto la sua attività politica neppure per un giorno. Negli ultimi cento, però, è stato straziante vederlo appassire. Ha combattuto per tre mesi la sua ultima battaglia, con la grinta di un leone ferito, che ruggiva, mostrava muscoli e denti. Ma lo ha fatto anche con la tenerezza di chi, sempre più debole ed appannato, abbracciava e si faceva abbracciare, lanciava baci, sorrideva e provava, come poteva, a restare insieme a noi».
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