Roberto Bertinetti, il venerdì 20/5/2016, 20 maggio 2016
ONOR DEL MENTO
Tanto si parla del ritorno di moda della barba, oggi ritenuta un accessorio assolutamente glamour nel mondo occidentale, che lo studioso americano Christopher Oldstone-Moore è andato oltre. «La storia dell’umanità è letteralmente scritta sul viso degli uomini» afferma in apertura di Of Beards and Men (A proposito di barbe e di uomini, Chicago University Press, pp. 352, dollari 30), un saggio sulle mutazioni del giudizio sul pelo facciale nel corso dei secoli.
Lo storico statunitense, docente in un ateneo dell’Ohio, spiega che in molte circostanze questo attributo maschile ha assunto significati religiosi o politici assai lontani da scelte di tipo personale. Accade oggi nei territori controllati dai fondamentalisti islamici che impongono con identica severità il burqa alle donne e la barba agli uomini perché, sostengono i talebani, «chi si rade è maledetto e le sue preghiere sono prive di efficacia». Al contrario i governi dell’Iraq del dopo Saddam avevano varato leggi per proibirla insieme ai baffi ai componenti delle forze di polizia, scelta condivisa nell’Egitto di Mubarack.
Per Che Guevara era un evidente simbolo di anticonformismo, seguendo, forse in maniera non consapevole, l’esempio dei grandi progressisti dell’Ottocento europeo: Karl Marx e Charles Darwin, mentre il diritto canonico prevedeva sino al 1917 la scomunica peri sacerdoti che decidessero di farsela crescere.
Nella Russia di Pietro il Grande si poteva anche rischiare la vita a causa della barba. Sulla base di un editto emesso nel 1698 tutti i sudditi – con l’eccezione di monaci e contadini – dovevano essere perfettamente rasati pena l’impiccagione. La misura aveva l’obiettivo di imporre con la forza l’occidentalizzazione che lo zar riteneva indispensabile per lo sviluppo economico. I suoi successori riformarono il parte la norma. E così per circa un secolo chi desiderava esibir «l’onor del mento» doveva pagare una tassa di importo variabile in rapporto alle professioni svolte: seicento rubli all’anno i cortigiani, le guardie dei nobili e i funzionari, cento i commercianti, sessanta i residenti nelle città e trenta i cocchieri. La prova del tributo versato era una «ricevuta» in metallo chiamata «gettone della barba» da esibire in caso di controllo della polizia. Si trattava di una moneta in rame con incisa su lato la frase «l’imposta è stata pagata» e sull’altro l’ammonimento «tuttavia la barba resta un peso che riteniamo superfluo».
Nella parte iniziale del Novecento, aggiunge lo studioso, erano di moda in Europa e negli Usa i baffi dopo che nel 1904 Gillette brevettò l’invenzione del rasoio. Li sfoggiavano molti divi del cinema a cominciare da Clark Gable e ferocissimi dittatori come Stalin e Hitler oltre a Einstein, genio della fisica. Il capo del regime nazista e il sanguinario leader moscovita se ne servivano per rendere poco decifrabile la loro espressione. Lo storico statunitense afferma che il Führer ne sperimentò in segreto diversi modelli prima di scegliere quello che a suo giudizio aveva il maggior effetto sulle masse. Del resto James Abbe, il primo fotografo straniero ammesso a scattare immagini, chiarì in seguito che i baffetti di Hitler incutevano timore e costituivano un elemento fondamentale per nasconderne l’autentica personalità.