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 2016  maggio 20 Venerdì calendario

La lavanda non è una primadonna ma una pianta corista

Della lavanda si sa e si dice davvero di tutto: da un po’ di anni è una delle piante più popolari nei giardini, anche in quelli dove forse sarebbe meglio evitarla, perché poche cose sono brutte e tristi quanto un cespo di lavanda che cresce scontento, tutto rado, contorto e legnoso. E, come spesso capita, piantato in esemplari isolati, senza alcuna continuità: la lavanda, pur bella e gradevole, non è primadonna, ma una pianta corista, preferisce i grandi numeri, ama confondersi nella massa dei suoi simili.
D’altronde c’è forse uno spettacolo più bello delle lavande coltivate a perdita d’occhio nelle colline della Provenza o di quelle che crescono in abbondanza e selvatiche sulle balze rocciose del Col di Nava? Motivo per cui in giardino, se possibile e avendo a disposizione superfici adeguate, preferisco piantarla senza troppi miscugli, lavanda con lavanda, sotto forma, perché no, di semplici bordi o di piccoli campi...
Variazioni sul tema
E, tanto per ribattere subito ai puristi del bordo misto (e ai molti sostenitori del principio secondo cui in giardino più le cose son difficili ed elaborate più sono belle), preciso che no, non trovo affatto banale e noiosa un’aiuola di sole lavande, a patto che siano piante felici e in buona salute. Anche perché le variazioni sul tema possono essere tali da consentire non pochi sfizi e proposte e da rendere per nulla facile e scontato il lavoro di selezione e accostamento.
Numerosissime sono le cultivars di lavanda coltivabili nei nostri climi freddi, tutte per lo più riconducibili alla classica Lavandula angustifolia e alla L. x intermedia, il famoso «lavandin», un ibrido nato grazie al prolifico fervore delle api nelle vallate del Lure, in Bassa Provenza. A cambiare non è soltanto il colore dei fiori, che dal lilla pallido vanno al viola più intenso, fino all’indaco, non tralasciando le sfumature dei rosa e dei bianchi, anche se non purissimi (L. a. «Arctic Snow»). Anche i profumi sono diversi, diventando meno gradevoli e più canforati nell’ibrido e nella Lavandula stoechas, quella che Dioscoride riferisce provenire dalle isole Stecadi, oggi dette di Yeres, ma che in realtà pare essere originaria delle Canarie, meno tollerante dei freddi ma più adatta ai terreni leggermente acidi e con fiori tra i più vistosi, caratterizzati da un ciuffo a corona di brattee sterili.

La fioritura

Mixare varietà differenti consente poi di prolungare le fioriture, tenendo conto che in generale quelle a fiore pallido sono più precoci di quelle a fiore scuro, ma meno durevoli nel loro exploit. Le lavande fioriscono per circa un mese, ad eccezione di poche fortunate che, se piantate in posti riparati, possono continuare a sbocciare ininterrottamente, come la bellissima L.a. «French Field» o la L.a. «Buena Vista», una di quelle che meno temono il freddo. Altri primati spettano alla lavanda più profumata (pare la L.a. «Maillette», un po’ scomposta e dal portamento poco compatto), a quella con gli steli più alti di tutti (L.x i. «Sussex») e a quella dai fiori più scuri, che si dice sia la L.a. «Hidcote Superior». Di fronte a tutti questi nomi nessuna paura. Esistono in Italia vivai bravissimi e specializzati, come quello di Angelo Paolo Ratto ad Albenga: basta già una visita al suo approfondito sito internet per chiarirsi le idee...
Sono poche le regole per coltivare le lavande in giardino, ma assolutamente tassative: una posizione ben assolata, un terreno alcalino e molto drenato, poca acqua e quasi mai necessità di concimi. Anzi l’aggiunta di letame rischia di incoraggiare una crescita veloce, ma purtroppo debole e poco vigorosa. Una potatura alla fine della fioritura, a partire dal secondo anno, è importantissima, per evitare che la pianta legnifichi troppo: il legno della lavanda infatti si rompe facilmente e soprattutto non produce più germogli. Il consiglio è quello di ridurre di un buon terzo gli steli, avendo cura in primavera di effettuare un leggero taglio di ritorno...