Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  maggio 20 Venerdì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - UN ALTRO AEREO EGIZIANO PRECIPITATO


REPUBBLICA.IT
IL CAIRO - Sono stati ritrovati alcuni rottami, ma anche "un arto umano", insieme a valigie e sedili, dell’Airbus 320 precipitato giovedì con 66 persone a bordo. I resti galleggianti, trovati dalla marina egiziana all’alba, erano a 290 chilometri a nord dalle coste di Alessandria. Dopo i falsi allarmi delle ore successive al disastro, è il primo dato certo di una tragedia le cui cause sono ancora tutte da chiarire.
Il satellite dell’Agenzia spaziale europea (Esa) ha anche individuato una macchia di carburante nel mar Mediterraneo proprio nel punto un cui sembra essere caduto l’aereo. Il radar del satellite Sentinel-1A ha catturato in un’immagine di ieri alle 18 una macchia di circa due chilometri in un punto a 33 gradi e 32 minuti di latitudine nord e 29 gradi e 13 minuti di longitudine ovest. Questo significa che si trova a una quarantina di chilometri a sud-est dal luogo in cui si è perso di vista l’aereo.
In una seconda immagine catturata dal satellite alle 6 del mattino, la macchia di è mossa di cinque chilometri. L’Esa ha anche sottolineato che gli elementi disponibili non sono una garanzia che la macchia appartenga all’Egyptair A320, caduto ieri nel mar Mediterraneo.
Ma all’indomani del disastro, è ancora buio pesto sulle cause e la dinamica che hanno fatto precipitare l’Airbus A320 che era in volo, nella notte tra mercoledì e giovedì, tra Parigi e il Cairo. Se le autorità egiziane hanno evocato il movente terroristico, ancora manca del tutto una rivendicazione dell’Is o di qualsiasi altro gruppo jihadista, né sui siti di propaganda fondamentalista si registra la tradizionale euforia che precede sempre le rivendicazioni di attentati.
Secondo tre responsabili per la sicurezza europea, la lista dei passeggeri non comprendeva nomi dell’attuale lista internazionale di potenziali terroristi. Le liste sono regolarmente consultate dalle polizie europee e statunitensi, spiegano le fonti che hanno chiesto di non essere identificate. La lista del volo 804 è stata fatta filtrare sul web ma Egyptair non l’ha verificata.
Tramite il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, intanto il Papa ha inviato al presidente egiziano Al Sisi un messaggio di cordoglio: "Avendo appreso con tristezza del tragico incidente - si legge nel telegramma - papa Francesco assicura la sua preghiera e la solidarietà in questo momento difficile e si affida le anime dei defunti delle varie nazionalità alla misericordia dell’onnipotente. Sui parenti dei passeggeri e su tutti coloro che sono coinvolti nella ricerca e nel soccorso, sua santità invoca benedizioni divine di forza e di pace". Condoglianze "ai familiari delle vittime e ai governi e ai popoli colpiti da questa tragedia", anche dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon.
Il presidente egiziano, Abdul Fattah al Sisi, ha assicurato che sarà fatta chiarezza. Ma il ministro degli Esteri francese, Jean-Marc Ayrault, ha riconosciuto di non aver "assolutamente alcuna indicazione sulle cause" dello schianto. "Tutte le ipotesi sono esaminate ma nessuna è privilegiata perché non abbiamo assolutamente alcuna indicazione sulle cause".
La ricerca continua e tiriamo fuori dall’acqua tutto ciò che troviamo", ha fatto sapere l’esercito egiziano. La notizia del ritrovamento di un resto umano, oltre ai sedili e alle valigie, è stata data invece dal ministro greco della Difesa, Panos Kammenos, che era stato informato dalle autorità egiziane che coordinano le ricerche.
I rottami e gli effetti personali dei passeggeri, che devono essere ancora recuperati, saranno esaminati da inquirenti di Egitto, Francia e Gran Bretagna: serviranno, insieme alla scatola nera o il registratore dei dati di volo - qualora venissero recuperati - a capire il mistero.
Nella notte al Cairo sono arrivati i tre agenti della Bea, l’organismo tecnico di indagine sugli incidenti aerei, e un consigliere tecnico di Airbus; nel primo pomeriggio hanno incontrato i colleghi dell’Aviazione civile egiziana, alla presenza del servizio di sicurezza interna dell’ambasciata francese, per aiutare l’organizzazione delle ulteriori ricerche volte. Tuttavia la parte essenziale del loro lavoro comincerà quando potranno esaminare i primi rottami recuperati.
Ayrault ha intanto annunciato che sabato farà incontrare al Quai d’Orsay i familiari dei passeggeri i con rappresentanti della procura incaricata dell’inchiesta in Francia insieme a un responsabile del Bea e ad altri organismi dello Stato. L’obiettivo è " fornire il massimo di informazione in tutta trasparenza": "Dobbiamo la massima verità alle famiglie".
Bbc: nel 2013 atterraggio d’emergenza per problema a motore. L’aereo della compagnia EgyptAir che nella notte tra mercoledì e giovedì è precipitato in mare aveva compiuto nel 2013 un atterraggio d’emergenza all’aeroporto del Cairo. Lo rivela la Bbc, secondo cui l’Airbus A320, il 25 giugno di tre anni fa, mentre era in volo dalla capitale egiziana a Istanbul, era stato costretto a tornare al Cairo, dopo che il pilota si era accordo che uno dei motori si era surriscaldato. Nel rapporto ufficiale sull’episodio, in arabo, si legge che era stato riscontrato un problema tecnico al motore, poi riparato.
Secondo gli analisti tuttavia un guasto tecnico grave, come l’esplosione di un motore o un’esplosione a bordo, appare poco probabile: l’A320 è un velivolo moderno e affidabile, e l’esemplare in servizio presso l’Egyptair - compagnia che è autorizzata a operare in Europa e dunque rispetta gli standard di qualità tecnica - era relativamente recente, essendo stato consegnato al vettore egiziano nel 2003; inoltre, l’evento si è verificato in condizioni di volo stabile a quota e velocità di crociera.

TRE INVESTIGATORI
PARIGI – Tre investigatori francesi del Bea (Bureau Enquête et Analyse) sono partiti ieri sera in direzioni del Cairo, accompagnati da un consigliere tecnico di Airbus. “A meno che non arrivi una rivendicazione attendibile, ci vorranno settimane prima di ottenere la verità” spiega Jean-Paul Troadec che ha guidato il Bea fino al 2013. “Le indagini su incidenti aerei condotte con gli egiziani sono sempre state complicate” ricorda Troadec che non crede a un guasto tecnico. “Non in quelle condizioni e con quel velivolo” commenta.
È difficile lavorare con gli investigatori dell’aviazione civile egiziana?
“Sappiamo che non ci si può fidare e che la collaborazione è disseminata di ostacoli. Gli egiziani non hanno voluto sottoscrivere le conclusioni delle indagini sull’incidente di Sharm el Sheik del 2004 in cui morirono 135 francesi. Il Bea aveva stabilito una perdita di orientamento del pilota, mentre le autorità del Cairo continuavano a insistere su un guasto tecnico. Prima ancora sono stati gli americani a scontrarsi sul volo Egyptair precipitato nel 1999 per cui gli egiziani non hanno mai voluto riconoscere la volontà suicida del comandante. In tempi più recenti, abbiamo visto il volo russo nel Sinai su cui il Cairo ha scartato immediatamente il terrorismo, prima di doversi ricredere qualche mese dopo”.
Potrebbe essere stato introdotto un esplosivo a bordo dell’A320 durante la sosta a Parigi?
“L’ipotesi è possibile, anche se le misure di sicurezza nell’aeroporto di Roissy sono drastiche. Si può anche immaginare che delle persone abbiano preso il controllo dell’aereo per farlo precipitare”.
Quanto tempo ci vorrà per il ritrovamento delle scatole nere?
“Ora la priorità è trovare i detriti. In questi casi c’è una collaborazione un po’ caotica tra le varie marine nazionali, con mezzi aerei di supporto. Una volta che la zona dove è precipitato l’aereo sarà circoscritta partirà la caccia al relitto. Quella zona del Mediterraneo è molto profonda, fino a tremila metri. Per recuperare le scatole nere sarà usato un idrofono, un microfono sottomarino tirato da un cavo lungo anche chilometri che cattura il segnale prima che si esaurisca. Non c’è molto tempo: al massimo un mese dopo l’impatto. E sono operazioni complesse. Ci vorranno settimane prima di poter esaminare le scatole nere”.
Saranno gli egiziani a esaminare i dati di volo e centralizzare le indagini?
“Se i detriti sono ritrovati in acque territoriali dell’Egitto, come sembra, le scatole nere saranno esaminate dagli egiziani”.
Quali altri paesi parteciperanno alle indagini?
“La Francia è presente come costruttore Airbus e perché ci sono francesi tra le vittime. Ma la nazionalità non è automaticamente un motivo per essere inseriti nelle indagini. Nel caso del volo Rio-Parigi nel 2009 c’erano 32 nazionalità, è ovvio che non ci potevano essere coinvolti gli investigatori di tutti i paesi. E’ possibile che siano coinvolti anche investigatori americani per via della fabbricazione dei motori”.
È normale che ci sia così tanta confusione sul mayday che avrebbe dato l’aereo?
“Intanto se davvero c’è stato significa molte cose. Può essere stato innescato dal pilota ma anche in modo automatico al momento dell’impatto. E comunque l’informazione è stata diffusa dalla stessa Egyptair che non è attendibile. Si vede come si è già contraddetta nelle ultime ore. Sugli aspetti tecnici bisogna prendere i dati delle autorità di controllo dell’aviazione civile”.
Anche sull’altitudine dalla quale è precipitato l’A320
c’è incertezza?
“Le misurazioni che vengono dai radar militari greci sono meno precise di quelle delle torri di controllo civili. Inoltre molte delle notizie diffuse nelle ultime ore vengono prese dal sito privato Flightradar che non è ufficiale”.

BONINI
COSA ha spezzato il volo EgyptAir MS804? Un puzzle ancora monco di tessere cruciali, come il recupero di parti del relitto dell’Airbus A320-232 e dei flight data recorder (le cosiddette scatole nere), non autorizza risposte definitive. E tuttavia almeno tre circostanze consentono di cominciare a sciogliere con ragionevole approssimazione altrettanti nodi e dunque di avvicinarsi a una prima, verosimile, ricostruzione. Che, in queste ore, irrobustisce l’ipotesi dell’atto terroristico.

Cosa significano le due "virate repentine"? I parametri degli ultimi due minuti di volo dell’Airbus prima che si inabissasse, nonché il tenore dell’ultima delle comunicazioni tra la cabina di pilotaggio e il controllo del traffico aereo ellenico («Il pilota era di buon umore e ha salutato in lingua greca») consentono di fissare un «evento catastrofico» improvviso. Di escludere un’avaria o un’anomalia cui i piloti abbiano tentato di porre rimedio con una manovra di emergenza. Le due repentine virate — 90 gradi a sinistra e quindi 360 gradi a destra — che, tra le 2.37 e le 2.39 della notte tra mercoledì e ieri, portano l’aereo a scendere da poco più di 11 mila metri (37 mila piedi) di quota di crociera a 4.500 metri (15 mila piedi) non si avvicinano infatti né per gradi, né per ratio di discesa a quella che tecnicamente viene definita una discesa di emergenza. Necessaria, in caso di grave avaria o depressurizzazione dell’aereo, a portarsi rapidamente alla quota di 3 mila metri (10 mila piedi) dove non è necessaria la respirazione assistita da ossigeno.

Su un Airbus 320-232 è previsto infatti che, oltre a dover essere comunicata (cosa che l’Airbus non ha fatto), la discesa di emergenza cominci con una virata di 30 gradi (di un terzo inferiore a quella compiuta dal volo MS804) e in ogni caso con una perdita di quota che non superi i 1.800, 2000 metri al minuto (6-7 mila piedi). L’Egyptair, al contrario, punta la prua verso il mare a un ritmo doppio rispetto a quello consentito (3.400 metri al minuto) e dunque lascia immaginare un aereo che sta precipitando, privo di controllo. Come confermerebbe, del resto, anche la seconda e ultima virata registrata dai radar greci. Quella di 360 gradi. Di fatto, l’aereo, ormai fuori controllo, fa perno su se stesso andando giù come un mattone. L’Airbus è dunque ragionevolmente andato in picchiata mantenendo intatta la prua (che ha infatti continuato a inviare segnali al radar) a seguito di un’improvvisa depressurizzazione o cedimento strutturale, dovuti a un’esplosione cui i piloti non avrebbero potuto porre rimedio.

C’è stato un assalto alla cabina di pilotaggio? L’estrema sofisticazione degli strumenti di controllo dell’Airbus — aereo in cui la cloche è sostituita da un joystick e il sistema di volo è regolato da un complesso sistema di software — oltre alla protezione rinforzata della cabina che consente di isolare il cockpit dall’area passeggeri e alla presenza a bordo di 3 agenti della sicurezza della compagnia aerea, rendono difficile immaginare un commando che abbia preso a forza i comandi dell’aereo per farlo inabissare.

Come sarebbe stato portato l’esplosivo a bordo? Si indaga sulla lista dei passeggeri, tra cui un cittadino saudita, due iracheni, un algerino, un sudanese, un kuwaitiano, un ciadiano. L’ipotesi è che l’esplosivo possa essere stato portato a bordo (o comunque assemblato a bordo) da chi si è imbarcato a Parigi. Mentre è improbabile che un potenziale ordigno fosse nella stiva. Sia per i controlli cui i bagagli vengono sottoposti al Roissy-Charles de Gaulle sia perché l’Airbus non trasportava — come riferito dalle autorità francesi — né cargo, né carichi postali.

Esiste tuttavia una seconda possibilità. Che l’ordigno, temporizzato, sia stato lasciato a bordo dell’Airbus da uno dei passeggeri che avevano viaggiato su quell’aereo in una delle quattro tratte che aveva coperto nella giornata di mercoledì. Asmara-Cairo; Cairo-Tunisi; Tunisi-Cairo; Cairo-Parigi. Come ha avuto infatti modo di riferire il sottosegretario ai Trasporti francese, le procedure dell’aeroporto di Roissy prevedono che per gli aeromobili in transito provenienti da Paesi fuori dall’area Schengen (come l’Airbus Egyptair) i controlli a bordo (cabina di pilotaggio, cabina passeggeri, toilette) vengano effettuati non dalle autorità francesi, ma da personale della compagnia aerea. Con strumenti e modalità su cui, evidentemente, in queste ore nessuno può giurare. Insomma nulla di più plausibile che l’esplosivo, mercoledì, sia stato imbarcato sull’Airbus ad Asmara
o a Tunisi, piuttosto che al Cairo, aeroporto i cui livelli di sicurezza sono fuori da qualsiasi parametro europeo. Una bolgia infernale dove (come Repubblica ha potuto verificare), con 20 dollari infilati nella mano di un facchino, si può arrivare al gate aggirando i controlli sui bagagli.

LASTAMPA.IT
Una bomba caricata a bordo a Parigi, con la complicità di un dipendente dell’aeroporto Charles de Gaulle o della compagnia Egyptair. Questa l’ipotesi più accreditata dagli esperti di sicurezza aerea e terrorismo. Le altre, meno probabili ma non da scartare fino alla conclusione dell’inchiesta, sono: un kamikaze a bordo, un tentato dirottamento, un cedimento strutturale, un missile lanciato da una nave militare.
La bomba a bordo spiegherebbe sia la brusca perdita di quota che le virate dell’Airbus prima dello schianto in mare, come pure «la palla di fuoco» osservata dai pescatori greci nel momento del disastro. Tutti dettagli che portano a ritenere meno probabile il cedimento strutturale, anche per la mancata comunicazione da parte di piloti di problemi in volo. L’Airbus A320 è uno degli aerei più diffusi e considerato sicuro dagli esperti. Quello dell’Egyptair era relativamente giovane, del 2003.
«La teoria più plausibile è che sia stata introdotta a bordo una carica esplosiva, a basso potenziale ma in grado di provocare uno squarcio nella carlinga - spiega Omer Laviv, esperto di sicurezza aerea e Chief Operations Officer della società israeliana Athena GS3 -. L’esplosione non era in grado di disintegrare il velivolo, ma ha provocato danni sufficienti a farlo precipitare».
La detonazione potrebbe aver anche messo fuori uso uno dei motori. «L’aereo ha sbandato a sinistra e ha perso quota - continua Laviv -. Il pilota ha cercato di riprendere il controllo e ha virato a destra, ma si è avvitato e ha continuato a precipitare». Secondo l’analista il momento esatto dell’incidente lascia propendere più a un ordigno lasciato sull’aereo che a un kamikaze. «Era appena iniziata la fase di atterraggio. I piloti in quel momento spengono il sistema di pressurizzazione automatico della cabina. Esistono sensori in grado di captare il cambiamento e fare da timer per il detonatore».
A rendere meno credibile l’ipotesi del kamikaze è il fatto che a bordo ci fossero tre guardie di sicurezza. Molto difficile passare inosservati. La presenza degli agenti porta anche a escludere un tentativo di dirottamento, anche se potrebbe spiegare le virate improvvise nel caso di una colluttazione nella cabina di pilotaggio.
Resta da capire dov’è la breccia nella sicurezza. Nel giro di 24 ore l’Airbus ha fatto scalo ad Asmara, in Eritrea, a Tunisi, e poi al Cairo. Ma in ogni caso una bomba non avrebbe dovuto passare inosservata a Parigi. Lo Charles de Gaulle è uno degli aeroporti più controllati al mondo. «Tutti gli aerei - conferma Laviv - vengono passati al setaccio dalla sicurezza dopo l’atterraggio e prima del successivo decollo. Solo quando c’è il via libera i passeggeri possono salire». E allora? L’unica possibilità un «insider job», qualche dipendente dello scalo o della compagnia che avrebbe consentito l’operazione all’ultimo istante.
Dopo gli attentati di Parigi, 57 sospetti simpatizzanti jihadisti hanno perso l’autorizzazione a lavorare al Charles de Gaulle. L’insider job è anche l’ipotesi più probabile per l’attentato che il 31 ottobre ha causato lo schianto di un aereo della russa Metrojet sul Sinai, 224 morti. I terroristi dell’Isis erano riusciti a introdurre una bomba contenuta in una bibita in lattina, all’aeroporto di Sharm el-Sheikh.
Anche se non c’è ancora una rivendicazione ufficiale «per quel che sappiamo finora il disastro sull’Egeo assomiglia molto a quello sul Sinai - conferma Anat Hochberg Marom, analista e studiosa di terrorismo dell’Interdisciplinary Center Herzliya -. E l’Isis ha minacciato più volte di colpire di nuovo la Francia. In questo caso avrebbe colto due obiettivi in una volta, perché l’Egitto di Al-Sisi è con Parigi uno dei nemici più odiati».
L’IPOTESI MISSILE
Nel Sinai opera il gruppo Ansar al-Bait al-Maqdis, che si è unito all’Isis nel 2014 è ha creato il Wilaya Sinai, la provincia del Sinai del Califfato. Dispone di «migliaia di uomini», forse 12 mila, e armamenti moderni, compresi missili anti-aerei portatili, Manpads, «provenienti da Siria e Iraq». L’aereo volava però a 11 mila metri di altezza, quota non raggiungibile dai Manpads, ed era distante quasi 200 chilometri dal Sinai. L’unica possibilità sarebbe un missile lanciato per sbaglio da una nave militare durante un’esercitazione. Ma è la meno probabile.

STEFANO MONTEFIORI SUL CDS DI STAMATTINA
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

PARIGI Il volo MS804 della compagnia di bandiera EgyptAir ha lasciato il terminal 1 dell’aereoporto parigino Roissy - Charles de Gaulle alle 23.09 di mercoledì, e 10 minuti dopo è decollato alla volta del Cairo. A bordo dell’Airbus A320 c’erano 66 persone, delle quali 10 membri dell’equipaggio e 56 passeggeri (30 egiziani, 15 francesi, 2 iracheni, e un britannico, belga, portoghese, canadese, kuwaitiano, saudita, sudanese, ciadiano, algerino). Dell’equipaggio facevano parte tre agenti di sicurezza.

L’ultimo contatto verbale alle 1.50, quando il pilota dice «nessun problema» al controllore aereo greco, mentre sorvola l’isola di Kea. «Era di buon umore e ha ringraziato parlando in greco», dirà poi il caposquadra Constantin Litzerakos. Alle 2.26 i greci tentano di nuovo di parlare al pilota per comunicargli che sta entrando nello spazio aereo egiziano, ma stavolta non ottengono risposta.

Tre minuti dopo l’aereo entra effettivamente sotto la gestione egiziana, e ancora non ci sono comunicazioni con la cabina di pilotaggio. Alle 2.37, secondo il ministro della Difesa greco Panos Kammenos, «l’aereo ha compiuto una virata di 90 gradi a sinistra poi di 360 gradi a destra precipitando da 37 mila a 15 mila piedi (da 11 a 4500 metri, ndr ). Poi la sua immagine è andata perduta». Alle 2.39 il contatto radar viene definitivamente interrotto. L’Airbus, atteso al Cairo alle 3.15, scompare. Alcuni testimoni su una nave avrebbero visto una palla di fuoco nel cielo, ma l’informazione non è stata confermata ufficialmente.

Dopo ore di ricerche dei frammenti — giubbotti di salvataggio e pezzi di plastica — vengono avvistati nel pomeriggio al largo dell’isola greca di Karpathos, ma in serata il governo di Atene smentisce che si tratta dei resti del volo MS804. Le ottime condizioni meteo, il velivolo relativamente recente (2003) , la mancanza di segnali di allarme prima del disastro fanno pensare a un’improvvisa esplosione in volo.

Lo dicono fonti dell’intelligence americana, e anche i due candidati alla Casa Bianca, prima Donald Trump e poi Hillary Clinton. Il governo egiziano, che in occasione della catastrofe del volo MetroJet da Sharm El Sheik a San Pietroburgo (31 ottobre 2015) aveva tergiversato per quasi tre mesi prima di accettare l’idea della bomba, stavolta è rapido: «La probabilità di un attacco terroristico è più elevata di quella di un problema tecnico», dice il ministro dell’Aviazione civile Chérif Fathy.

Per adesso nessun gruppo ha rivendicato l’attentato, ma l’Isis per esempio è solito attendere qualche giorno prima di attribuirsi la paternità di un’operazione: spesso aspetta che l’attenzione mediatica scenda, per alimentarla di nuovo con un comunicato.

Ci vorranno settimane di indagini e analisi delle scatole nere per capire con certezza come l’aereo è andato distrutto. «Ma se sono davvero riusciti a mettere una bomba sull’Airbus a Parigi — dice l’esperto Xavier Tytelman — bisognerà ripensare la sicurezza di tutti gli aeroporti del mondo, perché Roissy e Orly ormai sono all’avanguardia, superati solo dagli israeliani».
S. Mon. @Stef_Montefiori