
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Bel discorso di Obama al Congresso riunito in seduta comune, discorso che si chiama «Stato dell’Unione».
• Strano nome.
No, è effettivamente il discorso sullo Stato dell’Unione - cioè sullo stato dell’unione chiamata Stati Uniti - che il presidente deve pronunciare ogni anno davanti alle camere riunite. Un tempo era un testo scritto, che veniva spedito a ogni parlamentare. Con l’avvento della radio e della televisione è diventato uno speech
davanti ai congressmen
da pronunciare in genere a gennaio. Quello di quest’anno è particolarmente significativo perché è l’ultimo. L’anno prossimo, a gennaio, ci sarà un nuovo presidente degli Stati Uniti. O magari una presidentessa.
• Lei ha detto «bel discorso».
Obama, qualunque cosa si pensi di lui, è un grande oratore. Alle mie orecchie il passaggio più significativo è questo: «La democrazia non funziona se pensiamo che chi non è d’accordo con noi sia sempre in malafede». Il che significa che la maggioranza e l’opposizione, pur nella diversità dei ruoli, dovrebbero cooperare per il bene comune e non dire no a qualunque idea dell’altro. Sogni? Obama ha risposto: «Lincoln ce l’avrebbe fatta. Io purtroppo no. Lascio un mondo più litigioso e paralizzato che mai, viziato dal peso del denaro nelle campagne elettorali, inquinato dai grossi finanziatori». Ha concluso dicendo che la battaglia per le sue idee la continuerà anche dopo, da semplice cittadino. «Vincerà l’amore incondizionato, la forza della verità»
• Che ha detto dell’Isis, del terrorismo, degli americani armati fino ai denti e di tutto il resto?
«L’America resta di gran lunga la nazione più forte, abbiamo l’esercito più forte del mondo. Noi spendiamo in armamenti più delle otto nazioni messe insieme che ci seguono in questa classifica. Quando c’è una crisi da qualche parte, they call us
, vengono a chiedere aiuto a noi». I parlamentari si sono alzati in piedi applaudendo, a questo punto. E in prima fila, in piedi anche loro ad applaudire, c’era una sfilza di generali e di ammiragli, col petto pieno di decorazioni.
• Sì, l’America sarà la nazione militarmente più forte, ma intanto l’Isis avanza...
Obama ha risposto attaccando i repubblicani che per ogni crisi in Medio Oriente hanno una sola soluzione: «bombardamenti a tappeto». E regalano così allo Stato islamico la rappresentanza di una delle più grande religioni del mondo. No, dice Obama, «vi lascio un mondo più sicuro, senza che l’America debba fare il gendarme, senza che debba andare in giro per il mondo a costruire nazioni» (attacco a Bush). «L’instabilità del Medio Oriente è il prezzo di sconvolgimenti che dureranno una generazione. E intanto la Cina stra attraversando una transizione assai difficile e la Russia ha un’economia a pezzi. Tocca a noi ricostruire un nuovo sistema di relazioni internazionali e chi ha dei dubbi sulla mia determinazione nel distruggere lo Stato islamico vada a chiedere a Osama Bin Laden». E però no a nuove invasioni militari, «abbiamo imparato la lezione di Vietnam e Iraq». «La leadership americana si consolida con una politica simile a quella che abbiamo seguito con Cuba, riconoscendo che la guerra fredda è finita».
• E sull’economia?
«È necessario che la New Economy offra a ciascuno eque opportunità. Durante il mio mandato si sono creati 14 milioni di posti di lavoro, il tasso di disoccupazione si è dimezzato, la ripresa economica ha ridotto di tre quarti il deficit pubblico. Però il disagio nel paese deriva da cambiamenti strutturali, ogni posto di lavoro può essere minacciato dall’automazione o delocalizzato all’estero, è diventato più difficile uscire dalla povertà, trovare lavoro per i giovani, andare in pensione quando si vuole». Di chi la colpa di tutto questo? Delle grandi banche, degli hedge fund, di tutte quelle mega-imprese «che disegnano le regole in proprio favore e a scapito della middle class e che usano i paradisi off-shore per eludere il fisco». La lista dei risultati raggiunti comprende la vittoria sull’ebola, quella sull’Hiv, quella sulla malaria. Obama si è vantato di aver fatto passare il principio, inaudito fino ad ora, di una sanità pubblica. Alla lista dei desideri si aggiunge la scuola materna gratuita per tutti e due anni di università senza pagare. Soprattutto: «L’epoca in cui viviamo è un tempo di straordinari cambiamenti, ricco di opportunità ma anche di traumi. Ricordiamoci però lo spirito di Lincoln che ci esortava a non appiattirci sui dogmi di un passato tranquillo. Ciò che ha reso grande l’America è stata la sua capacità di scorgere un’opportunità dove gli altri vedevano solo paura».
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