Il Messaggero, 14 gennaio 2016
Zalone supera i 52 milioni di incassi e batte il suo stesso record
E siamo al record epocale, definitivo: battendo anche se stesso, Checco Zalone supera i 52 milioni di incasso (per l’esattezza 52.166.450) e passando davanti al campione in carica Sole a catinelle (che due anni fa totalizzò 51.948.550) diventa il film italiano più visto di sempre. Non solo. Nel giorno del trionfo, il film Quo vado? varca i confini nazionali: il quotidiano francese Le Figaro loda questa «commedia amabile» che ha ridato agli italiani il gusto della risata «attraverso la satira di un tratto distintivo del carattere nazionale, l’attaccamento al posto fisso».
A questo punto a Zalone – Luca Medici resta un unico record da battere: i 66 milioni rastrellati (grazie al biglietto maggiorato per le copie in 3D) nel 2009 da Avatar, che ancora detiene lo scettro del film più visto nel nostro Paese. E non è un’utopia irrealizzabile: se gli spettatori continuano ad affollare i cinema con il ritmo attuale, i 13 milioni di scarto potrebbero essere colmati in due soli week end. Basterebbe una media di 640mila euro al giorno. Quisquilie, come direbbe Totò, per il comico di Capurso.
Il produttore Pietro Valsecchi, che otto anni fa scoprì e decise di lanciare il semisconosciuto mattatore di Telenorba, prevede di totalizzare alla fine dello sfruttamento nelle sale una cifra vicina ai 70 milioni.«Non parlerei semplicemente di incassi», dice Valsecchi, «ma di un uragano vero che si trasforma in una spinta positiva per tutto il cinema italiano». Intanto si sono fatti avanti distributori francesi, spagnoli e perfino americani che vogliono vedere Quo vado? «per capire il fenomeno» e, chissà, eventualmente assicurarsi i diritti di un remake. Anche Sole a catinelle è stato opzionato dagli Usa, chi vivrà vedrà.
BUONISTA
Quanto alle critiche di aver girato un film troppo «buonista», Zalone, che interpreta un impiegato ossessionato dal posto fisso, aveva replicato: «Qualcosa, in Italia va salvato. Non faccio politica ma il comico, non so nulla di sociologia ma prendo in giro un fatto incontestabile: noi italiani siamo refrattari al cambiamento».