Fabio Pavesi, Il Sole 24 Ore 14/01/2016, 14 gennaio 2016
BCC, NODO DEI CREDITI A RISCHIO PER UNA SU DIECI
Il sistema nel suo complesso è solido, ben capitalizzato, tre punti in più della media del sistema bancario nazionale e le crisi le risolve in casa, senza ricadute sulla collettività, come è avvenuto nel recente salvataggio della Bcc padovana da parte della Bcc di Roma.
I vertici del mondo del credito cooperativo non perdono occasione per ricordare le peculiarità (positive) del loro universo. Tanto più in questi giorni in cui la riforma del sistema delle piccole banche mutualistiche è in dirittura d’arrivo. Ci sono buone ragioni oggettive in questa perentoria autodifesa. Ma se si esce per un attimo dalle visioni generali e dal gioco delle “medie di sistema”, allora la musica cambia e qualche elemento di gracilità emerge con forza.
Sono ben 37, infatti, le piccole banche cooperative, di fatto una su dieci, che poggiano su gambe fragili. Una su dieci tra le 368 Bcc attive in Italia mostra prestiti deteriorati a un livello sopra il 20% dell’intero portafoglio crediti. Un livello di guardia che non consente facili ottimismi. Basta un niente per queste banche, qualche svalutazione in più, per procurare perdite che impatterebbero sul capitale. E allora addio la tanto decantata solidità patrimoniale. L’elenco delle 37 banche cooperative che hanno in pancia più di un quinto del loro portafoglio impieghi zavorrato da sofferenze e incagli è pubblicato nella tabella a fianco. L’elaborazione del Sole 24 Ore è fatta sui bilanci 2014 delle Bcc nell’analisi condotta puntualmente dall’Ufficio Studi di Mediobanca. Il livello del 20% è una soglia critica. Ma c’è anche chi si spinge ancora oltre. Basti pensare al record assoluto (negativo) della Cassa rurale e artigiana di Camerano con il suo rischiosissimo tasso del 37,9% di crediti deteriorati, o la Cassa di Pinzolo al 26,3%; o la Banca di Teramo (32,9%). La Cassa di Brentonico è al 24,5%; La Bcc dell’Agro bresciano supera il 25% così come la Banca di Pistoia. Come si vede non c’è una concentrazione geografica. E sbaglia chi pensava che fossero le piccolissime banche del Sud a evidenziare i problemi maggiori. L’elenco delle 37 banche fragili infrange un po’ di retorica sul sistema solido. E non va dimenticato che tra le banche commissariate da Bankitalia, 5 su 9 sono Bcc. Fino a pochi giorni fa era sotto amministrazione straordinaria la Bcc padovana. Lì è andato in scena il primo salvataggio interno con la Bcc di Roma che ha acquisito gli asset sani della padovana dopo che sono state scorporate sofferenze per 650 milioni finite nel Fondo di garanzia istituzionale del sistema che ha coperto e rimborsato anche le obbligazioni subordinate. Un primo atto cui ne seguiranno altri. Per le altre Bcc ancora commissariate si replicherà a breve lo stesso schema. Le Bcc più forti acquisiranno le attività pulite delle Bcc commissariate mentre la parte malata (sofferenze e bond subordinati) verrà prese in carico dal Fondo di Garanzia. Come si vede la soluzione c’è e sicuramente migliore per i soci di quella delle famose 4 banche salvate. Ma se la soluzione per quelle commissariate è dietro l’angolo, resta il tema di quei 37 istituti che stanno sul filo della lana di una possibile crisi futura. Anche perchè se è vero che in generale le banche cooperative vantano un buon indice di patrimonializzazione (oggi al 16% di Cet1), questo da solo non basta a definire di per sè granitico il sistema. Ci sono due punti critici che di fatto mitigano la forza patrimoniale. Li ha messi in luce di recente la stessa Banca d’Italia. In un intervento al Senato, il capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo, ha messo in evidenza il forte aumento del credito deteriorato lordo delle Bcc. Alla fine del 2014, ha spiegato Barbagallo, il rapporto tra crediti deteriorati lordi e totale prestiti era per le Bcc mediamente al 18%, salito dal 10,4% del 2011. Non solo, ma le sofferenze erano a fine 2014 al 9,1% (dal 4,5% del 2011). Quindi c’è stata una forte accelerazione nel credito a rischio. Le contromisure sono state quelle di alzare i livelli di accantonamento, cioè di copertura di sofferenze e incagli che però, e qui è il secondo punto dolens, sono tuttora più bassi delle media dell’industria bancaria nazionale. Il tasso di copertura dei prestiti deteriorati, ha evidenziato ancora Barbagallo, è sì salito dal 30,2% al 36,5% e quello delle sofferenze dal 47,7% al 51,8%. Ma restano tassi inferiori rispetto al resto del sistema bancario che copre i crediti malati al 44,4% e le sofferenze al 58,7%. Queste sole cifre dicono che a fronte di una salita più forte dei crediti malati le piccole Bcc coprono meno delle altre banche i loro crediti a rischio. Si potrebbe replicare che la difesa più bassa è adottata perchè ci possono essere garanzie più elevate sui prestiti concessi e andati in sofferenza, ma tutti sanno che in caso di fallimenti dei debitori escutere pegni e garanzie è processo lento e dall’esito sempre incerto. E allora la voglia di riforma chiesta a gran voce dal Governo e le preoccupazioni di Banca d’Italia indicano un qualche percorso di aggregazione, di massa critica per fronteggiare crisi serpeggianti. Il Governo spinge per una holding di sistema modello Credit Agricole che inglobi tutto. I vertici Bcc hanno da mesi proposto un’autoriforma in 10 punti che tra garanzie in solido e integrazione in un gruppo bancario cooperativo, non elimini però le peculiarità (localismo, identità) delle piccole banche del territorio. Si vedrà come andrà a finire. È vero che il sistema ha le spalle forti per risolvere all’interno eventuali crisi come la Bcc di Roma con Padova ha già mostrato, ma quei 37 piccoli istituti fragili sono lì a dire che è meglio non abbassare la guardia.