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 2016  gennaio 14 Giovedì calendario

LA CADUTA DI MPS DIMOSTRA CHE LA BAD BANK NON È RINVIABILE

Quanto sta avvenendo sul mercato con le cronache che scrivono di operazioni speculative a danno del Montepaschi e di Carige dovrebbe finalmente indurre ad assumere una decisione sulla costituzione della bad bank per lo smaltimento dei circa 200 miliardi di sofferenze del sistema bancario che, a novembre, registrano un nuovo incremento dell’11% sui dodici mesi. Insieme con la soluzione dei problemi normativi e funzionali indotti dalla Direttiva sulla risoluzione delle banche, la costituzione del veicolo in questione rappresenterebbe una innovazione fondamentale per offrire al mercato un quadro di certezze e tagliare l’erba sotto i piedi della speculazione. Da giorni stiamo insistendo su questa che, ormai, è diventata un’operazione indifferibile. Procrastinare ancora la soluzione di un problema che si pone da due anni sarebbe veramente un grave atto di insipienza e di irresponsabilità. Dopo ipotetiche aperture e riaperture del confronto con la Commissione Ue ora siamo al punto in cui si ammette dalle parti in campo che l’interlocuzione tecnica con Bruxelles, ad opera dei rappresentanti del governo italiano, è ormai conclusa. Gli stessi commissari competenti (da ultimo, Margrethe Vestager) fanno sapere che ora tempi e modi della scelta riguardante l’istituendo veicolo sono di esclusiva responsabilità dell’esecutivo. Stando così le cose, continuare eventualmente a coinvolgere su varianti del progetto una Commissione, che ormai fa sapere, nei fatti, di non avere nulla da aggiungere alle posizioni già esternate, sarebbe anche poco dignitoso. Del resto, non offre grandi spazi di discussione l’apodittica tesi brussellese secondo la quale se si progetta un intervento dello Stato per una determinata finalità del quale, pur essendo congegnato in modo che tutti possano fruirne, finiscono con il beneficiare solo alcuni soggetti economici, allora scatterebbe una condizione di non par condicio sul mercato, sicché quell’intervento diventerebbe un aiuto pubblico illegittimo, in mancanza di qualche altro beneficio da accordare contestualmente ai non fruitori. Una tesi arzigogolata e che, evocata impropriamente per le sofferenze che sono un problema dell’intero sistema, potrebbe assurdamente approdare alla conclusione che, se vi sono istituti che, pur potendo fare ricorso alla bad bank, preferiscono astenersene, basterebbe ciò per fare scattare il divieto di aiuti di Stato. A maggior ragione si conferma lo scetticismo per indurre la Commissione a una resipiscenza, se si pensa che potrebbe essere prevista una remunerazione, secondo una particolare scalettatura degli oneri, della garanzia pubblica che si avrebbe intenzione di accordare al veicolo per assistere la raccolta di risparmio che questo effettuerebbe al fine di acquisire le sofferenze e avviare così la costituzione di un mercato di tali prestiti deteriorati, essendo chiaro che questo rappresenterebbe l’unico intervento a carico del pubblico. Ciò nonostante, permarrebbero - almeno così sembra - le obiezioni della Commissione. Considerato questo approdo del confronto, nel quale si è stati inutilmente impegnati per circa un anno, come si potrebbe mai pensare di proseguirlo ancora?

Allora al Tesoro, nell’attuale situazione del mercato bisognosa di una svolta, spetta scegliere e decidere una misura che rafforza la trasparenza e migliora la situazione patrimoniale delle banche. Nell’intervento nella Giornata del Risparmio, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel sottolineare l’importanza di una società che acquisti e gestisca gli attivi bancari deteriorati, aveva anche precisato che la partecipazione pubblica al capitale avrebbe potuto essere anche nulla, mentre avrebbe potuto prevedersi una garanzia statale per le passività senior da essa emesse per finanziare tali acquisti; comunque Visco non mancava di soggiungere che le banche gravate da ingenti esposizioni deteriorate avrebbero dovuto individuare, d’intesa con la Vigilanza, le modalità più adeguate per gestire in modo efficiente tali attivi al fine del loro graduale ridimensionamento. Ciò premesso, essendo quella testè indicata l’alternativa, delle due l’una: il Tesoro getta la spugna e opta per una soluzione che ricalchi quest’ultima opzione, del resto già praticata da alcuni istituti, oppure, come invece appare più che doveroso, considerando lo stesso Dicastero concluso il confronto con Bruxelles, ha uno scatto di autonomia e propone al Consiglio dei ministri in tempi rapidi di decidere l’architettura societaria della bad bank con la garanzia pubblica, per gli scopi anzidetti e articolatamente remunerabile, nella certezza che si tratta non di un modo per squilibrare il mercato favorendo soltanto alcuni, bensì dell’esigenza di riattivare, dopo circa sette anni di dura crisi, il finanziamento all’economia e alle famiglie.

Non certo un regalo alle banche. Ricordo che già il 26 maggio scorso Visco, in occasione della lettura delle Considerazioni Finali, nell’assemblea ordinaria dei partecipanti al capitale della Banca d’Italia, citando la discussione allora in corso con le autorità europee sulla bad bank, auspicava che fosse rapida e costruttiva.

Può il Tesoro, dopo sei mesi, continuare ancora a non decidere? Se il sistema non sfigura affatto nell’Unione e presenta istituti che sono campioni europei, come ha detto ieri Matteo Renzi alludendo addirittura a qualche campionato maggiore nel quale primeggerebbero, allora non si può non provvedere, anche per questa ragione, a colmare la grave lacuna della mancanza di strumenti che agevolino la pulitura dei bilanci bancari.