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 2016  gennaio 14 Giovedì calendario

Gli arresti per il gioco d’azzardo online a Roma. In manette «il re delle slot»

«Quotidianamente si svolgevano 12mila tavoli da gioco virtuali, che producevano un giro di affari di 11,5 milioni di euro al giorno. L’organizzazione smantellata percepiva il 10% di quella cifra, ovvero 1,5 milioni al giorno». Così il procuratore aggiunto Michele Prestipino tratteggia il business criminale scoperto nell’inchiesta «Imitation game», coordinata dalla procura di Roma e condotta dallo Scico della Guardia di Finanza e dai poliziotti dello Sco e della Squadra mobile capitolina. In manette sono finite 11 persone (ad altre due l’ordinanza verrà notificata all’estero), con l’accusa d’associazione a delinquere «volta a commettere una serie indeterminata di reati attraverso una rete illegale di gioco on line», omettendo il versamento dei tributi per la concessione di gioco «al fine di realizzare plurime truffe ai danni dello Stato». Ad alcuni indagati viene contestata l’intestazione fittizia di beni: i finanzieri hanno sequestrato beni immobili (società che possiedono sale giochi e attività di ristorazione) e conti bancari per un controvalore di 10 milioni di euro (nella perquizione a casa di un arrestato, sono comparsi 200mila euro in contanti). «In un dialogo intercettato – racconta il colonnello della Gdf Alessandro Cavalli –, alcuni indagati dicono che con quel business si guadagna più che con la droga», rischiando pene lievi.
Le indagini avevano preso il via da 2 tentati omicidi sul litorale romano di Ostia tra il 2011 e il 2012 ai danni di soggetti legati a sale giochi. Con pedinamenti, intercettazioni e dichiarazioni di alcuni pentiti, gli inquirenti hanno ricostruito la rete, a partire dalle figure chiave. Fra loro, l’imprenditore 50enne d’origine potentina Luigi Tancredi, conosciuto come «il re delle slot» per aver creato un piccolo impero legato al gioco e già toccato da altre inchieste: «Aveva una società legale – ricorda Prestipino – ma poi aveva perso l’autorizzazione dell’Agenzia dei Monopoli». Tancredi non è un mafioso, precisa il magistrato, ma si avvaleva delle cosche «per occupare quel pezzo di mercato delle scommesse online, creare po- stazioni nei locali pubblici e vincere la concorrenza con metodi illeciti». Fra gli indagati c’è poi il 55enne Nicola Femia, calabrese residente a Ravenna e già in carcere a Bologna per un’altra inchiesta, ritenuto vicino alla famiglia Mazzaferro di Marina di Gioiosa Ionica. Prestipino descrive «un sistema parallelo di gioco online a cui gli utenti potevano accedere da ogni parte d’Italia, costituito grazie alla collaborazione con gruppi di camorra, ’ndrangheta e della criminalità di Ostia, a». Per la loro cooperazione, a esponenti della camorra legati al clan dei Casalesi venivano versati fra i 45mila e i 60mila euro al mese.
Nelle 245 pagine dell’ordinanza di custodia, firmata dal gip Elvira Tamburelli, si ricostruisce il sistema a cui migliaia di ’giocatori’ accedevano con un nickname e una password, caricando anche 10mila o 5mila euro: «Una struttura piramidale a livelli gerarchici (national, regional, distretto e club), operativa su piattaforme informatiche che consentono il gioco su siti non autorizzati dai Monopoli». Era il «cosiddetto sistema dollaro», per via dei siti su cui il gruppo operava (www.dollaropoker. com; www.2dollaropoker. com e così via). Il server era a Tampa, in Florida, mentre in Romania c’era la sede della società ’Dollarobet srl’, con personale di assistenza al sito ed esperti informatici. Una svolta alle indagini arriva nel marzo 2012, dopo la perquisizione in una sede della società Cinque punto cinque, riconducibile a Tancredi. La documentazione sequestrata serve agli investigatori a capire il meccanismo, ricostruendo il senso delle conversazioni intercettate, a volte oscuro «anche perché spesso gli indagati, per ragioni di cautela, si avvalevano di Skype».
La gestione dei debiti avveniva con metodi brutali, come si evince dal racconto di un giocatore, colpito con la canna della pistola da uno degli indagati, o dalle telefonate minacciose a un ex calciatore di serie A, ora allenatore nelle serie minori, debitore di 74mila euro ma a corto di liquidi: «Famme ammazza’... Che te devo di’», si giustifica il primo. L’indagato chiude la conversazione. Ma in seguito richiama, minaccioso: «Hai perso e mo devi paga’... Se no domani me trovi lì e non so’ carino per niente...».