Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  gennaio 14 Giovedì calendario

Mattia Feltri raccoglie in “Novantatré” la cronaca dell’anno che affossò la Prima Repubblica, smascherandone le ipocrisie

All’inizio del 1993 Angelo Guglielmi, direttore di Rai 3, mi propose di condurre una serie di Milano, Italia, talk show lanciato da Gad Lerner. Vivevo in America, volevo vedere, da cronista, la «rivoluzione di Mani Pulite», «Clean Hands» la chiamavano a New York, e accettai. Conobbi i protagonisti, i giudici, i politici, i giornalisti, gli arrabbiati. Alla fine di un’intervista con un ex ministro sotto processo che finì assolto, dopo i tempi kafkiani della nostra giustizia, lo ringraziai, per comune cortesia. Il giorno dopo una collega – indignatissima – mi investì livida: «Non si ringrazia un inquisito!».
Mattia Feltri, columnist di questo giornale, raccoglie in Novantatré (Marsilio) la cronaca dell’anno che affossò la Prima Repubblica e i suoi partiti storici, Dc, Psi, Pli, Pri, Psdi e anche il Pci, pur graziato dal pool dei magistrati alla ricerca di tangenti. Un autodafé che, nelle intenzioni di tanti protagonisti affannati delle pagine di Feltri, doveva «far risorgere l’Italia!» e apre invece, nel 1994, la strada a Silvio Berlusconi.  
La via crucis italiana di 23 anni fa colpisce per la ferocia maramaldesca con cui i politici, il leader socialista Craxi su tutti, vengono umiliati, il repubblicano Giorgio La Malfa (poi assolto) coperto di sputi, il dc Carra tradotto con gli schiavettoni ai polsi davanti alle tv, fino ai tragici suicidi, il presidente dell’Eni Cagliari, l’imprenditore Gardini, Castellari dirigente Enimont, nel 1992 il socialista Moroni.
Corruzione strutturale
Beninteso, la corruzione esisteva ed era radicata, le mazzette erano richieste e pagate, la politica si finanziava con esose prebende, l’industria difendeva così inefficienze, protezionismo, nepotismo, un sistema industriale obsoleto e nemico di innovazione e meritocrazia. Ma l’ipocrisia del 1993, al netto delle intenzioni di tanti «eroi» del momento, fu addossare a pochi accusati – potremmo dire i più ingenui o spavaldi – le colpe di una nazione intera. Bettino Craxi ne morì, solo e amareggiato ad Hammamet, altri ebbero la fortuna di avere riconosciuto l’onore.
Il fallimento, politico e morale, di Mani Pulite sta nel non avere saputo riconoscere le cause vere di decadenza della Prima Repubblica. Il monopolio del potere della Democrazia cristiana fu reso inevitabile dalla natura delle opposizioni, i neofascisti del Msi e il Pci che, pur maturato, fino all’ultimo ricevette finanziamenti da Mosca, osteggiando nei fatti, se non nelle dichiarazioni del segretario Berlinguer, Europa (il no al sistema monetario è del 1979) e Nato. E da quel monopolio venne la corruzione strutturale.
Il merito di Feltri, accanto alla scrittura puntigliosa, sta nel presentare alla litigiosa, populista, rancorosa Italia 2016 il ritratto degli antenati 1993, con la speranza nascosta, che a mio avviso andrà delusa, che gli eccessi di allora vengano evitati oggi. Colpire il potente caduto, elogiare la galera, l’invidia sociale per chi ha più di noi, considerare il successo sempre frutto di corruzione o ingiustizia, sono vizi del paese, non meno di malcostume, camarille, prepotenze.  
Toni giacobini
L’immaturità della nostra democrazia, imposta dopo la dittatura, con apparati dello Stato legati al fascismo, servizi segreti e racket in combutta, paralleli a un capitalismo di parentele, lobby, circoli opachi, non viene esorcizzata da Tangentopoli. I cronisti si eccitano per «Di Pietro, ottimo giudice, superbo calzolaio, egregio contadino… nuotatore provetto…» che salva in mare un bagnante, ma non vedono la complessità dei problemi. «Scrivere un reportage» diventa pubblicare documenti passati sottobanco in tribunale, la «verità» è l’accusa contro l’imputato, giusto come oggi. Chi, come i futuri Presidenti Napolitano e Mattarella, prova a moderare i giacobini senza cancellare le inchieste in corso, è zittito. Si finirà, secondo tradizione, per vedere regie occulte, perfino Andreotti crederà che gli americani organizzino il suo processo a Palermo, mentre altri parlano di Merrill Lynch, Wall Street, le «banche». Ma di «poteri forti» e «complotti» c’è scarsa traccia, «gli americani» elogeranno, ignari, Mani Pulite, Berlusconi, Beppe Grillo…
Avvitati nel passato
Nella prefazione, il fondatore del Foglio Giuliano Ferrara, uomo che ama i paradossi, cita Dumas padre, Giulio Cesare e Montanelli, sospettando un regista «subdolo» del 1993. Il regista vero è il nostro Dna, Strapaese avvitato nel passato. Feltri, equanime, ricorda come da sinistra Giorgio Bocca e da destra suo padre Vittorio si vedano accomunati dalla rabbia contro «i politici». Ogni compassione umana cade, l’editoriale di un importante quotidiano contro Craxi 1993 spaventa per ferocia: «C’è qualcosa di cupamente grottesco nell’immagine di quell’uomo anziano e malato… Anche la malattia… non lo fa apparire più fragile, e con ciò, meno sgradevole. Al contrario. La sua… è l’infermità dei “cattivi”… la malattia completa crudelmente l’immagine di un uomo che – in una torva solitudine – cova i suoi rancori…».
È inutile sperare che Novantatré suoni da monito al 2016 perché gli italiani, anziché accoltellarsi a vicenda, si mettano al lavoro, come comunità, per risolvere i guai e aprirsi al XXI secolo. Guardate giornali, tv, web: scorre già il materiale di odio, sarcasmo, mediocrità, livore, furba indignazione per accaparrare soldi e potere, canovaccio per un secondo volume di Feltri, titolo pronto «Sedici».