La Stampa, 14 gennaio 2016
In Parlamento col bebè. In Spagna inizia così l’undicesima legislatura
Senza un governo, la Spagna si accontenta per ora del suo Parlamento. L’undicesima legislatura è stata inaugurata ieri e l’atto non è stato banale. Al Congresso di Madrid era il giorno dei nuovi partiti, Ciudadanos e soprattutto Podemos. Già alle otto e mezza del mattino si capisce che non sarà il solito rito: tre parlamentari ambientalisti improvvisano un corteo in bicicletta, venendo respinti ai cancelli («Le bici non possono entrare»). Poco dopo, la numero di tre di Podemos, Carolina Bescansa, entra in aula con una carrozzina: dentro c’è il figlio di 3 mesi, Diego, che resterà per tutta la seduta in braccio alla madre, diventando oggetto di un dibattito molto acceso. «É un gesto simbolico» si difende la Bescansa, rispondendo alle accuse di strumentalizzazione (il Congresso è dotato di un’apposita area per i bimbi). Diego è il protagonista: viene allattato, finisce in braccio a Pablo Iglesias (ironie a non finire sui social), riceve carezze bipartisan, qualche guascone, poi, durante l’elezione del presidente dell’assemblea, vota «il figlio della Bescansa». La distanza con la vecchia politica salta agli occhi, spuntano camicie a maniche corte, orecchini, jeans, sneakers. I deputati del Partito Popolare guardano lo show con divertimento e fastidio: «Sembra il circo», dice sottovoce un popolare della Galizia. Lo sguardo di Rajoy davanti a un deputato con i capelli rasta esprime uno stupore quasi antropologico. Qualunque formalità diventa l’occasione per marcare le differenze, quando si deve giurare sulla Costituzione, i deputati viola non si limitano a esclamare «lo giuro», come da prassi, ma recitano una formula: «Prometto di sottomettermi alla Costituzione e di impegnarmi a cambiarla». Il più creativo è Iglesias che utilizza il linguaggio dei segni e conclude alzando il pugno destro al cielo: boato tra i suoi. Durante la foto ricordo, il leader scoppia in un pianto a dirotto per nulla mascherato.
Il primo atto della legislatura è stato l’elezione a presidente del Congresso di Patxi Lopez, ex presidente socialista dei Paesi Baschi. Una scelta figlia di un accordo tra Psoe e Ciudadanos, con l’aggiunta del Partito Popolare. Un patto dal quale si è tirato fuori Podemos, che pretendeva in cambio il via libera per la creazione di quattro diversi gruppi parlamentari, uno per ogni componente locale della coalizione (catalana, gallega e valenciana). Il resto dei partiti ha detto no, mandando su tutte le furie Iglesias. «Si preparano a un patto di governo – dice il numero due di Podemos Iñigo Errejon – lo scenario peggiore per la Spagna». Ma la grande coalizione continua a essere esclusa dai socialisti, un no che conduce verso le urne. La strada sarà breve, ma intensa.