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 2016  gennaio 14 Giovedì calendario

Simone Pepe e l’elogio dei vecchietti

Un gol ti cambia la vita. Figurati due. Svolti, sorridi, esulti. E Simone Pepe, esterno offensivo del Chievo, entrato nell’ultima curva di una carriera ricca di soddisfazioni, ha un modo tutto suo che si differenzia dalle scalmanate esternazioni di molti: «Mimo il putt del golf. Uno sport che mi prende e che mi appassiona sempre più». Finora ha giocato 477 minuti, è entrato in 13 partite, due le ha fatte da titolare contro Napoli e Sassuolo, ma il minutaggio non soddisfa. Il gol «tecnologico» del 3-3 alla Roma e quello del successo a Bologna hanno restituito il sorriso a Pepe che così può rilassarsi col golf.
Non è che lei è meglio sul green che sul campo di calcio?
«Tranquilli, voglio ancora giocare due, tre anni. Mi diverto tanto. Pensi che a 32 anni e mezzo i tanti vecchi del Chievo mi hanno mandato in mezzo nel torello, non accadeva da tempo, ma l’ho fatto senza problemi... Il golf, però, ti conquista, ti rilassa. È esattamente l’opposto di quel che fa un calciatore: ti devi aggrappare a te stesso, non c’è contatto fisico e trovi la serenità. Ma ci vogliono tempo e costanza».
Dove ha iniziato?
«La prima volta a Piacenza, nel 2005, mi convinse Ambrosetti. Mi ha trascinato Aquilani alla Juve. Lì giocavano in tanti, ai Roveri, ai Ciliegi, poi ho continuato a Castelgandolfo dove nelle vacanze ho fatto una settimana di fila».
Chi è il più bravo?
«Premesso che Nedved è un fenomeno, ma quello ha la casa sulla buca 7... Tevez è davvero forte. A lui riesce tutto. Anche Pirlo sa giocare, un altro fenomeno».
Lei batte le punizioni e ha fatto gol come lui con la Roma.
«Non scherziamo: io ho un solo modo di calciare, a giro, Pirlo è incredibile».
Le è rimasto più impresso il gol che segnò al Napoli (sempre 3-3) nel 2012 o quello col quale avete bloccato la Roma che ha sancito il potere della tecnologia?
«Quello al Napoli è nel cuore».
Come gli anni alla Juve....
«Sì. Ho giocato, vinto, sofferto. Ma sono stati anni belli. Conte è strepitoso, mi ha insegnato più di tutti. Venivamo dal settimo posto e ci ha fatto giocare un calcio fantastico. Io la Juve continuo a vederla come favorita anche se il Napoli è molto forte, l’Inter può giocarsela e la Roma di Spalletti può rientrare».
E Maran com’è?
«Abbiamo discusso, ci siamo confrontati. Lui mi ha detto le cose, io ho detto le mie. Ma è bello così. Il rapporto schietto è importante. Anche con Conte e Allegri io dicevo la mia».
Lei parla tanto, con Pinzi e Domizzi forma un trio di comici...
«È vero, riusciamo a far parlare e a mettere in mezzo anche la persona più silenziosa del mondo. Ci divertiamo. Giampiero è con me al Chievo e vuole pure lui mettersi in discussione e dare ancora tanto. Anche se nelle figurine Panini lo danno in omaggio con l’album. Vuol dire che è alla fine».
Lei vorrebbe sempre giocare...
«E chi non vorrebbe. Ci alleniamo per quello. Qui siamo tanti vecchietti, ma mi sono accorto che l’esperienza conta. C’è tanta gente che gioca in Serie A da 20 anni».
Questi due gol le hanno risollevato il morale?
«Sicuramente. Ma qui il clima è buono, usiamo ancora le carte che tengo nello zainetto del ritiro. E il segreto è che non si molla mai, si lotta sempre. Sono felice di questa scelta. Inizialmente sognavo un ritorno a Udine (dove giocò tra il 2006 e il 2010 ndr), ma per vari motivi, anche di lista, non è stato possibile. Il Chievo si è fatto avanti ed è stata una bella occasione per rilanciarmi».
Domenica c’è l’Empoli.
«Squadra tosta. Giampaolo, che ho avuto a Cagliari, è molto preparato e finalmente ha avuto fiducia e non l’assillo dei risultati. Sarà una partita più difficile di quelle con le big perché con quelle ti carichi da solo».
Conte ha ragione quando dice che il noi deve prevalere sull’io?
«Quando sei giovane l’io prevale sempre, poi scopri il noi e capisci che puoi aiutare gli altri».
Lei ha sofferto tanto: anni senza giocare, infortuni a catena, e pure la voce della droga...
«Mi ha fatto male perché ho due figli, Rebecca di 3 anni, e Cristian di uno, che ora sono piccoli, ma crescono. Mia moglie Agnese, con la quale sto da quando ero ragazzino ad Albano Laziale, mi è sempre stata vicina. E mi sono fatto forza col detto di mia nonna: “Muore più gente d’invidia che di infarto”».