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 2016  gennaio 14 Giovedì calendario

«I Btp andranno meglio di Bund e Oat quest’anno». Parola di Oliver Eichmann di Deutsche Am, colosso mondiale con 750 miliardi in gestione

«Nel 2016 i Btp avranno una performance migliore di Bund tedeschi e Oat francesi e daranno ritorni interessanti», pronostica Oliver Eichmann, co-responsabile di Rates e Fixed Income Emea di Deutsche Asset Management, colosso mondiale con 750 miliardi di euro in gestione. Non è dunque tutto nero nel 2016, un anno iniziato nel segno dell’incertezza.
«L’Italia ha fatto progressi con le riforme strutturali e trae beneficio dalla stabilità politica ma è soprattutto il Qe della Bce ad aver aiutato ad abbassare i premi per il rischio dei titoli di Stato italiani, un grande sollievo visto l’alto debito pubblico», sottolinea Eichmann.
Deutsche Am non vede nero e solo nero nel 2016. Pur con molteplici incognite sullo scenario mondiale, al 2016 restano numerosi punti di forza, fattori positivi e trend in miglioramento che portano Deutsche Am (21 miliardi di euro gestiti in Italia) a sbilanciarsi fino ad essere «moderatamente ottimisti»: la crescita in Cina cala ma in soft landing; la deflazione non arriva in Europa; il prezzo del petrolio tornerà in area 40-50 dollari; la crescita globale orbiterà attorno al 3% e la crisi dei mercati emergenti non sfocerà in una recessione globale; i rialzi dei tassi Fed non avranno un impatto devastante perchè Bce e Banca del Giappone continueranno le loro politiche monetarie accomodanti, Qe e tassi molto bassi, sostegno che durerà a lungo.
Cosa consigliate ai vostri investitori? L’Italia è un mercato sul quale puntare?
«I Btp avranno una performance migliore di Bund e Oat quest’anno. E all’Italia vanno riconosciuti alcuni progressi: è uscita dalla recessione, gli operatori finanziari hanno accolto molto positivamente il Jobs Act; la riforma del Senato e del sistema elettorale ha impatto positivo sui mercati perché viene considerata una garanzia per la stabilità politica futura, presupposto necessario per accelerare il cammino delle riforme strutturali. Detto questo, non tutte le sfide sono risolte in Italia: la disoccupazione resta molto elevata e il settore bancario ha profili di debolezza irrisolti che frenano il credito all’economia e alle Pmi. Nonostante l’euro debole, l’export non è migliorato come avrebbe dovuto, resta il problema della competitività e della produttività. Per questo è molto importante che l’Italia continui ad essere sostenuta dal QE della Bce che acquista i BTp e mantiene i tassi bassi e migliora le condizioni del credito.
Mentre la Fed alza i tassi, la Bce è alle prese con un’inflazione che non sale. Il QE europeo non funziona? Andrà nuovamente potenziato?
Penso che la Bce continuerà la sua politica monetaria accomodante per molto tempo e il principale tasso di rifinanziamento non tornerà a salire prima di due anni o anche più, perché l’inflazione arriverà molto gradualmente al target vicino al 2%. Sull’inflazione,i tassi sono più efficaci rispetto all’aumento della liquidità con acquisto di titoli perchè riduce efficacemente il tasso di cambio dell’euro. Non riteniamo che la Bce aumenterà gli acquisti dei bond, nè che abbasserà ulteriormente il tasso dei depositi nel nostro scenario principale, ma si muoverà non appena scemeranno le pressioni deflazionistiche.
Quindi non prevedete un ulteriore taglio del tasso sulle deposit facilities?
Questo tasso potrà scendere ancora, fino a -0,50%. È lo strumento migliore per evitare deflazione e deprezzare l’euro. Ma non prevediamo che l’eurozona entrerà in deflazione. Il prezzo del petrolio risalirà, tornerà in area $40,00-50,00 a barile nella seconda parte dell’anno. Per questo non consigliamo la parte più lunga della curva dei rendimenti dei titoli di Stato. Preferiamo le scadenze medie, per esempio tra 6 e 5 anni i ritorni totali (capital gain + cedola) sui BTp potranno arrivare al 2% circa quest’anno.
La Cina ha scatenato crolli a catena in Borsa e volatilità estrema. La Grande Crisi: ci stiamo ancora dentro?
Prevediamo che la Cina crescerà attorno al 6% che è un valore basso rispetto alla loro performance storica ma non equivale a una recessione, è un soft landing. L’impatto del crollo del la Borsa sull’economia cinese non va esagerato.
Gli Usa sono la locomotiva che traina il resto del mondo?
Prevediamo una crescita Usa al 2,5% quest’anno, trainata dai consumi e dalla domanda interna e quindi nonostante il rialzo del dollaro. Il nostro scenario più atteso per il 2016 prevede due ulteriori rialzi dello 0,25%.
Siete “moderatamente ottimisti” per il 2016. Ma quali sono i rischi più preoccupanti?
La Cina va monitorata perché se dovesse crescere meno del 6%, l’impatto sui prezzi delle commodities sarebbe più violento e questo si ripercuoterebbe più negativamente sui mercati emergenti, alcuni di questi già alle prese con il problema grave dell’elevato indebitamento in dollari Usa dato dalla valuta americana che si apprezza. Come evolverà la situazione in Medio Oriente è un’altra grande incognita di quest’anno. In quanto all’Eurozona, la crescita dell’euroscetticismo è un fattore negativo e le prossime elezioni andranno seguite da vicino per vedere fino a che punto il malcontento della popolazione europea si rifletterà nei Parlamenti. In quanto a Brexit, però, non prevediamo l’uscita degli inglesi dall’Europa anche se questa probabilità è cresciuta nel tempo.