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 2016  gennaio 14 Giovedì calendario

Quella che colpiva con l’acido era un’associazione a delinquere. Nel secondo processo Martina Levato prende 16 anni di carcere

Milano Aula 32, settimo piano del Palazzo di giustizia, ore 13 di ieri, la lettura della sentenza dura un paio di minuti. Sedici anni a Martina Levato; 9 anni e 4 mesi al complice Andrea Magnani. La pena stabilita dal giudice Roberto Arnaldi racconta però soltanto una parte della storia. Perché il peso della sentenza si fonda su tre elementi che, pur se in primo grado, da ieri hanno la consistenza della verità giudiziaria: dietro le aggressioni con l’acido avvenute a Milano tra il 2 novembre e il 28 dicembre 2014 c’è stata un’associazione a delinquere; quel gruppo, con l’amante della Levato (Alexander Boettcher), oltre a Pietro Barbini ha sfigurato anche Stefano Savi, e lo ha fatto per uno scambio di persona; la catena degli agguati, infine, ha avuto un preambolo quando la Levato, il 20 maggio 2014, ha tentato di evirare Antonio Margarito e lo ha poi denunciato per violenza sessuale: quella aggressione non è mai esistita e Martina è stata condannata anche per calunnia.
La sentenza inquadra in una cornice complessiva una delle vicende più nere nella storia criminale di Milano. Boettcher e Levato vennero arrestati dopo l’agguato a Barbini e per quello sono stati già condannati a 14 anni. Nelle settimane successive, le indagini del pm Marcello Musso, del procuratore Alberto Nobili e dell’ufficio prevenzione generale della polizia, diretto da Maria José Falcicchia, hanno però allargato lo scenario: c’era un complice (Magnani) e c’erano aggressioni precedenti. Ora l’incrocio delle due sentenze permette di chiarire il movente: in un lungo delirio di onnipotenza, ferocia e deviazioni sessuali, Martina doveva «purificarsi», e dunque aggredire tutti i ragazzi con i quali aveva avuto contatti (anche solo un bacio) mentre era l’amante di Boettcher. È stato così per Barbini e per il fotografo Giuliano Carparelli, che il 15 novembre 2014 si salvò dall’acido riparandosi con un ombrello. In primavera la Levato si era appartata con Carparelli fuori da un locale, e quando in ottobre tornò nella stessa discoteca per cercarlo, sbagliò persona. Per questo errore, 15 giorni prima della fallita aggressione al fotografo, è stato sfigurato Stefano Savi. La condanna a 9 anni e 4 mesi chiarisce anche il ruolo di Magnani, amico di Boettcher. Ha prestato l’auto per gli appostamenti; ha fatto le telefonate per attirare in trappola le vittime: è stato l’«aiutante». Il giudice non lo ha ritenuto credibile come imputato, che si giustificava sostenendo di aver seguito «inconsapevolmente» i due amici; il suo racconto è stato invece fondamentale (e basato su alcuni riscontri) nella veste di testimone, quando ha parlato dell’agguato a Savi e della lista di altri «obiettivi» da colpire. Il giudice ha stabilito un risarcimento di un milione di euro per Barbini e Savi; 50 mila euro per Carparelli e Margarito.
La sentenza avrà probabilmente altri due riflessi. Magnani e Levato sono stati condannati con rito abbreviato, mentre Boettcher ha scelto l’ordinario. Le udienze sono ancora in corso e seguono un percorso autonomo, ma ieri, con la condanna nel processo «parallelo» a Martina, un giudice ha riconosciuto la piena fondatezza delle stesse accuse a carico di Boettcher. Infine, messe insieme, le due condanne contro Martina arrivano a 30 anni. E questo avrà un peso nella battaglia legale che la ragazza e il suo amante stanno facendo perché il figlio che Martina ha partorito in carcere non venga dato in adozione.