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 2015  maggio 15 Venerdì calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Sergio Mattarella
Il Presidente del Senato è Pietro Grasso
Il Presidente della Camera è Laura Boldrini
Il Presidente del Consiglio è Matteo Renzi
Il Ministro dell’ Interno è Angelino Alfano
Il Ministro degli Affari Esteri è Paolo Gentiloni
Il Ministro della Giustizia è Andrea Orlando
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Pier Carlo Padoan
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Stefania Giannini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Giuliano Poletti
Il Ministro della Difesa è Roberta Pinotti
Il Ministro dello Sviluppo economico è Federica Guidi
Il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali è Maurizio Martina
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Graziano Delrio
Il Ministro della Salute è Beatrice Lorenzin
Il Ministro di Beni e attività culturali e turismo è Dario Franceschini
Il Ministro dell’ Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare è Gian Luca Galletti
Il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione è Marianna Madia (senza portafoglio)
Il Ministro per le Riforme Costituzionali e i rapporti con il Parlamento è Maria Elena Boschi (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Ignazio Visco
Il Presidente di Fca è John Elkann
L’ Amministratore delegato di Fca è Sergio Marchionne

Nel mondo

Il Papa è Francesco I
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Janet Yellen
Il Presidente della BCE è Mario Draghi
Il Presidente della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Xi Jinping
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è David Cameron
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è François Hollande
Il Primo Ministro della Repubblica francese è Manuel Valls
Il Re di Spagna è Felipe VI di Borbone
Il Presidente del Governo di Spagna è Mariano Rajoy Brey
Il Presidente dell’ Egitto è Abd al-Fattah al-Sisi
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Recep Tayyip Erdogan
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pranab Mukherjee
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Damodardas Narendra Modi
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Hassan Rohani

Ieri il ministro degli Interni Angelino Alfano è andato al programma televisivo Agorà e ha detto quanto segue: «Noi, se l’Onu ci dà l’ok, siamo pronti ad azioni mirate contro i trafficanti di esseri umani e a fare tutto quello che serve».

• Le azioni umane contro i trafficanti non sarebbero atti di guerra? Come mai ne parla il ministro degli Interni invece del ministro della Difesa? O magari degli Esteri?
La preoccupazione principale dei Paesi che l’altro giorno hanno raggiunto un accordo è di tenere un tono basso, al limite di non dire quasi quello che vogliono fare, in modo che al Consiglio di Sicurezza dell’Onu la Russia e la Cina possano far finta di non capire, e quindi non mettere il veto sulle intenzioni europee – stavolta condivise anche dagli inglesi – di andare a sparare sui barconi libici. Quindi è meglio che non si chiamino “atti di guerra” ed è meglio che ne parli il ministro meno titolato a parlare di questioni come questa (che sarebbe appunto argomento da Farnesina o da Difesa), cioè il capo del Viminale, Alfano. Il quale tratta la questione, appunto, come operazione di polizia. «Siamo pronti ad un piano militare energico, assumendocene anche la leadership. Siamo pronti ad un’azione di polizia internazionale contro gli scafisti sul modello di come si è fatta l’operazione antipirateria in Somalia…»

• Di che sta parlando?
Della missione Atalanta, varata nel 2008 dal Consiglio di sicurezza dell’Onu: navi dell’Unione europea, aerei tedeschi o svedesi, che pattugliano l’area compresa tra il Golfo di Aden, il Corno d’Africa, l’Oceano Indiano e le isole Seychelles. L’Italia è entrata nel gruppo delle 17 nazioni partecipanti nel 2009. La missione ha dato buoni risultati (in effetti della pirateria somala non sentiamo quasi più parlare) ed è stata proprio adesso prolungata fino al 2016.

• Questo accordo europeo è la stessa cosa?
Beh, è un po’ più feroce direi. Si preparerebbe una nuova missione, cui parteciperebbero una decina di nazioni, coordinata da Roma (ammiraglio Enrico Credendino) e destinata a contrastare i barconi degli schiavisti con un atto che è difficile non definire di guerra. I nostri scenderebbero nei porti del Nord Africa e affonderebbero le imbarcazioni. Oppure le prenderebbero di mira da lontano. Infine potrebbero affondarle anche in acque internazionali.

• Ammazzando i migranti imbarcati?
Tutti dicono di no, ma non è facile da credere. La morte di qualche civile sarebbe messa nel conto dei danni collaterali. Ci si deve anche chiedere: gli scafisti staranno fermi a guardare? Non ingaggeranno dei combattimenti? E in ogni caso: non potrebbero schiavisti e relative barche, una volta vista la mala parata in Libia, trasferirsi in Tunisia o in Egitto e partire da lì? Ieri il generale Mini ha scritto esplicitamente che, senza dirlo, ci stiamo preparando a una guerra. «L’intervento contro i trafficanti e le imbarcazioni comporta sicuramente combattimenti con le milizie locali e “danni collaterali”, ossia migranti innocenti, magari usati come scudi umani, che ci rimettono la pelle. L’ipocrisia di chiamarli danni collaterali può essere tradotta dal militarese (da un militare) in termini ancora più chiari: questi “danni” sono perdite previste e deliberate. Nel momento in cui si fa saltare un barcone sulla spiaggia con il dubbio che sia occupato da innocenti, si decide di sacrificarli. Se si mandano truppe contro uomini armati, qualcuno muore. Non è niente di casuale e non è collaterale, ma diretto».

D’altra parte qualcosa bisogna fare. Quest’estate si prevede un esodo di 200 mila disperati. Non è positivo che l’Europa abbia finalmente fatto suo il problema?
Sì, questo è molto positivo. La Commissione Ue ha stabilito che i profughi vadano redistribuiti tra 25 Paesi della Ue, escludendo Regno Unito, Irlanda e Danimarca, i cui accordi per l’ingresso nell’Unione danno loro la possibilità di chiamarsi fuori. Il numero di profughi da assegnare a ciascun Paese sarà stabilito tenendo conto della popolazione al 1° gennaio 2014, del Pil 2013, del numero di richieste ricevute e concesse, del tasso di disoccupazione a fine 2014. In base a questi criteri, all’Italia spetterebbe l’11,84% dei profughi, e questo significa che siamo già al di là di quanto ci viene richiesto: avremmo cioè il diritto di assegnare ai nostri partner circa 30 mila rifugiati. Dovremo però mettere in piedi, probabilmente entro luglio, sette campi in ciascuno dei quali ospitare 400 persone in attesa dello smistamento (mentre si tenterà di rimpatriare i clandestini): a Taranto, Augusta (Sr), Pozzallo (Rg), Porto Empedocle (Ag), Lampedusa, San Giuliano (Pi). E due caserme a Civitavecchia e a Messina. (leggi)

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