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 2015  maggio 15 Venerdì calendario

Ma le gite scolastiche hanno ancora un senso? La tragedia del liceale di Padova precipitato dal quinto piano di un albergo milanese in circostanze ancora nebulose riporta tristemente alla ribalta un interrogativo mormorato da anni. Per i ragazzi del Novecento la gita di classe rappresentava un rito di iniziazione. Oggi non è più così

Ma le gite scolastiche hanno ancora un senso? La tragedia del liceale di Padova precipitato dal quinto piano di un albergo milanese in circostanze ancora nebulose riporta tristemente alla ribalta un interrogativo mormorato da anni. Per i ragazzi del Novecento la gita di classe rappresentava un rito di iniziazione. Era in quella terra di nessuno, sganciata dalle consuetudini quotidiane e dalla presenza castrante della famiglia, che si scambiavano i primi baci, si prendeva la prima sbornia e si imparava a cantare in coro una canzone (di solito «Azzurro»). Si visitavano anche parecchi monumenti, a cui però solo una minoranza di esteti dedicava vera attenzione, gli altri essendo più interessati alle divagazioni goliardiche che l’atmosfera sospesa della trasferta poteva garantire.
Oggi quell’atmosfera non esiste più. I ragazzi sono connessi di continuo col mondo e hanno meno urgenza di conoscerlo dai finestrini di un pullman. Non hanno neppure il desiderio impellente di allontanarsi dalla famiglia, dove godono di ogni libertà. I genitori poveri vivono la gita come un salasso o una potenziale umiliazione. Tutti gli altri come un momento di ansia. Quanto ai professori, sono oppressi dalle responsabilità, a cui non fa da contraltare neppure il riconoscimento di uno straordinario. Molti di loro arrivano a sorteggiare il nome del malcapitato che dovrà offrirsi come accompagnatore. Proprio a scuola ci hanno insegnato che in natura ogni cosa esiste finché soddisfa un bisogno. Ma quale bisogno soddisfa oggi la gita scolastica, se non quello di restare ancorati a un’abitudine, a una nostalgia che nessuno prova più?