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 2015  maggio 15 Venerdì calendario

Notizie tratte da: Stefan Klein, Il tempo. La sostanza di cui è fatta la vita, Bollati Boringhieri Torino 2015, pp

Notizie tratte da: Stefan Klein, Il tempo. La sostanza di cui è fatta la vita, Bollati Boringhieri Torino 2015, pp. 300, 22 euro.

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«Il tempo è la sostanza di cui è fatta la vita». [Benjamin Franklin]

In La montagna incantata di Thomas Mann il giovane Hans Castrop, nei sette anni di permanenza nel sanatorio di Davos, perde il senso del tempo. Dirà: «È proprio strano come il tempo in una località nuova sia lungo da principio. Cioè… Ovviamente non intendo dire che mi annoio […]. Ma se mi volto, ossia allo sguardo retrospettivo […], mi sembra di essere quassù da quanto». [Thomas Mann, La montagna incantata 1924]

«Lunghi periodi di tempo, se non s’interrompe l’uniformità, si restringono in modo da far paura; se un giorno è come tutti, tutti sono come uno solo; e nell’uniformità perfetta la più lunga vita sarebbe vissuta come fosse brevissima e svanirebbe all’improvviso». [Dal brano di Thomas Mann intitolato Digressione sul senso del tempo]

Che succede al nostro orologio interno se per settimane non succede nulla. Il geologo francese Michel Siffre provò a rispondere. E così nel 1962 fissò il suo domicilio in una caverna a 130 metri di profondità, scese il 16 luglio e risalì il 14 settembre. Scoprì poi che in quei giorni di oscurità e solitudine il suo orologio interno aveva perso 25 giorni. Il taccuino del ricercatore, infatti, era fermo al 20 agosto. Peggio andò a Véronique Borel-Le Gue, i suoi 111 giorni sotto terra, per verificare empiricamente l’esistenza dell’orologio interno, le furono fatali. Dopo un anno si suicidò.

Ci sono popoli, non civilizzati, che non hanno parole come minuti od ore.

«La durata del giorno biologico in un individuo è costante; nel corso dell’intera vita le variazioni […] sono al massimo di un paio di minuti».

La nostra nascita e la nostra morte dipendono dall’orologio interno. Con più probabilità si nascerà intorno alle quattro del mattino. Mentre la morte concede un’ora in più, la sua massima probabilità si aggira intorno alle cinque.

L’orologio interno funziona anche dopo la morte. Si è infatti visto che «se lo si asporta dal cervello e lo si conserva in una soluzione nutritiva, il nucleo soprachiasmatico continua a emettere impulsi ancora per giorni».

Mimose. Il fisico francese Mairan, quando si accorge che le mimose sul suo davanzale prendono a girarsi tutte insieme verso il sole e che queste continuano a farlo anche quando sono nel buio di una stanza, scopre che anche le piante hanno un orologio interno. Nel 1729 scriverà: «L’attività delle piante è connessa a quel senso sottile che fa percepire ai malati bloccati in un letto la differenza fra il giorno e la notte». [Jean-Jacques Dortous de Mairan]

Linneo pianta un orologio nei fiori del suo giardino e scopre che una dozzina di fiori, tutti diversi tra loro, segnano il tempo con la loro apertura e chiusura. Margine d’errore una mezz’ora circa. [Carl von Linné, naturalista]

Alcol. Se beviamo alcol alle ore 20 questo ci farà meno male che in altri orari. Il fegato infatti a quest’ora secerne l’alcol deidrogenasi, quell’enzima che scompone l’alcol e ne rimuove ogni dannosità.

Esperimento. All’interno delle drosofile, quell’insetto conosciuto anche come moscerino della frutta, un giorno fu introdotta la luciferina, il gene che fa lampeggiare le lucciole. E, con essa, altri geni responsabili della regolazione dell’orologio interno. Il risultato fu che le drosofile, ovunque fosse in funzione un orologio, presero a emettere luce dalle parti più inverosimili: dalle antenne, dalle zampe, dall’addome e dalla testa.

«Lei è un uomo sorprendente!», disse Oscar Wilde a un conoscente che lo pregava di fargli visita intorno alle nove del mattino, aggiungendo: «non rimarrei mai alzato fino a quell’ora. Alle cinque sono già a letto».

Albert Einstein quando ne aveva bisogno si concedeva una breve siesta. Aveva un trucco tutto suo per assicurarsi che questa durasse poco. La sua sveglia consisteva in un tonfo metallico. Tra il pollice e l’indice, infatti, s’infilava un mazzo di chiavi pronto a cadere al minimo sussulto.

«Il 66 per cento di tutti gli accoppiamenti si verifica fra le ventidue e l’una dopo mezzanotte… Nel 38,6 per cento di questi casi le donne non raggiungono l’orgasmo. Se il rapporto sessuale si verifica prima, i risultati sono considerevolmente migliori». [John Palmer, Diurnal and Weekly, But Not Lunar Rhythms in Humans Copulation]

Honoré de Balzac in 51 anni di vita scrisse 90 romanzi. Ci riuscì andando a letto, puntuale, alle 18. E, quando a mezzanotte si metteva a lavorare dapprima trangugiava due tazze di caffè molto forti, poi uno ogni sei ore. Così poteva andare avanti a scrivere anche per 15, a volte 24, ore di fila. Non a caso del caffè diceva che: «faceva marciare i pensieri come battaglioni».

«Dopo l’assunzione di 200 milligrammi di caffeina, alcuni soggetti sperimentali valutarono intervalli di tempo del 50 per cento più brevi di quanto non fossero effettivamente». [Esperimento condotto dallo psicologo americano Richard Block]

Nello stabilimento della Volkswagen, a Wolfsburg, dove si montano Golf 24 ore su 24, il cronobiologo Till Roenneberg fece allestire, in alcune sale, delle lampade speciali. Queste emettevano una luce insolitamente intensa con tanto di ombre, tanto da sembrare luce diurna. Poté così constatare che con questa luce i lavoratori non solo erano più svegli ma si sentivano anche meglio.

Tra i mattinieri che hanno fatto la storia ci sono Goethe, già attivo prima delle cinque del mattino, e Thomas Mann.

Il maestro Yang Chengfu era solito dire: «Cerca l’immobilità nel movimento e il movimento nell’immobilità».

Il tennista americano Jimmy Connors, quello che ha trionfato a Wimbledon, quando giocava vedeva la palla non solo gigantesca ma anche di una lentezza estrema. Riferì che aveva raggiunto la cosiddetta «zona trascendente».

Bolero. La composizione Bolero di Maurice Ravel è formata da un’unica melodia e un unico ritmo. Quel che cambia sono il volume dei suoni e il timbro. Il maestro chiamò l’opera «pezzo per orchestra senza musica».
«Nel tennis da tavolo la mano del giocatore si muove a 50 Km all’ora per raggiungere la pallina che viaggia verso il suo campo a velocità che possono raggiungere i 200 Km all’ora. Se non si indirizza il proprio colpo con una precisione al millesimo di secondo, il punto andrà all’avversario».

Nelle foreste di mangrovie tropicali vive un pesce dotato di una perfetta coordinazione temporale, è il pesce arciere. Un suo getto d’acqua, ben mirato, riesce ad abbattere insetti che volano anche a due metri dalla superficie dell’acqua.

«Quando camminiamo, scriviamo o affettiamo una cipolla, quasi tutti i movimenti si compiono in un tempo massimo di tre secondi, la maggior parte in meno. Poi il procedimento si ripete, o ne segue un altro».

«Gli abitanti di città con milioni di abitanti, come Tokyo o Monaco di Baviera, si muovono, leggono e reagiscono in media con una rapidità più che doppia di quella dei contadini greci». [Da uno studio, degli anni novanta del ‘900, condotto dallo psicologo sociale Robert Levine.]

Il film di Albert Hitchcock Nodo alla gola, Rope, s’ispira a un vero fatto di cronaca. Nella Chicago del 1924 due figli di milionari vollero dimostrare la loro superiorità intellettuale. Mossi dal piacere di commettere un crimine, uccisero un loro amico. Doveva essere il ‘delitto perfetto’.

Il tema di Nodo alla gola è il tempo. Il regista qui gioca con esso. La pellicola di 80 minuti è formata da un unico lungo piano sequenza. La camera da presa segue gli attori, dall’inizio alla fine, senza mai un salto di prospettiva o di tempo. Allo spettatore, ad esempio, la scena della festa sembra durare tre ore. Poco importa che nella realtà si tratti di una mezz’ora appena. [Albert Hitchcock, Rope]

In Nodo alla gola la scena dello strangolamento di David pare girata al rallentatore. Non si tratta di un artificio del regista, bensì dei sentimenti che animano lo spettatore. A far sembrare la velocità deformata, con i secondi dilatati, infatti, è la speranza che questa tormentosa sensazione finisca presto.

«Quando si è stati due ore con una ragazza carina si ha la sensazione che siano trascorsi due minuti; se si sta seduti per due minuti su un forno molto caldo, si ha la sensazione che siano due ore. Questa è la relatività». [Albert Einstein]

Quando a dei musicisti fu chiesto di respirare più rapidamente questi, senza accorgersene, di riposta suonarono più velocemente. [Da uno studio del neurologo di Lubecca Ferdinand Binkofski]

I cinesi riescono a ricordare anche i numeri di telefono più lunghi. Questo perché pronunciano le loro sillabe più velocemente degli europei. Un numero, infatti, resta nella coscienza solo se non si impiegano più di tre secondi a ripeterlo mentalmente. Passati i quali la coscienza si svuota per rendere possibili altre percezioni.

I sensi hanno una velocità di reazione diversa. La vista è dieci volte più lenta dell’udito. Ciò che per l’udito è passato, per la vista è ancora nel futuro. Si tratta di una non-coincidenza che non percepiamo perché il cervello la corregge rallentando deliberatamente le informazioni più veloci. «L’“adesso”, come lo percepiamo, è un’illusione».

«Al Faust di Goethe il presente sembrava troppo monotono per poter essere felice».

Nel corso di un esperimento sulla concentrazione della durata di mezz’ora i soggetti coinvolti dovevano risolvere un puzzle. E premere un pulsante ogni volta che si distraevano. In media suonarono più di 40 volte. [Leonard Giambra, psicologo americano]

«Noi non possiamo mai stare senza far nulla. Come l’acqua entra in una bottiglia vuota che gettiamo in mare, così anche una mente vuota si riempie subito di pensieri».

Con l’aiuto del metodo dei segnali acustici lo psicologo Russell Hurlburt ha esaminato la vita interiore di quasi duemila persone. I partecipanti, quando sentivano un bip, dovevano annotare a cosa stessero pensando. Si è potuto così verificare che i nostri pensieri sono molto più banali di quanto non si pensi. Ad esempio, la voce interiore della studentessa Sonja per tutto il giorno canticchiava i nomi di due barrette al cioccolato: «Twinkies, Granola».

«L’attenzione si può paragonare a un monitor di computer rimasto finora in stand by che si illumina e mostra tostapani volanti finché dall’esterno non arrivano nuovi segnali».

«Crediamo che la vita sia una fonte che non si esaurisce mai», è quanto scriveva Paul Bowles. «E tuttavia ogni cosa accade solo poche volte, in verità molto poche. Quante volte ricorderemo ancora un determinato pomeriggio della nostra infanzia che è diventato a tal punto parte della nostra vita che non potremmo rappresentarcela senza di esso? Forse quattro o cinque volte. O forse meno. Quante volte andremo ancora a vedere la luna piena? Forse ancora venti volte». [Paul Bowles, scrittore americano]

Il signor H.M. vive esclusivamente nel presente. Non per vocazione ma per un disturbo che lo ha reso l’uomo senza ricordi. La sua condizione fu resa tale da un intervento chirurgico in cui gli asportarono l’ippocampo, fondamentale per fissare i ricordi. Adesso in lui nessuna esperienza si cristallizza e così tutto in meno di un minuto sfugge per sempre dalla sua memoria. [Il signor H.M. vive in una casa di riposo nel Connecticut, dopo che il neurochirurgo William Scoville, per curare la grave forma di epilessia che lo affliggeva, lo sottopose ad un intervento le cui conseguenze furono tanto radicali quanto inaspettate. E per questo ha attirato l’attenzione di centinaia di scienziati.]

Nei ricordi, scrisse W. G. Sebald, «si celano cose ancora più vecchie, proprio come in un sotterraneo labirintico».

Se ricordiamo cosa stavamo facendo l’11 settembre 2001, il giorno dell’attentato alle Torri gemelle, è merito dell’adrenalina. Le ghiandole surrenali la producono proprio nei momenti di grande eccitazione. [Questi sono i c.d. «ricordi flash», secondo la definizione dello psicologo Ulric Neisser]

«Il ricordo è come un cane, che si sdraia dove vuole». [Cees Nooteboom, scrittore olandese]

Nel 1912 un asmatico Marcel Proust si rinchiuse in una stanza isolata acusticamente e oscurata con pannelli di sughero. E da qui, e fino alla sua morte, quasi non ne esce più. Proust era affascinato dall’idea di Henri Bergson, quella sull’esistenza di due tempi, uno degli orologi e uno della coscienza. Quest’ultimo oggetto del nostro mondo interiore personale. E, partendo dall’intuizione del filosofo, pensò bene di riportare alla luce tutti i tesori della sua memoria. In Alla ricerca del tempo perduto passerà in rassegna tutta la sua vita e la sua epoca.

«Un’ora non è soltanto un’ora, è un vaso colmo di profumi, di suoni, di progetti e di climi». [Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto]

Il tempo passato per Marcel Proust, in Alla ricerca del tempo perduto, è il suono di una campanella che da piccolo udiva nella casa dei genitori: «io li udivo ancora, quei suoni stessi udivo, pur situati così lontano nel passato […]. Per cercar di udirlo più da vicino, ero costretto a scendere nel profondo di me stesso. Quello scampanellio dunque vi esisteva sempre, e con esso, posto fra esso e l’attimo presente, tutto quel passato indefinitamente trascorso che ignoravo di portare in me».

«Marcel Proust fa dire al suo narratore alla fine del romanzo: “Ero colto da vertigini al vedere sotto di me, e tuttavia in me, quasi io avessi miglia di profondità, tanti anni”. Nell’immagine del passato concepita dal protagonista, sembrava “quasi che gli uomini se ne stessero appollaiati su vivi trampoli, sempre e senza tregua crescenti, a volte più alti dei campanili”».

La rappresentazione del tempo s’impara faticosamente. Un bambino di nove anni rispose così alle domande dello psicologo svizzero Jean Piaget: «“Quanto tempo impieghi per andare dalla scuola a casa?”. “Dieci minuti”. “E se corri vai più veloce o più lento?”. “Più veloce”. “Allora impiegherai più tempo o meno tempo?”. “Più tempo”. “Quanto tempo?”. “Più di dieci minuti”».

Anche il cervello invecchia. «Nel settimo decennio di vita la massa cerebrale comincia a contrarsi; ogni anno si rimpicciolisce dello 0,50-1,00 per cento».

Konrad Adenauer diventò cancelliere della Germania Federale a settantatre anni. Comunque sempre più giovane di Nelson Mandela che, quando fu fatto presidente del Sudafrica, di anni ne aveva settantasei.

Goethe si lagnava dei ritmi troppo veloci del suo tempo. Tanto che, in una lettera che presumibilmente arrivò al suo destinatario, l’amico e compositore Zelter, almeno una settimana dopo, si lamentava di «ferrovie, poste celeri e navi a vapore».

Quando uscì 2001: Odissea nello spazio, il film di fantascienza di Stanley Kubrick, gli spettatori del 1968 ritennero che la pellicola sollecitasse oltremodo le loro pupille. Oggi le stesse scene, verosimilmente, potrebbero farci perdere la pazienza per la loro lentezza.

Nel 2003 quando rimontarono Le avventure dell’Astronave Orion, a tre decenni dalla sua uscita, i produttori accelerarono di quasi il doppio alcune scene. Nessuno, nemmeno i vecchi fan di culto, dati i ritmi di vita superiori rispetto al passato, se ne accorse.

Goethe in Poesia e verità riconosce: «Poiché si ha sempre abbastanza tempo quando lo si vuole usar bene, a volte mi è riuscito il doppio e il triplo». «Il tempo è infinitamente lungo, e ogni giorno è un recipiente in cui si può versare moltissimo, se lo si vuole realmente riempire».

Jonathan Swift nel romanzo I viaggi di Gulliver sbeffeggia la nascente ossessione della sua epoca per l’orologio. Qui descrive lo stupore dei lillipuzziani alla vista dell’orologio indossato dal protagonista: «Pensiamo che dev’essere o un qualche animale ignoto, o la divinità ch’egli venera, propendiamo per quest’ultima opinione, perché ci affermò […] che non faceva mai nulla senza consultar prima quell’oracolo che gl’indicava il tempo per ogni atto della sua vita».

Nel club dell’orologio, fondato verso la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, un gruppo di americani poveri riunirono tutti i loro risparmi pur di comprare, finalmente, un orologio.

«Il tempo che fino a oggi ti veniva portato via o carpito o andava perduto raccoglilo e fanne tesoro […]; della nostra esistenza buona parte si dilegua nel fare il male, la maggior parte nel non far niente». [Seneca a Lucilio sulla gestione del tempo, 62 d.C.]

Seneca teneva conto delle sue spese: «da persona prodiga, ma attenta. Non posso dire che non perdo niente, ma posso dire che cosa perdo, perché e come».

Multitasking. Il multitasking sarebbe cosa facile per il dio indiano Shiva, notoriamente dotato di sei braccia. Il concetto, che deriva dal linguaggio dell’informatica, è la tecnica grazie alla quale un processore può suddividere la sua prestazione in vari processi. Ma, come ha osservato il premio Nobel per la letteratura John Steinbeck: «Volendo guadagnare tempo si finisce col perderne molto di più».

Colui che ha coniato il concetto di stress lo definisce come «una sindrome di mutamenti aspecifici con cui un sistema biologico si adatta ai cambiamenti che si verificano nell’ambiente». [Hans Selye, fisiologo austriaco-canadese]

Le zebre non hanno l’ulcera perché corrono. Al ricercatore americano sullo stress Robert Sapolsky questa connessione è bastata per stabilire che le attività sportive in definitiva riequilibrano il livello di stress.

Eraclito disse: «Non entrerai due volte nello stesso fiume». Le cose intorno a noi cambiano, non a caso nel fiume l’acqua scorre sempre nuova.

Per il padre della fisica moderna «il tempo assoluto, vero, matematico […], senza relazione ad alcunché di esterno, scorre uniformemente». [Isaac Newton]

Lettere di fuoco quelle indirizzate da Gottfried Wilhelm Leibniz a Isaac Newton. Oggetto: i limiti della fisica newtoniana. Per il filosofo di Hannover il passare del tempo e il corso dell’Universo erano connessi fra loro. Il padre della fisica moderna non rispose mai personalmente alle critiche. Per farlo incaricò il filosofo Samuel Clarke.

Albert Einstein aveva sedici anni quando, in uno dei suoi fantasiosi esperimenti mentali, immaginò di viaggiare su un raggio di luce.

Se oggi in auto abbiamo il navigatore satellitare GPS è merito della teoria della relatività di Einstein. «Nei satelliti, i cui segnali indicano una via attraverso una città estranea all’automobilista, il tempo scorre più lentamente».

È il 1971 quando il fisico americano Joseph Hafele compie un viaggio intorno al mondo per misurare la discordanza di tempo predetta da Einstein. Come inseparabile compagno d’avventure, legato su un sedile accanto a lui, un ingombrante orologio atomico. Bizzarra la prenotazione che fece quando, non potendo prendere l’aereo della marina americana, dovette servirsi di un normale volo di linea. Prenotò i biglietti a nome di «Mister Clock». A viaggio ultimato, una volta rincasati nel laboratorio di Washington, l’orologio al cesio risultava indietro esattamente di 59 miliardesimi di secondo rispetto al suo gemello rimasto alla base.

Per Einstein tutto ciò che accade nel tempo potrebbe anche svolgersi alla rovescia. Principio, questo, che potremmo applicare alla pellicola Match Point. Il regista Woody Allen inizia il film con una pallina da tennis che vola di continuo da sinistra a destra e da destra a sinistra. Se questa stessa scena la vedessimo in rewind non sapremmo dire in quale direzione, in realtà, la palla si stia muovendo.

«Si può riconoscere l’intimo stato di salute di un paese dalla misura in cui la popolazione possiede la capacità di essere inoperosa». [Sebastian De Grazia, fisico americano]

Il cronobiologo americano Jay Dunlap «paragona il corpo umano a un gigantesco negozio di orologi, nel quale molti orologi ticchettano percepibilmente, mentre altri sono fermi».

«Soltanto chi vive per l’attimo, vive per il futuro». [Heinrich von Kleist]

«Camminate nel presente di Dio». [Benedetto da Norcia]

Nelson Mandela, durante il suo isolamento nelle prigioni del Sudafrica, diceva: «ogni ora mi sembrava un anno».

«Ogni tempo corre tanto più veloce quanto più si è felici». [Plinio il Giovane]

«Il tempo è scombinato». [William Shakespeare, Amleto]

Lo scrittore W. G. Sebald descrive così il potere degli orologi: «l’avanzare di questa lancetta, simile a una spada del boia, quando essa separa il prossimo sessantesimo d’ora dal futuro».

«Il tempo è l’elemento in cui noi esistiamo», scriveva Joyce Carol Oates, «noi ne veniamo trasportati o affoghiamo in esso».

«Viviamo la nostra vita in uno stato di stimolazione che i nostri avi conobbero solo in battaglia». [Mark Helprin]

«L’orologio, non la macchina a vapore, è stato la macchina decisiva per la moderna epoca industriale». [Lewis Mumford, storico americano]

«Non è il fiume che scorre bensì l’acqua. Non sono gli anni che passano ma noi». [Harvé Bazin]

«Soffriamo tutti per il timore di non aver tempo per tutto, e non sapevamo che aver tempo nient’altro significa che non avere tempo per tutto». [Robert Musil, L’uomo senza qualità]

Sedici ore è il tempo di autonomia del nostro corpo, passate le quali iniziamo a sentirci stanchi.