Il Messaggero, 15 maggio 2015
L’avanzata dell’Isis: dopo Nimrud, Hatra e Mosul anche Palmyra rischia di essere distrutta dalla ferocia dei miliziani. Nella sua follia il Califfo Nero potrebbe ritenerla un simbolo occidentale da abbattere, con ruspe e dinamite. Intanto decine di teste sono state tagliate nella battaglia per la conquista della zona
Palmyra: la Sposa del deserto, la Venezia tra le dune, bella da mozzare il fiato, rischia di essere distrutta dalla follia dei miliziani dell’Isis che sono arrivati a lambire i confini di uno dei siti archeologici più importanti al mondo. Un’area imponente, con templi quasi intatti, la magnifica agorà, la colonnata, le vestigia romane. Il luogo è carico di fascino, di storia e di mistero.
Protetta dall’Unesco, Palmyra è in evidente pericolo per l’avanzata dello Stato Islamico che nella sua follia potrebbe ritenerla un simbolo occidentale da abbattere, da sfregiare, da demolire, con ruspe e dinamite, esattamente come è stato fatto anche per i siti archeologici iracheni, oltre che per il memoriale del genocidio armeno, completamente raso al suolo l’anno scorso, nei pressi di Deir es Zor, a poche decine di chilometri da lì. Templi e colonnati, statue e vestigia maestose marmoree che mutano il colore a seconda del vento e degli spostamenti solari.
LEGGENDA
Dalla sua scoperta, avvenuta alla fine del XVII secolo, da parte di mercanti britannici venuti da Aleppo, e, soprattutto, a seguito della decifrazione della lingua palmirene da parte dell’abate Barthélemy, Palmyra si è imposta come una città favolosa, leggendaria, le cui rovine si elevano improvvisamente in mezzo al deserto, visibili sin da lontano, come un miraggio o anche un mistero tanto da essere stata a lungo oggetto di studi. L’enigma della storia di Palmyra (e della sua conservazione) è stato svelato da un gruppo di studiosi francesi, tedeschi, polacchi e, siriani che, negli ultimi decenni, hanno condotto importanti scavi, studi architettonici, ricerche epigrafiche. I jihadisti dell’Isis, secondo le informazioni rimbalzate su Twitter grazie ad alcune ong, sono stati localizzati a 240 chilometri a nord-est di Damasco. Palmyra potrebbe essere il loro prossimo obiettivo.
Del resto che gli uomini del Califfo Nero siano arrivati a breve distanza dal sito è stato drammaticamente confermato dalla notizia dell’esecuzione di 26 civili, proprio nelle immediate vicinanze. Dieci uomini sono stati sgozzati secondo il macabro rituale islamico. L’Osservatorio siriano per i diritti umani ha lanciato un grido di allarme. «Palmyra è seriamente minacciata». Poco più tardi il direttore dell’ong, Rami Abdel Rahman, confermava ad Al Jazeera che «la battaglia è in corso a soli due chilometri di distanza», e che l’Isis ha già preso il controllo di tutti i posti di blocco dell’esercito tra al Sukhna e Palmyra.
Anzi proprio a Sukhna sono state eseguite le «condanne a morte» delle vittime che gli estremisti hanno bollato come «agenti del regime» siriano. Nel frattempo i siti che fanno capo alla galassia jihadista hanno mandato in rete diversi messaggi di vittoria per la presa di Palmyra, festeggiando di fatto l’obiettivo raggiunto, corredando di fotografie l’avanzata.
APPELLO
Anche il direttore dei Beni archeologici siriani ha lanciato un appello alla Comunità internazionale implorandola a non restare inerte, a mobilitarsi per impedire lo scempio. «Bisogna agire prima e non dopo la distruzione, come è già avvenuto – ha affermato Maamoun Abdulkarim – poichè se l’Isis entra a Palmyra sarà la devastazione, una catastrofe internazionale, mondiale. Purtroppo si possono mettere in salvo le statue, ma come si può proteggere l’antica architettura?». La paura è che non venga risparmiata dalle milizie jihadiste.