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 2013  giugno 10 Lunedì calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Giorgio Napolitano
Il Presidente del Senato è Pietro Grasso
Il Presidente della Camera è Laura Boldrini
Il Presidente del Consiglio è Enrico Letta
Il Vicepresidente del Consiglio è Angelino Alfano
Il Ministro degli Interni è Angelino Alfano
Il Ministro degli Esteri è Emma Bonino
Il Ministro della Giustizia è Anna Maria Cancellieri
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Fabrizio Saccomanni
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Maria Chiara Carrozza
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Enrico Giovannini
Il Ministro della Difesa è Mario Mauro
Il Ministro dello Sviluppo economico è Flavio Zanonato
Il Ministro delle Politiche agricole è Nunzia De Girolamo
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Maurizio Lupi
Il Ministro della Salute è Beatrice Lorenzin
Il Ministro di Beni culturali e Turismo è Massimo Bray
Il Ministro dell’ Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare è Andrea Orlando
Il Ministro degli Affari europei è Enzo Moavero Milanesi (senza portafoglio)
Il Ministro di Affari regionali e autonomie locali è Graziano Delrio (senza portafoglio)
Il Ministro della Coesione territoriale è Carlo Trigilia (senza portafoglio)
Il Ministro dell’ Integrazione è Cécile Kyenge (senza portafoglio)
Il Ministro delle Pari opportunità, dello Sport e delle Politiche giovanili è Josefa Idem (senza portafoglio)
Il Ministro di Pubblica amministrazione e Semplificazione è Gianpiero D’Alia (senza portafoglio)
Il Ministro dei Rapporti con il Parlamento e di Coordinamento dell’attività è Dario Franceschini (senza portafoglio)
Il Ministro delle Riforme costituzionali Gaetano Quagliariello (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Ignazio Visco
Il Presidente della Fiat è John Elkann
L’ Amministratore delegato della Fiat è Sergio Marchionne
Il Segretario Nazionale dei Popolari-UDEUR è Clemente Mastella

Nel mondo

Il Papa è Francesco I
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Ben Bernanke
Il Presidente della BCE è Mario Draghi
Il Presidente della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Xi Jinping
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è David Cameron
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è François Hollande
Il Primo Ministro della Repubblica francese è Jean-Marc Ayrault
Il Re di Spagna è Juan Carlos I
Il Presidente del Governo di Spagna è Mariano Rajoy Brey
Il Presidente dell’ Egitto è Muhammad Mursi
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Abdullah Gül
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pranab Mukherjee
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Manmohan Singh
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Mahmud Ahmadinejad

Si guarda con malinconia al voto di ieri: sono andati alle urne il 24,6 per cento degli aventi diritto, il 6 per cento in meno dei pochi che avevano partecipato al primo turno. Roma è addirittura scesa al 23,49%, un calo leggermente inferiore a quello del resto d’Italia, ma solo perché, tendendo a zero, è evidente che la flessione frena. A Roma, in particolare, Alemanno sperava di recuperare la posizione su Marino proprio portando al voto gente che al primo turno s’era astenuta.

Sarà anche un effetto dell’indicazione data dal Movimento 5 Stelle, che a Roma ha raccomandato di non appoggiare nessuno dei due concorrenti.
Anche il quarto candidato, Alfio Marchini, non ha voluto apparentarsi con nessuno. Questo ha aiutato la poca voglia di tutti. E però non è solo questione di Roma, perché la gente è rimasta a casa o è andata in gita praticamente ovunque. Guardi la Sicilia, dove si sta votando il primo turno delle comunali e Grillo era impegnatissimo a predicare (ha persino detto, in un crescendo che non si sa dove potrà finire, che «il Parlamento è morto, lo abbiamo aperto come una scatola ed era vuoto»): Ragusa 10,9% contro il 13,95 dell’altra volta, Catania 12,04 (12,01), Messina 14,14 (13,85), Enna 11,03 (10,33). Eccetera, non voglio tediarla con un subisso di percentuali. Ricordiamo che il ballottaggio riguarda 11 capoluoghi di provincia: Ancona, Avellino, Barletta, Brescia, Iglesias, Imperia, Lodi, Roma, Siena, Treviso e Viterbo. Oggi alle 15.00 si chiude, e una mezz’ora dopo dovremmo già avere idea di quello che è successo.  

Come funziona col voto disgiunto? Se uno vota il sindaco di destra e la lista di sinistra e a un certo punto risulta maggioritaria una lista che non è apparentata col sindaco vincente?
Le liste collegate al sindaco vincente si spartiscono il 60% dei seggi. Le altre il resto. Nei comuni con meno di 15 mila abitanti (dove non si va al ballottaggio e vince semplicemente il candidato che ha preso più voti) le liste collegate al sindaco ottengono i due terzi dei seggi. Per un certo periodo si è immaginato che il sistema delle elezioni comunali potesse essere adottato anche per le politiche nazionali («sindaco d’Italia»). Idea mai presa seriamente in considerazione. Conviviamo così con sei sistemi elettorali: quello per i Comuni, quello per le Province, quello per le Regioni, quello per la Camera, quello per il Senato, quello per il Presidente della Repubblica.  

Tornando alla faccenda dell’assenteismo: il sindaco di Firenze, però, che ieri s’è fatto intervistare in pubblico, ha riempito il Salone dei Cinquecento.
Intanto non ha rischiato di farsi intervistare in piazza. E comunque è un caso diverso: Matteo Renzi è secondo in classifica col suo libro, è popolare, è un personaggio circondato da un minimo di passione (quella che sembra mancare del tutto in queste comunali) e, soprattutto, costituisce il casus belli del suo partito. La questione in questo momento infatti è: ha intenzione di candidarsi per la segreteria o no? Si sa che il sindaco di Firenze ha sempre pensato se stesso a Palazzo Chigi, anche la partecipazione alle primarie dell’anno scorso era stata decisa perché, se avesse vinto, sarebbe stato automaticamente candidato alla presidenza del Consiglio. Come comportarsi, invece, se la segreteria del partito non introduce più al premierato? I democratici hanno intenzione di cambiare lo statuto su questo punto, cioè di scindere la figura del capo del governo da quella del capo del partito. Soprattutto, a Palazzo Chigi c’è Enrico Letta, che Renzi non può considerare né un avversario né un soggetto politico da rottamare.  

I due si sono incontrati.
Sì, sabato scorso. E l’esito del colloquio è noto. Letta ha garantito a Renzi il suo appoggio, se Renzi deciderà di candidarsi alla segreteria. Poi ha aggiunto: «Dopo di me, tocca a te». Renzi ha risposto: sarò leale con il governo, cioè non farò niente per farlo cadere. Però bisogna evitare che, a forza di rinvii e di mezze decisioni, il governo si trasformi in un governicchio.  

Che cosa ha aggiunto nell’intervista pubblica di ieri?
Ha detto chiaro e tondo che l’idea di far slittare il congresso non esiste. La decisione finale sulla candidatura alla segreteria sarà presa solo dopo che saranno state fissate le regole, e non prima. Se le regole saranno come quelle delle ultime primare, cioè, Renzi rinuncerà a correre. In altri termini: il sindaco di Firenze vuole in qualche modo che sia il partito a chiamarlo e, poi, a sostenerlo. Ha quindi confermato il suo appoggio al presidente del Consiglio: «Se Letta cambia l’Italia, io sto con Letta». Infine: è contrario al voto che renda ineleggibile Berlusconi: «Allora dovevamo farlo subito. Non è che dopo 19 anni che ti batte ti inventi il giochino per tenerlo fuori del Parlamento. Noi vinceremo quando vinceremo le elezioni, non quando squalificheremo l’avversario». (leggi)

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