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 2013  giugno 10 Lunedì calendario

CHAPTER 11 FA BENE IL FALLIMENTO ALL’AMERICANA

Sul finire dell’Ottocento, dopo la corsa all’Ovest le società americane che gestivano le nuove ferrovie transcontinentali entrarono in crisi. I creditori si resero conto che non avrebbero ricavato nulla dalla vendita di binari e traversine ed accettarono di ricapitalizzare le società perché continuassero ad operare, confidando in tal modo di poter essere pagati nel lungo temine. Nacque così la procedura americana di reorganization, poi consolidatasi nel 1978 nel Chapter 11 del Bankruptcy Act. I casi Chrysler, General Motors, United Airlines, Delta, e molti altri, hanno confermato che l’interesse dei creditori e dell’economia in generale è meglio servito da procedure di ristrutturazione, fondate sull’accordo tra debitore e creditori e su un piano approvato da questi ultimi, che consentano di salvare l’impresa in crisi, invece di liquidarla. Tale sistema è oggi adottato da quasi tutti i Paesi maggiormente industrializzati; nel 2006 si è finalmente allineata anche l’Italia. Il nostro Chapter 11 si chiama concordato preventivo e l’introduzione della disciplina è stata capace di fare risalire l’Italia di molte posizioni nella graduatoria Doing Business della Banca Mondiale. Nel settembre 2012 sono state introdotti i nuovi istituti del concordato con riserva (o in bianco) e del concordato con continuità aziendale. Il primo permette di ottenere subito, con la presentazione della domanda, l’ombrello protettivo della sospensione delle
azioni esecutive con un termine fissato dal giudice per presentare il piano (tra 60 e 120 giorni). Il secondo contiene norme per favorire la prosecuzione dell’attività: moratoria per il pagamento dei creditori privilegiati, possibilità di proseguire i contratti in corso; possibilità di pagare i fornitori strategici per crediti sorti anteriormente al concordato; pre-deduzione della nuova finanza. Gli istituti hanno avuto successo: le domande presentate nei tribunali sono aumentate in misura rilevante, anche se in molti casi in mancanza di un piano la proposta è stata dichiarata inammissibile. Nascono qui le critiche alla disciplina: si teme che venga utilizzata come strumento di frode verso i creditori e generi effetti distorsivi della concorrenza. Le critiche vanno prese in considerazione ma non si può perdere di vista il fatto che i nuovi istituti implicano un rilevante salto culturale. Qualche correttivo può essere utile sia per combattere gli abusi, sia in generale per migliorare l’attuazione. Ma vale la pena chiedersi che cosa succederebbe se il nuovo concordato non esistesse. Il risultato non sarebbe il pagamento immediato dei creditori, come suggeriscono i critici. L’alternativa è il fallimento: l’esperienza ha confermato che i fallimenti pagano i creditori tardi e male, con percentuali di soddisfacimento dei chirografari irrisorie. La prosecuzione dell’attività dell’impresa consente di conservarla come unità produttiva e di evitarne, come nel caso di liquidazione, la vendita dei singoli componenti, con massicce perdite di valore. Dati recenti della Cerved mostrano un aumento dei concordati preventivi. L’analisi delle caratteristiche delle aziende coinvolte conferma che le imprese che vi accedono sono più strutturate e ancora operative rispetto alle società che falliscono, e che i nuovi istituti agevolano l’emersione precoce della crisi. E’ vero anche che nel periodo di protezione dai creditori possono maturare crediti in prededuzione, che derivano dalla prosecuzione della gestione ordinaria dell’impresa, e che in caso di successivo fallimento questi crediti andranno a ridurre la percentuale di rimborso degli altri creditori. Non è vero invece che non vi siano nella legge presidi contro i furbi che si avvalgono del concordato per non pagare i creditori. Il reato di bancarotta (reclusione da 3 a 10 anni) si applica anche alle imprese in concordato, mentre gli atti compiuti prima dell’ammissione sono soggetti a revocatoria in caso di successivo fallimento. L’imprenditore che chiede il concordato e poi non presenta il piano si espone all’imputazione di bancarotta per aggravamento del dissesto. Le attestazioni dei professionisti sulla fattibilità del piano di ristrutturazione sono assistite da aggravate responsabilità anche penali. Ulteriori garanzie sono fornite dal vaglio del tribunale, che può rifiutare di ammettere alla procedura l’azienda che manchi di un piano credibile; dal voto dei creditori sul piano di ristrutturazione; dalla possibilità di revoca del concordato e di dichiarazione del fallimento nel corso della procedura, su istanza del creditore e del pubblico ministero. Pare difficile, in effetti, ravvisare l’abuso del concordato quando la maggioranza dei creditori si sia espressa a favore del piano di ristrutturazione. Resta la possibilità di abuso del concordato in bianco, dato che la domanda può essere presentata senza formalità, ma il rimedio è agevole. Si può modificare la legge per anticipare la nomina da parte del tribunale del commissario che vigila sull’andamento della procedura. Il giudice può allora chiudere immediatamente la procedura, quando constati che non vi è possibilità di risanamento o che il debitore non stia svolgendo alcuna seria attività in tale direzione. Non ci sembra fondato l’argomento secondo cui il concordato in bianco determina una distorsione della concorrenza a danno delle imprese sane. La disciplina si applica ex-ante a tutte le imprese, anche se solo quelle che entrano in crisi se ne serviranno: ciò é sufficiente ad escludere l’esistenza sia di una discriminazione giuridica, sia di una distorsione economica. Il trattamento riservato alle imprese in crisi di favore è giustificato dall’interesse pubblico alla preservazione dell’attività produttiva e dei suoi valori, oltre che dei posti di lavoro. Il giudice ha gli strumenti per assicurarsi che l’accertamento della situazione sia rapido e non si traduca in un pregiudizio ingiustificato dei creditori; il suo compito è di identificare la soluzione economicamente soddisfacente per tutti gli interessi coinvolti, anche quelli dei creditori. Certo, correttezza e tempestività nell’applicazione delle nuove procedure possono essere migliorate, con il concorso di tutti gli attori coinvolti: imprese, professionisti, tribunali. Ma sarebbe un grave errore ritornare indietro, frenando o cancellando i nuovi istituti.