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 2013  giugno 10 Lunedì calendario

TRIBUNALI. LA CORSA (PERICOLOSA) PER SALVARLI - C’ è

chi, come la parlamentare democratica Rosanna Filippin, rigetta i sospetti di voler affossare tutto, spiegando che è necessario «salvaguardare sei tribunali nazionali» che sarebbero soppressi da una riforma frettolosa e pasticciata: fra questi anche quello di Bassano del Grappa, la sua città. E non, tiene a precisare, per orgoglio personale o localismi d’altro tempo. Ma perché, è convinta, la chiusura «costerebbe più quattrini di quanti ne farebbe risparmiare».
C’è invece chi sostiene l’esatto contrario, come i giudici di Magistratura democratica, corrente certo non ostile al Pd. La presidente del tribunale di Massa Carrara Cristina Failla, per esempio, argomenta che rinviando tutto di un anno, come chiedono molti parlamentari di quasi tutti gli schieramenti, si continuerebbe inutilmente a pagare l’affitto della sede giudiziaria di Pontremoli. Mentre il magistrato della procura di Sanremo, Marco Zocco, paventa un «disastro organizzativo».
Chi ha ragione? Di certo c’è che la legislatura, anziché con un colpo di acceleratore, parte sul fronte della giustizia con un colpo di freno che preoccupa anche il nuovo Guardasigilli Anna Maria Cancellieri. «Uno stop o un differimento improvviso, a ridosso dell’entrata in vigore della riforma finirebbe per provocare il caos negli uffici giudiziari e il disorientamento dei cittadini», ha dichiarato. Ricordando come la legge contempli la possibilità di «disposizioni integrative e correttive», concedendo per questo due anni di tempo. Ma non il rinvio della partenza.
La storia
La riforma di cui si parla è quella prevista dalla legge approvata a fine 2011 che ha stabilito la chiusura e l’accorpamento di 31 tribunali, 220 sezioni distaccate e ben 667 uffici del giudice di pace. Con risparmi considerevoli. Già arrivarci non è stato facile: la battaglia parlamentare è stata aspra, e si è conclusa con il salvataggio di alcuni uffici. E’ il caso dei giudici di pace di Portoferraio sull’isola d’Elba, e poi quelli delle isole di Pantelleria, Capri, Ischia, La Maddalena, Lipari e Procida.
Non è bastato. Da Orvieto a Bassano del Grappa, come abbiamo visto, fioccano le lamentele. Mentre nelle stanze del ministero della Giustizia i tecnici si affannano a spiegare che una nave così imponente, una volta messa in movimento, si può fermare solamente affondandola.
Gli effetti
Per prima cosa, il personale. In previsione dell’entrata in vigore della riforma, fissata per il 13 settembre prossimo, sono state già approvate le relative piante organiche. Il Consiglio superiore della magistratura ha cessato di coprire i vuoti che si sono creati negli uffici giudiziari soppressi già a partire dal momento in cui i decreti sono stati approvati, il 13 settembre 2012. Senza contare i magistrati che hanno chiesto e ottenuto il trasferimento dalle sedi che devono essere chiuse. Idem per gli altri dipendenti.
C’è poi il problema delle udienze. Siccome i processi in calendario dopo il 13 settembre del 2013 devono svolgersi nelle sedi cui gli uffici giudiziari soppressi sono stati accorpati, ecco che gran parte delle udienze sono state già fissate. Per non parlare delle citazioni, dei rinvii a giudizi e altro. Inevitabilmente un rinvio comporterebbe la necessità di mandare migliaia di nuove notificazioni, con tutti i possibili disguidi del caso. Compreso l’allungamento abnorme dei tempi dei procedimenti (dei quali già ora non possiamo andare fieri) e addirittura il «rischio altissimo», denuncia sempre Magistratura democratica, «di prescrizioni di massa». Ancora. Dal settembre dello scorso anno sono già partite istruzioni ministeriali che insieme alle delibere del Consiglio superiore della magistratura relative agli organici hanno già di fatto svuotato di funzioni le sedi distaccate in procinto di essere soppresse.
Ancora più caotici potrebbero essere gli effetti del rinvio, sostengono gli esperti del ministero della Giustizia, sugli uffici dei giudici di pace, per cui sono state già istruite circa 200 istanze di salvataggio avanzate dagli enti locali disposti ad accollarsene il costo. Proprio i costi rischiano di essere il problema più rilevante. Perché l’approvazione della riforma ha già determinato tagli consistenti alla dotazione finanziaria del ministero della Giustizia, che in caso di un rinvio bisognerebbe ripristinare. Ma con quali soldi? Tanto più considerando che il personale amministrativo, ormai ridotto a meno di 37 mila unità, ha ben 7 mila posti vacanti.
Sul piano internazionale, poi, tutto questo non renderebbe certo più smagliante l’immagine di un Paese messo ripetutamente sotto accusa proprio per le gravi carenze della sua giustizia. Non è un caso che fra le raccomandazioni di Bruxelles recapitateci contestualmente alla chiusura della procedura d’infrazione per deficit eccessivo ci sia anche questo capitolo.
Sergio Rizzo