Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  giugno 10 Lunedì calendario

AMERICHE. PECHINO SCAVA. QUEL CANALE NEL GIARDINO USA

Non ci sarà da stupirsi se, tra non molto tempo, più di un Paese dell’America centrale romperà le relazioni diplomatiche con Taiwan e le stabilirà con la Repubblica Popolare Cinese. A cominciare, forse, dal Nicaragua di Daniel Ortega. Il viaggio dei giorni scorsi del presidente Xi Jinping in tre Paesi dell’istmo americano — prima di raggiungere la California per incontrare Barack Obama — non è infatti stato un tour di piacere: ha ribadito l’interesse di Pechino a mettere il naso nel vecchio giardino di casa degli Stati Uniti. Denaro alla mano, come al solito. Non un’offensiva economico-diplomatica: sarebbe troppo. Ma qualcosa di interessante.
La situazione, al momento, è che dei 23 Paesi del mondo che ancora riconoscono la Cina nazionalista di Taipei invece che la repubblica di Pechino ben 12 sono latino-americani e, di questi, 11 sono nell’America centrale: Nicaragua, Guatemala, El Salvador, Panama, Honduras, Belize e una serie di Stati caraibici. Retaggio di schieramenti da Guerra Fredda oggi in buona parte superati dai fatti: le relazioni commerciali con Pechino si stanno intensificano al di là delle formalità diplomatiche, e con ogni probabilità si approfondiranno sempre di più. Ora, sullo sfondo, si sta materializzando un progetto che, se dovesse prendere corpo, cambierebbe non poco nelle relazioni interne ed esterne della regione.
Incontri
Xi ha visitato Messico, Trinidad e Tobago e Costa Rica, Paesi con i quali la Cina popolare ha relazioni diplomatiche. Ma è interessante notare che, proprio mentre visitava il Costa Rica, in Nicaragua il governo presentava in parlamento la proposta ufficiale per la costruzione di un canale che dovrebbe collegare i Caraibi — quindi l’Oceano Atlantico — con l’Oceano Pacifico: una grande opera da una quarantina di miliardi di dollari — che entrerebbe in competizione con il Canale di Panama — della quale si dovrebbe fare carico un consorzio internazionale guidato dai cinesi. Quando si parla di opere gigantesche è bene essere prudenti, soprattutto in zone come l’America centrale dove idee come questa circolano da almeno un secolo senza mai decollare. Bisogna però anche considerare che in più di un caso i cinesi, grazie ai loro muscoli finanziari, sono riusciti a realizzare opere che altri avevano snobbato.
Fatto sta che, a inizio maggio, nella capitale del Costa Rica, San José, per un summit con i Paesi del Centro-America (Sica), Obama ha anche incontrato Ortega, l’ex rivoluzionario sandinista che oggi guida il Nicaragua. E si è sentito dire: «Signor presidente, stiamo per costruire il canale del Nicaragua, ci stiamo lavorando con una società cinese e vorremmo fosse chiaro che gli investitori americani possono partecipare in questo progetto». Bontà sua, avrà pensato l’uomo di Washington: ora nel giardino di casa si fanno gli affari con i cinesi e solo dopo lo si dice ai padroni di casa.
Alternative
L’idea di un Gran Canal Interoceánico de Nicaragua ha un suo fascino e, secondo alcuni esperti, anche un senso economico. I commerci mondiali via porta-container sono in crescita, nonostante la crisi economica, e un’alternativa al canale di Panama potrebbe attrarre traffico, soprattutto se fosse la preferita delle navi cinesi. Panama sta investendo 5,25 miliardi di dollari per allargare il suo canale e renderlo percorribile anche alle porta-container più grandi che oggi non lo possono usare. Ma Managua pensa di investirne almeno 40 per realizzare qualcosa di nuovo, in parte alternativo e in parte complementare a Panama.
Al centro del Nicaragua c’è un grande lago: si tratterebbe di scavare un canale verso Ovest per collegarlo al Pacifico e un canale verso Est (utilizzando anche alcuni corsi di fiume) per collegarlo all’Atlantico: ci sono sei progetti allo studio di due società olandesi, Rhdhv e Ecorys. La realizzazione del progetto — non solo del canale ma anche di una ferrovia, di porti e di un oleodotto — dovrebbe essere affidata a una società di Hong Kong formata da poco, la Nk Nicaragua Canal Development Investment, il cui presidente è lo stesso del grande gruppo cinese di telecomunicazioni Xinwei (che già gestisce la rete nicaraguense).
La nuova dirigenza di Pechino, che ormai pretende il riconoscimento di superpotenza pari all’America, è insomma sempre più determinata a cercare spazio — economico ma certamente anche diplomatico — nella regione che confina con gli Stati Uniti. Al Costa Rica, per dire, Xi ha appena garantito prestiti e aiuti per più di un miliardo di dollari: il riconoscimento diplomatico lo aveva già ottenuto nel 2007. Obama invece, preso dai tagli del bilancio federale, si presenta in genere a mani vuote.
Danilo Taino