
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La tragedia giapponese ci costringe a un catalogo di sciagure.
• È triste, ma bisogna stare a sentire.
I morti sono effettivamente almeno diecimila, come avevamo valutato ieri. Non il solo reattore nucleare numero 1 di Fukushima presenta problemi, ma anche il numero 2, e specialmente il numero 3, sono fonte di preoccupazione. Altri allarmi, sia pure di minore gravità, riguardano le centrali nucleari di Onagawa, di Tokai e di un terzo impianto, di cui non è stata meglio precisata la collocazione, ma che si trova nella prefettura di Miyagi e che emette fumo. Si teme per stasera una pioggia carica di radioattività. Intanto il vulcano Shinmoedake (dove fu girato anche un James Bond intitolato Si vive solo due volte), ha preso a eruttare ceneri e lapilli, che si vedono a quattro chilometri di distanza. Impossibile stabilire se questa attività sia collegata o no al terremoto. Per oggi, a Tokyo, è atteso un black-out di molte ore: il Paese ha comunque problemi con l’energia. C’è ansia per la riapertura delle borse di stamattina.
• A questo punto potremmo dire che il nucleare è senz’altro da evitare? Se neanche i giapponesi…
Le confesso francamente che non so rispondere. Ieri da noi s’è scatenato il solito balletto di politici e organizzazioni nucleariste e antinucleariste. La Prestigiacomo (ministro dell’Ambiente) ha detto che gli impianti giapponesi entrati in crisi sono vecchi di quarant’anni (è vero) e che le nostre centrali saranno di ben altro tipo. Gli antinuclearisti si muovono all’insegna dello slogan del Wwf: «L’unico nucleare sicuro è quello che non c’è». Nessuno ha dubbi, né da una parte né dall’altra. Gli inglesi hanno spedito laggiù un gruppo di scienziati, perché studino che cosa è successo e gli evitino di ripetere gli stessi errori. Un lettore nuclearista, che si chiama Renzo Riva, mi ha mandato questa mail: «Chiedere la chiusura di tutte le strade italiane perché negli ultimi vent’anni sono morte circa 140 mila persone, ferite con danni permanenti circa 250 mila e ferite comunque 450 mila? Chiedere la chiusura di tutti gli aeroporti perché nell’anno 1977 nell’incidente fra due Boeing perirono 583 persone? Chiedere la chiusura di tutti gli invasi per la produzione idroelettrica rinnovabile perché in una sola volta, al Vajont, perirono duemila abitanti di Longarone, Erto e Casso?».
• Dov’è che questo ragionamento non funziona?
Forse sul punto che i danni del nucleare – molto contenuti in fondo fino a questo momento – durano però per centinaia di anni e possono estendersi a tutto un paese o a tutto un continente. Su Fukushima, le autorità tranquillizzano il mondo spiegando che avendo resistito il contenitore del reattore la perdita di radioattività è comunque bassa. E se però fosse stato danneggiato il pavimento, e il combustile fuso si stesse propagando nel terreno? In questo caso si avvelenerebbe tutto, e magari neanche troppo lentamente. Nei nuovi reattori, quelli che dovrebbero essere impiantati anche da noi, la protezione sarà costruita con un doppio guscio di cemento e con una vasca d’acciaio che impedirà l’inquinamento a terra. Come rischio, si è preso quello dell’11 settembre: cioè in caso di attacco aereo con caduta a piombo sul sistema, questo reggerebbe. È un livello di rischio ragionevole, ma i disastri naturali possono essere di violenza inconcepibile. Ho sentito l’altro giorno che da noi un’onda come quella giapponese non potrebbe mai prodursi. Sicuro? La centrale di Trino è stata costruita sette metri sopra il livello del Po. E, per quanto se ne sa, nessuna piena del Po ha mai raggiunto i sette metri. Questo esclude che possa essercene una di otto? Fukushima era stata concepita per resistere a un terremoto di forza 7. Sembrava un livello accettabile, ma il terremoto dell’11 marzo era, secondo l’ultima valutazione, di forza 9. E ci si è messo di mezzo il mare.
• Quindi, la sicurezza assoluta non esiste.
I filosofi della scienza spiegano questo: costruire in sicurezza allontana la catastrofe nel tempo, ma non la rende impossibile. Terremoti di forza tremenda scuotono zone desertiche e nessuno ci fa caso. La sicurezza favorisce gli insediamenti umani. Per diecimila anni, mettiamo, si rintuzzano con successo gli attacchi della natura. Ma nell’anno 10001 può poi arrivare uno sconquasso che salda il conto di tutti i disastri precedenti. Temo che la sicurezza assoluta, la sicurezza cento per cento, non esista. Sapendo questo, si può poi essere nuclearisti oppure no.
• Io direi: no.
Però nel mondo ci sono 400 centrali nucleari. Noi non ne costruiamo neanche una, e poi un giorno siamo spazzati via dall’incidente capitato a qualcun altro. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 14/3/2011]
(leggi)