14 marzo 2011
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 14 MARZO 2011
«Per il Giappone è come la terza bomba atomica»: così Guido Bertolaso ha descritto la scossa di terremoto iniziata alle 14.46 locali di venerdì e proseguita per due minuti, 8,9 gradi della scala Richter, intorno alla quinta posizione mondiale per magnitudo nell’ultimo secolo. Enzo Boschi, presidente dell’Istituto italiano di geologia e vulcanologia: «È stato di una violenza che non ha paragone rispetto a quella del terremoto dell’Aquila, l’energia liberata dal sisma è stata di circa 30.000 volte maggiore». [1]
Epicentro in mare a 24 chilometri di profondità e a un centinaio dalla terraferma a nord di Tokyo, il terremoto ha provocato uno tsunami che ha spazzato la costa trasformando il paesaggio della prefettura di Miyagi. Migliaia di vittime, ha fatto scalpore la notizia che l’asse della terra si è spostato di 10 centimetri. Lara Ricci: «Un balzo che però non deve preoccupare: l’asse terrestre non è fisso e durante l’anno può spostarsi anche di alcuni metri». Daniele Melini, Istituto nazionale di geosifisica e vulcanologia: «Le conseguenze pratiche sono al limite del misurabile, ad esempio provocano una modifica della durata del giorno di qualche milionesimo di secondo». Luciano Gulli: «Dopo il terremoto di Sumatra del 2004 le giornate si accorciarono di 6,8 milionesimi di secondo, mentre il terremoto in Cile del 2010 le ha abbreviate di 1,26 milionesimi di secondo». [2]
Le misurazioni della magnitudo riportate dall’U.S. Geological Survey per il Giappone iniziano nel 1891. Lara Ricci: «Nel 1896 un sisma di magnitudo 8,5 colpì Sanriku, uccidendo 27mila persone e generando uno tsunami con onde fino a 25 metri. Meno violento (7,9), ma più tragico quello del 1923 a Kanto: 143mila vittime. È tuttavia difficile fare raffronti con i dati del passato. “È solo da poche decine d’anni che possiamo misurare accuratamente l’energia rilasciata dai terremoti. Da trent’anni, in particolare, da quando è stato sviluppato il concetto di ‘momento sismico’”, spiega Michele Caputo, professore di sismologia all’università la Sapienza di Roma». [3]
Pur sottoposti a grandi oscillazioni, i grattacieli di Tokyo hanno retto. Alberto Zaccheroni, ct della locale nazionale di calcio: «Siamo andati di fronte al palazzo, c’è un piccolo parco e ho visto una cosa straordinaria, l’asfalto si muoveva». [4] Lorenzo Salvia: «Il confronto lo ha fatto Alessandro Martelli, professore di Costruzioni in zona sismica all’università di Ferrara. Un terremoto di magnitudo 7,5, ben inferiore a quello di venerdì, farebbe fra le 15 mila e le 32 mila vittime in Calabria, appena 400 a Tokyo. Lì le case restano in piedi e, naturalmente, non si tratta di un miracolo». [5]
In Giappone si è passati da case di carta e di legno ad edifici supermoderni, progettati con normative all’avanguardia. [6] L’architetto Junko Kirimoto: «Nel 1923 un violento terremoto distrusse quasi tutti i palazzi di Tokyo, che all’epoca erano costruiti in legno, tranne l’Imperial Hotel realizzato da Frank Lloyd Wright con una struttura rinforzata da getti di cemento armato. Allora si cominciarono a cambiare le norme sui parametri di edilizia». [7] Piergiorgio Pescali: «Gli edifici, dalla fine degli anni Settanta, devono essere costruiti secondo severi criteri antisismici che permettano l’elasticità e la torsione delle strutture, adeguandosi al movimento tellurico. Questa tecnologia edile ha resistito con successo al terremoto del 17 gennaio 1995 a Kobe, in cui morirono 6.336 persone e 310.000 si trovarono senza casa. Dei 55.000 edifici andati completamente distrutti, nessuno risultò essere stato costruito dopo il 1980». [8]
Oggi sono a prova di terremoto tre edifici giapponesi su quattro, l’obiettivo è arrivare al 90 per cento entro il 2015. Salvia: «L’obbligo riguarda solo i palazzi pubblici. Ma nell’edilizia privata quasi tutti scelgono questa strada per interesse, quasi per istinto di sopravvivenza visto che qui arriva il 20 per cento delle scosse registrate in tutto il mondo, almeno una catastrofe ogni 70 anni, dicono le statistiche e l’esperienza». [5] Roberto Giovannini: «Tutti, ma proprio tutti gli edifici di nuova costruzione - e la cosa va avanti dalla fine degli anni ’60 - sono obbligatoriamente dotati di speciali cuscinetti antisismici disposti alla base degli edifici. Vengono adottati acciai molto più elastici di quelli normali. I pilastri di cemento sono annegati e avvolti da speciali tubi in fibra di carbonio, che li rendono più resistenti alle fratture». [9]
Esistono metodi anche per proteggere le tipologie immobiliari più diffuse, alte due o tre piani. Giovannini: «L’edificio, costruito in legno con strutture portanti in acciaio e carbonio, è montato sopra “slitte” dotate di pantografi e dissipatori a pistone che permettono alla casa di muoversi smorzando l’onda d’urto del terremoto. Altri accorgimenti fondamentali sono il ricorso a porte e finestre ad architrave mobile, per consentire comunque di aprire la porta, a vetri con mescola a maglia, a botole apribili sui balconi per poter scendere di piano, all’uso di materiali antifiamma per evitare o limitare incendi». [9] Salvia: «Tutto questo ha un costo aggiuntivo, che nella formula base si aggira tra il 5 ed il 10 per cento ma che può salire anche molto di più». [5]
Purtroppo contro lo tsunami c’è poco da fare. Giampaolo Visetti: «Decine di villaggi sono stati spazzati via dal muro d’acqua abbattutosi sulle coste nordorientali. Almeno quattro convogli sono stati inghiottiti dal fango, navi e motovedette ingurgitate. Hakodate è diventato un porto fantasma. La città di Sukagawa è stata spazzata via, sommersa dall’acqua riversata a valle dal crollo di una diga». [10] Giusi Fasano: «La diga a monte del paese non regge alla scossa e milioni di metri cubi d’acqua si riversano a valle portando via interi villaggi. Centinaia di case si accartocciano l’una sull’altra, qualcuna si stacca dal terreno con il tetto ancora intero e resiste uno, due, dieci secondi così, intera, nel percorso verso valle, in mezzo a una marea di detriti sempre più grande, sempre più alta». [11]
Tra le tante emergenze, desta particolare allarme la situazione della centrale nucleare di Fukushima Daiichi, 270 chilometri da Tokyo: danneggiato il sistema di raffreddamento, la pressione all’interno di uno dei sei reattori ad acqua bollente è aumentata oltre la norma, per abbassarla ed escludere il rischio di una fusione è stato rilasciato vapore radioattivo. Che la situazione fosse grave lo dimostra la decisione del governo giapponese di dichiarare per la prima volta nella storia lo «stato di emergenza nucleare», con l’evacuazione di migliaia di persone dall’area circostante la centrale. Problemi anche in un altro impianto della “Tokyo Electric Power”, Fukushima Daini, a 11 chilometri dal primo. [12]
Gli impianti nucleari giapponesi sono costruiti secondo i più avanzati criteri di sicurezza e sottoposti alle più severe norme di funzionamento. Stefano Vecchia: «Al punto che circa un terzo del costo di una centrale va a coprire i sistemi di sicurezza. Tuttavia, la densità di impianti in un territorio sottoposto a frequenti forti eventi tellurici ha portato anche a momenti di crisi, l’ultimo consistente il 16 luglio 2007, quando dopo un terremoto una fuga radioattiva costrinse alla chiusura la centrale di Kashiwazaki-Kariwa». [13] Il problema di Fukushima è stato causato dal mancato funzionamento degli impianti d’emergenza a diesel. [14]
Le centrali atomiche devono spegnere in modo immediato e automatico la reazione appena c’è un’accelerazione sismica sopra una certa soglia. Jacopo Giliberto: «La centrale si stacca dalla rete elettrica, si isola completamente. Non produce più corrente, ma nemmeno ne riceve. Entra in una specie di blackout. Ovviamente, la centrale non può restare senza corrente elettrica. Senza rilevatori di radioattività, senza comandi in sala controllo, senza illuminazione nei corridoi. Soprattutto, non possono fermarsi i compressori che fanno circolare l’acqua di raffreddamento dentro al reattore, altrimenti, il nòcciolo comincia a scaldarsi e non si sa dove si finisce». [14]
Ogni centrale atomica deve avere due generatori diesel, in genere grandi motori derivati da quelli delle navi, pronti a entrare in funzione da soli appena la centrale si spegne. Giliberto: «Ogni settimana i due motori devono essere avviati per prova, e deve essercene sempre almeno uno in perfetto funzionamento. Questo accade in tutte le centrali. Venerdì, nelle altre centrali atomiche giapponesi i motori diesel si sono accesi. A Fukushima i due generatori non sono partiti. La centrale è rimasta muta. Il nòcciolo ha cominciato a scaldarsi. La radioattività è salita». [14]
Nonostante si trovi in una regione ad alto rischio sismico, per ovviare a un’inevitabile dipendenza energetica dall’estero il Giappone è diventato una potenza del nucleare civile, con 55 reattori in funzione e altri 11 in costruzione. Il 30 per cento dell’elettricità giapponese è generato dall’atomo, la percentuale potrà solo aumentare: 41% entro il 2017, 50% entro il 2030. Marco Del Corona: «Del 1956 è la Commissione atomica, del 1966 il primo reattore commerciale operativo. Nel 1973 l’energia nucleare, sempre solo civile, diventa una “priorità strategica nazionale”». Nel 1999 il Paese fu colpito dall’incidente nucleare di Tokaimura: un «errore umano e gravi violazioni delle procedure di sicurezza» uccisero due delle 119 persone contaminate (vedi l’apertura pubblicata sul Foglio del 4 ottobre 1999). [15]
Anche se il reattore di Fukushima tornerà sotto controllo, il problema sarà accertare che le scosse non abbiano intaccato le strutture della centrale, compromettendone la sicurezza. Maurizio Ricci: «È un lavoro lungo. Nel 2007, un terremoto investì la centrale di Niigata, non lontano da Tokyo. Ci fu una fuga di radioattività - anche se, assicurano, lieve - ma il risultato fu che la centrale, la più grande del mondo, rimase chiusa per due anni. Il nodo è la tolleranza sismica che viene definita nella progettazione». La centrale di Niigata, costruita per resistere ad un terremoto di 6 gradi, fu colpita da una scossa di 6,8 gradi: per elevare gli standard la Tepco fu costretta a spendere 2,6 miliardi di euro, il costo di un nuovo reattore. Se Fukushima è stata costruita per reggere un terremoto di 7 gradi, quello di venerdì è stato mille volte più forte (la scala Richter è logaritmica). [16]
* Attenzione: Kashiwazaki-Kariwa e Niigata si riferiscono alla stessa centrale nucleare (Kashiwazaki è una città nell’isola di Niigata)
Note (tutte le notizie sono tratte dai giornali del 12/3): [1] Alessandra Arachi, Corriere della Sera; Avvenire; [2] Lara Ricci, Il Sole 24 Ore; Alessandra Arachi, Corriere della Sera; Marco Del Corona, Corriere della Sera; Antonio Cianciullo, la Repubblica; Luciano Gulli, Il Giornale; [3] Lara Ricci, Il Sole 24 Ore; [4] Il Giornale; [5] Lorenzo Salvia, Corriere della Sera; [6] Paola Dezza, Il Sole 24 Ore; [7] Eleonora Martini, il manifesto; [8] Piergiorgio Pescali, Avvenire; [9] Roberto Giovannini, La Stampa; [10] Giampaolo Visetti, la Repubblica; [11] Giusi Fasano, Corriere della Sera; [12] Marco Del Corona, Corriere della Sera; Roberto Giovannini, La Stampa; [13] Stefano Vecchia, Avvenire; [14] Jacopo Giliberto, Il Sole 24 Ore; [15] Marco Del Corona, Corriere della Sera, Maurizio Ricci, la Repubblica; [16] Maurizio Ricci, la Repubblica; Roberto Giovannini, La Stampa.