ENRICO FRANCESCHINI , la Repubblica 14/3/2011, 14 marzo 2011
IL RITORNO DEL PRECETTORE GLI STUDENTI INGLESI ALLA SFIDA DELLA QUALITÀ
Il principe Carlo è stato il primo erede al trono a ricevere un´istruzione scolastica: non ha mai dimenticato, dicono i suoi biografi, le prese in giro e gli episodi di bullismo patiti in classe. Prima di lui, era tradizione che futuri re e regine studiassero a casa, o meglio a palazzo, con un tutore; e un tempo anche in molte famiglie dell´aristocrazia e dell´alta società, non solo in Gran Bretagna, era buona regola considerare un precettore privato come un´alternativa preferibile alla scuola.
Questa figura arcaica, che sembrava appartenere all´Inghilterra vittoriana, a romanzi come "Il piccolo lord" di Frances Hodgson Burnett, pubblicato nel 1885 e rimasto a lungo un classico della letteratura per ragazzi, torna improvvisamente di moda nel Regno Unito del ventunesimo secolo, post-blairismo e post (si spera, perché gli economisti temono possa ricominciare) recessione globale. Di colpo, tutti vogliono un tutore per i figli: o meglio, tutti quelli che possono permetterselo, perché averne uno tutto per sé costa 50 mila sterline (60 mila euro) l´anno.
Le università e le scuole di élite, quelle che garantiscono una carriera di successo e soldi a palate, hanno criteri di iscrizione sempre più severi: a Oxford e Cambridge entra solo il 15 per cento degli aspiranti, e per candidarsi è necessaria una media dell´A+, equivalente del nostro 10 e lode (senza la certezza che basti per essere accettati). Percentuali analoghe sono in vigore nelle scuole superiori più prestigiose del regno, come Eton, Westminster, St. Paul. Certo, un po´ è sempre stato così. Ma la crisi economica ha diminuito i posti di lavoro strapagati nella City per avvocati, banchieri e manager e la concorrenza sempre più agguerrita degli immigrati asiatici, gli studenti cinesi, indiani, coreani, giapponesi che studiano come automi e ottengono voti più alti, ha reso ancora più difficile l´ingresso nelle università migliori per tutti gli altri. Così nei salotti di Londra, ma anche nella sala d´aspetto del dentista, se due genitori cominciano a parlare di figli dopo un po´ uno ammonisce l´altro: «Non avete un tutore? Prendetelo. Saranno i soldi che spenderete per il futuro dei figli».
C´erano una volta le lezioni private: per chi andava male a scuola. E a darle erano insegnanti che cercavano di arrotondare lo stipendio o precari in attesa del posto fisso. Non più. Ora su internet pullulano siti di tutoring services, che forniscono tutori a tempo pieno, come Zoe Stephens, che prende in consegna due fratelli di 12 e 14 anni quando tornano a casa da scuola e resta con loro a fare i compiti fino a cena, non perché siano dei somari bensì per farne degli imbattibili primi della classe. Un tutore guadagna 4 mila sterline (quasi 5 mila euro) al mese, circa il doppio di un insegnante a scuola: sicché è diventato un mestiere ambito e riverito. «Non è più un ripiego temporaneo», dice Kate Shand, direttrice di un´agenzia di questo tipo al Sunday Times. E chi non può prenderlo tutto l´anno, lo prende almeno per le vacanze: a 1.000 sterline (1.200 euro) a settimana. Resta un solo dubbio: fra scuola e tutori, quando mai giocheranno questi poveri ragazzi d´oggi?