LUIGI GRASSIA La Stampa 14/3/2011, 14 marzo 2011
Le condizioni per fare causa - Più di 200 mila risparmiatori con due miliardi di euro in fumo è l’amaro bilancio del crac di Lehman Brothers in Italia
Le condizioni per fare causa - Più di 200 mila risparmiatori con due miliardi di euro in fumo è l’amaro bilancio del crac di Lehman Brothers in Italia. Non è detto però che i soldi di chi ha comprato obbligazioni della società siano persi per sempre; in molti casi è possibile citare in giudizio le banche, e l’avvocato Angelo Castelli di Formia specifica quali siano le circostanze. La prima norma a cui appellarsi è l’articolo 21 del Testo unico della finanza, secondo cui l’istituto bancario o l’intermediario devono tenere informato l’investitore dei rischi che corre non solo al momento dell’acquisto del titolo ma per tutta la durata del rapporto. «Le banche hanno avuto un anno e mezzo, prima del tracollo del settembre 2008, per rendersi conto che la situazione di Lehman si stava deteriorando, e per informare i clienti» dice Castelli. «Avrebbero dovuto mandare comunicazione scritta al cliente, e così si sarebbero esonerate dalle responsabilità. Se non l’hanno fatto possono essere citate in giudizio». In maniera autonoma lo stesso concetto, dice il legale, «è stato affermato dalle Sezioni unite della Cassazione con la sentenza numero 26.725 del 19/12/2007», che fa giurisprudenza. La colpa della banca, dice l’avvocato Castelli, è ancora più evidente se l’istituto ha venduto le obbligazioni Lehman nei sei mesi precedenti il default: «Da numerose perizie ordinate dal giudice è risultato che In quel periodo i Cds (credit default swap), che sono i contratti con cui ci si assicura contro la rischiosità dei titoli oggetto di compravendita, erano schizzati alle stelle per i bond Lehman, segno di altissima rischiosità, per cui le banche non potevano non sapere. In questi casi c’è un riscontro documentale, inoppugnabile». Castelli aggiunge che coloro che hanno comprato i titoli Lehman nel 2008 possono anche appellarsi alle regole di autodisciplina impostesi dalle stesse banche a tutela dei clienti dopo i crac Cirio, Parmalat e Argentina, norme che miravano a ristabilire la fiducia (scossa) dei risparmiatori. Anche queste regole impongono doveri d’informazione, e se l’informazione non è stata data le banche possono essere citate. Un capitolo a parte meritano i titoli Lehman non comprati direttamente ma confluiti in polizze «linked», cioè in prodotti assicurativi che garantiscono il capitale. Alcune banche si sono rifiutate di garantire il capitale medesimo, giustificandosi con il default del titolo Lehman sottostante. Ma comportarsi così, argomenta l’avvocato Castelli, «è come ammettere che il prodotto venduto non era una polizza, soggetta alla regolamentazione più blanda delle assicurazioni, ma un prodotto finanziario che ricade sotto la normativa rigorosa del Testo unico della finanza». L’avvocato tiene anche a sgombrare il terreno da un equivoco: «Tutte queste regole non sono state pensate a tutela dei soli piccoli risparmiatori, come a volte si sente dire, ma di tutti. Le leggi, le sentenze e le altre tutele valgono per tutti, compresi coloro che hanno investito uno o due milioni di euro». Il messaggio è: non pensiate, se avete investito e perso molto, di essere perciò in qualche modo discriminati come investitori «sofisticati», che in quanto tali dovevano essere consapevoli dei rischi e dunque sarebbero meno meritevoli di tutela. «Le norme sono queste, e queste valgono».