Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La “manovra” è stata firmata da Napolitano e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale. Le sei righe “salva-Fininvest” non ci sono, tutto quello di cui si era confusamente parlato nei giorni scorsi più o meno sì. Tremonti, ieri in conferenza stampa, ha detto che il pareggio di bilancio sarà raggiunto nel 2014, e ha spiegato che, col bilancio in pari, il debito scende da sé, cioè scende strutturalmente. Sulla faccenda “salva-Fininvest” non ha voluto dir niente («parliamo del testo che c’è» e «vi do il telefonino di Letta»). Si sa tuttavia che il premier ce l’ha proprio con lui, che lo considera a capo della manovra che gli ha fatto fare una brutta figura. Un comunicato del Quirinale spiega le limature chieste dalla Presidenza della Repubblica, tese a ottenere un complesso di «norme attinenti» (un’altra via per bloccare le sei righe salva-Fininvest, che non c’entravano niente col complesso della manovra). L’insieme delle misure disposte da Tremonti assomma a 51 miliardi, numero che ci conferma il sistema tenuto dal ministro per queste faccende: se ne annunciano prima 40 e quando il pubblico ha fatto la bocca a questo numero lo si corregge in 43-45, poi in 47 e infine in 51.
Pagheremo o no meno tasse?
Io non ci credo. La voce.info (riprendendo uno scoop di
ItaliaOggi) ha dimostrato che la storia delle tre aliquote è ricalcata su un
analogo 20-30-40 contenuto in una legge delega del 2001, mai esercitata. “Legge
delega” significa che il Parlamento ti dà il permesso di legiferare in un certo
modo. Tremonti ha avuto questo permesso dieci anni fa e non ne ha mai
approfittato. Deduco da questo – e spero di sbagliare – che il ministro abbia
voluto accontentare o tacitare Berlusconi copiando e incollando il primo testo che
gli è capitato tra le mani. Deduco ulteriormente che rimarrà tutto come prima.
I rapporti fra Tremonti e il Cav si direbbero destinati, se possibile, a
peggiorare.
Veniamo alle nostre tasche.
Una delle misure più criticate è a questo punto
quella sul bollo da pagare per il deposito dei titoli. Voglio dire: lei compra
mille azioni Fiat e le lascia in banca in un conto apposito, che si chiama
“conto deposito”. Lei pagherà quest’anno e l’anno prossimo 120 euro di tassa
(invece di 34,2) se il conto è inferiore a 50 mila euro e 150 euro a partire
dal 2013. Chi ha più di 50 mila euro è stangato con 380 euro (dal 2013). Lo
Stato conta di ricavare 8 miliardi in due anni da questa nuova tassa. C’è però
la seguente obiezione: in questo modo conviene sempre meno comprare bot.
Mettiamo che un piccolo risparmiatore abbia 10 mila euro in titoli di stato.
Oggi prende 152,5 euro netti in un anno (rendimento lordo al 2,14). Dopo il
decreto il suo profitto scenderà a 66,7 euro (-56,3%) e nel 2013 addirittua a
36,7 euro (-76%). Non le faccio il conto anche per i depositi oltre i 50 mila,
ma le basti quest più l’investimento è alto e più si indebolisce l’incidenza
dell’imposta. Dunque chi investe molto (i più ricchi) è favorito.
Le pensioni?
Quelli della Cgia di Mestre hanno cacolato che sono
in definitiva pochi soldi. Ma hanno messo in evidenza anche che questa manovra
va valutata insieme alle manovre poliennali precedenti, dunque per il cittadino
si tratta di sommare parecchi tagli, cominciati dai tempi di Prodi. Sulle pensioni
Sacconi ha detto che in Parlamento si potrà intervenire. Tremonti gli ha
rispost «Sono possibili alternative rispetto alle misure sulla rivalutazione
delle pensioni e sul bollo sul conto titoli ma solo a saldi invariati». Cioè:
se eliminiamo il bollo sul conto titoli e il taglio sulla rivalutazione delle
pensioni, dobbiamo poi trovare gli stessi soldi da un’altra parte. Dalle
pensioni il governo conta di ricavare 2,7 miliardi.
I ticket?
Per ora non ci sono. Ma i tagli alla Sanità fanno capire che,
se non li introduce il governo, li introdurranno quelle Regioni che ancora non
li applicano. Ci sono forti proteste dagli Enti locali per i tagli alla sanità,
pari a 7,5 miliardi. «La manovra non assicura il governo del territorio e
vanifica il percorso del federalismo fiscale», ha detto il presidente della
Conferenza delle Regioni, Vasco Errani. Graziano Delrio, vicepresidente
dell’Anci: «La manovra è la pietra tombale sul federalismo». Si lamenta anche
il sindaco di Roma, Gianni Alemann «La manovra presentata dal governo non è
sostenibile per i comuni italiani». Gli ha risposto, forse senza volerlo, la
Marcegaglia: «In un momento complesso come questo il nostro Paese ha bisogno di
tagliare la spesa pubblica altrimenti rischia di diventare come la Grecia». Il
problema, in definitiva, è il debito, che sta poco sotto ai 2000 miliardi.
E i costi della politica?
Tagliati in teoria di 7,67 milioni. Un numerino,
rispetto agli altri. E in vigore dalla prossima legislatura. Chissà
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 7 luglio 2011]
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