varie (lo ha fatto Parrini), 7 luglio 2011
PALLINATO SU CALCIOPOLI
Slealtà (articolo 1) e illecito sportivo (articolo 6): è questo il durissimo atto d’accusa del procuratore federale Stefano Palazzi nei confronti dell’Inter, reso notò il 4 luglio. Massimiliano Nerozzi: «Senza il salvacondotto della prescrizione, l’Inter filerebbe dritta a processo per “illecito sportivo”. Con cinque anni di ritardo, per telefonate che nel 2006 chissà perché non c’erano, questo racconta il procuratore nelle 72 pagine di motivazioni su “Calciopoli bis”». [1] Per i “reati” del presidente nerazzurro Massimo Moratti c’è prescrizione, nei confronti di Giacinto Facchetti, ex presidente deceduto nel 2006, non si può procedere. Fulvio Bianchi: «Ma, secondo il pm della Figc, si può decidere, eccome, per quanto riguarda quello scudetto 2006 assegnato a tavolino, e a farlo deve essere il consiglio federale e non un organo di giustizia sportiva». [2]
Palazzi è stato molto duro nei confronti di Facchetti. Bianchi: «Le sue telefonate e i suoi contatti prima delle partite con i designatori dell’epoca (Bergamo e Pairetto) e con alcuni arbitri (Bertini, De Santis), ma anche i “regalini” per il capo degli arbitri, hanno portato ad “assicurare un vantaggio in classifica all’Inter”, attraverso un “condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale e la lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità e indipendenza”. Su Moratti (telefonate con Bergamo) il pm ha rilevato “profili di rilievo disciplinare” da articolo 1, quindi “di gravità decisamente inferiore rispetto a quella di Facchetti”. L’Inter, secondo il pm, potrebbe anche rinunciare alla prescrizione, mentre la Federcalcio può “compiutamente valutare l’eventuale fondatezza della richiesta (di revoca dello scudetto, ndr) formulata della Juve”». [2]
Facchetti non ha fatto le stesse cose di Luciano Moggi, ex direttore generale della Juve radiato lo scorso 15 giugno dalla Figc (stava per scadere la squalifica di 5 anni inflittagli nel 2006). Mario Sconcerti: «Ne ha fatte altre meno gravi che non era comunque consentito fare. Lo si sapeva da tempo. Non si può telefonare al designatore arbitrale per cercare di concordare una direzione di gara. Il designatore è un giudice a cui è vietato avere rapporti con i propri imputati. E viceversa. Che poi tutto si svolga in termini eleganti, non parossistici, significa solo che c’è abitudine ad avere rapporti e che Facchetti fa male la parte di quello che cerca cose. Forse è troppo onesto per farlo bene. Ma lo fa. L’errore di questa storia è che si è cercato di mettere Facchetti sulla stessa linea di Moggi. Ma essere migliori non significa essere innocenti». [3]
Se le telefonate di Facchetti fossero emerse nel processo sportivo del 2006, che piega avrebbe preso l’inchiesta? Daniele Dallera: «Una domanda che si pongono soprattutto Milan, Fiorentina e Lazio» (disputarono il campionato 2006/2007 con una penalizzazione, i viola persero l’accesso alla Champions League, i biancocelesti quella alla Coppa Uefa). [4] Sconcerti: «La mia opinione è che in quel tempo e con l’aria che tirava, la voglia di giustizialismo avrebbe fermato anche l’Inter». [5] Bianchi: «Di sicuro il club nerazzurro sarebbe stato deferito e Palazzi avrebbe chiesto una condanna pesante (la serie B come la Juve?)». [2] Nerozzi: «Con quel che avrebbero rischiato, per i nerazzurri l’eventuale confisca dello scudetto 2006 sarà come pagare una multa per divieto di sosta». [1]
«Chissà perché il tribunale di Napoli ritenne a suo tempo che certe intercettazioni fossero irrilevanti, quando s’era in tempo per processarle sul piano sportivo prima dei 4 anni della prescrizione» (Emanuela Audisio). [6] Alessandro Bocci: «Quelle intercettazioni, tirate fuori dagli avvocati di Luciano Moggi al processo di Napoli, disegnano meglio la situazione del calcio italiano in quegli anni difficili. C’era chi il sistema lo ha organizzato, perfezionato, mandato avanti (Moggi) e chi ha provato a difendersi. L’Inter, per esempio. Ma non solo. Anche la Fiorentina. Palazzi nella relazione ha associato le due società e quelle parole, adesso, suonano come una beffa per i tifosi della Viola e anche per i fratelli Della Valle. E allora chi indagherà su chi ha indagato? Il mistero resta ed è sgradevole. Perché le telefonate sull’Inter non sono venute a galla prima?». [7]
Calciopoli scoppiò nella primavera del 2006, le intercettazioni che coinvolgono Facchetti sono comparse sulla scena quattro anni più tardi. Bocci: «I pm che hanno condotto l’inchiesta, Filippo Beatrice e Giuseppe Narducci, non le hanno sentite o, peggio, le hanno sottovalutate? Proviamo a ricostruire cosa è accaduto. I carabinieri del comando di via Selci a Roma hanno intercettato 150 mila telefonate, indagando su un giro di scommesse clandestine. Calciopoli è nata così, un po’ per caso, come molte inchieste. Gli uomini del colonnello Attilio Auricchio hanno effettuato il primo screening. Poi, man mano che l’indagine è entrata nel vivo, le telefonate interessanti sono aumentate. Forse era impossibile ascoltare tutte quante le conversazioni entro i termini consentiti per chiudere l’inchiesta, ma è abbastanza strano che siano rimaste fuori proprio quelle in cui è coinvolta l’Inter». [7]
Il 18 luglio la Figc deciderà che fare con lo scudetto del 2006. Venticinque i consiglieri federali chiamati a esprimersi: oltre al presidente Abete, avranno diritto di voto i vice Tavecchio, Macalli e Albertini; Beretta, Cellino e Lotito per la Lega di A; Abodi (presidente Lega di B); i consiglieri Gravina, Mormando e Pitrolo (Lega Pro); Repace, Mambelli, Tonelli, Gagliano e De Colle (Lega nazionale Dilettanti); il presidente dell’Aia Nicchi; Tommasi, Giugni, Grosso, Serioli e Calcagno (rappresentanti dell’Aic); Ulivieri, Bolchi e Cudicio (Assoallenatori).[8] Bianchi: «Abete ha le idee chiarissime - così come le ha il procuratore Palazzi - sul fatto che tocca (toccherebbe) alla Figc decidere e non ad un organo di giustizia sportiva. Ma i consiglieri federali sono spaccati fra loro, e resiste ancora il partito di chi sostiene, “non ci riguarda, siamo assolutamente incompetenti”». [9]
Paura, volontà - unita alla fede calcistica - di lavarsene le mani e lasciare ad altri (ma a chi non si sa bene) la scelta, ragionamenti legali, sono molte le ragioni che spiegano la voglia d’astensionismo dei consiglieri, che potrebbe portare al commissariamento della Figc (ipotesi che il presidente Abete, commissario in pectore, ha definito «una corbelleria»). [9] Nel 2006 il commissario Guido Rossi tolse alla Juve due scudetti con la motivazione «bastano comportamenti poco limpidi». [10] Andrea Agnelli, presidente della Juve la cui nomina avvenne nell’aprile 2010 contestualmente all’annuncio dell’esposto alla Figc per la revoca del titolo 2006: «Crediamo che dalle dichiarazioni di Palazzi qualcosa di poco limpido emerga. A meno che ciò che ha scritto sia tutto falso». [11]
A obiettivo centrato, Agnelli fa intravedere colloqui di pace: «Se revocano lo scudetto all’Inter per quanto riguarda la giustizia sportiva finisce qui. Per quella ordinaria valuteremo». Nerozzi: «Interpretazione non troppo azzardata: se il processo di Napoli si chiudesse senza condanne, la Juve potrebbe chiedere la restituzione dei titoli sequestrati». [11] Il presidente della Juve: «Nel 2006 avevamo fatto 91 punti, non vedete la serenità dei nostri giocatori quando ricordano di aver vinto sul campo? Anche gli interisti, in privato lo ammettono: “Questi ci asfaltavano”. Ma in pubblico dicono tutto il contrario». [10] Piero Sandulli, presidente della II sezione della corte federale Figc che nel 2006 emise la sentenza d’appello di calciopoli: «L’Inter era arrivata terza, non aveva vinto nulla: e allora penso che per segnalare un’anomalia la cosa migliore fosse non dare quello scudetto a nessuno. Così era stato fatto per il 2005, così fu fatto con quello del 1927: revocato e non assegnato». [11]
Non c’è alcun documento ufficiale o delibera dell’allora commissario Rossi per l’assegnazione all’Inter dello scudetto 2006. Bianchi: «In Lega di serie A, sul sito, sono rimasti alla classifica con la Juventus prima, il Milan secondo e l’Inter terza. Classifica mai aggiornata. Erano tempi caotici, d’accordo, quelli di Calciopoli, ma adesso non si sa più come uscirne. All’Uefa fu mandato un modulo di iscrizione alle Coppe, con i nomi delle squadre che ne avevano diritto: ma di atto ufficiale che dà all’Inter quel titolo non c’è traccia. Come se fosse qualcosa di automatico dopo i processi, un “non-atto” dovuto. Ci fu per la verità anche un comunicato stampa, d’accordo: ma non ha alcun valore giuridico. Insomma, un bel caos». [12]
Più dello scudetto 2006, l’Inter dice di voler difendere la memoria di Facchetti. Moratti: «Quello che è inaspettato, e non so quanto regolare, è l’attacco a una persona che non c’è più. Lo trovo di pessimo gusto. Perché queste accuse nei confronti di Facchetti rimarrebbero comunque sospese». [13] Fabio Monti: «L’Inter è in grado di produrre intercettazioni dalle quali si capisce che Facchetti è stato tirato in una trappola (esemplare quella del 5 gennaio 2005 fra Bergamo e la signora Fazi) e che è più chiamato che chiamante (14 a 13)». [14] Stefano Scacchi: «Ora l’Inter aspetta il 18 luglio. Poi eventualmente potrebbe ricorrere all’Alta Corte di giustizia presso il Coni che, per ironia della sorte, ha tra i suoi componenti una persona al centro di questa vicenda già cinque anni fa: Roberto Pardolesi, uno dei “tre saggi” di Calciopoli. E il 18 luglio, altra coincidenza, sarebbe stato il 69° compleanno di Facchetti». [13]
Palazzi indaga dal 1° aprile 2010, l’esposto Juve è del 10 maggio 2010, il 18 luglio arriverà la decisione finale? Abete garantisce che nessuno in Federcalcio ha paura di eventuali cause (milionarie) da parte dell’Inter: «Siamo volontari e abbiamo già preso decisioni importanti come le iscrizioni ai campionati». Bianchi: «In più, cosa decisiva, sono assicurati». [9] Agnelli: «Il nostro timore è che si decida di non decidere. Che tutto sia lasciato all’aleatorietà: sarebbe la scelta peggiore, deleteria in un momento come questo del calcio italiano, uno dei più bassi, un esempio di non credibilità». [15] Andrea Sorrentino: «L’Inter ricorrerà sicuramente contro una decisione avversa, e ha la certezza che il ricorso sarà accolto». [16]
I legali nerazzurri faranno leva su un parere firmato da due insigni giuristi (Mario Egidio Torchia, presidente emerito del Consiglio di Stato, il più illustre amministrativista italiano, e Luisa Torchia, docente all’Università Roma Tre) che negano la possibilità di revoca dello scudetto da parte di un organo giudicante come il Consiglio Federale. Sorrentino: «Un parere che i legali dell’Inter presentarono a Palazzi due mesi fa, ai tempi dell’interrogatorio di Moratti. E che sarà usato come arma chimica nel caso in cui si arrivi a un ricorso». [16] Monti: «Se il Consiglio può deliberare, quale deve essere la prassi da seguire per arrivare ad una revoca? Si può procedere senza contraddittorio? L’Alta Corte di giustizia presso il Coni ha detto per due volte di no». [14]
Comunque vada il 18 luglio, «l’Inter adesso ha poco da insegnare a chiunque». Sconcerti: «Nella sentenza furono coinvolte e condannate, Juventus a parte, una miriade di altre squadre qualunque come la Lazio, la Reggina, la Fiorentina, per reati anche minori di quelli oggi contestati alla squadra di Moratti. La vera pietra dello scandalo è questa. L’Inter era come le altre. Meno della Juve di Moggi, ma come molte altre». [3] Guido Boffo: «Se lo scudetto del 2006 doveva essere il vessillo dell’eticità, requisito formulato dai tre saggi che sostennero Guido Rossi nella riassegnazione, all’improvviso rischia di diventare l’emblema di un’ingiustizia sommaria». [17] Damiano Tommasi, ex romanista, ora n° 1 del sindacato calciatori: «Darlo alla Roma? Se andiamo avanti così…». Claudio Lotito, presidente della Lazio: «Titolo alla Roma? Se andiamo dietro a tutte le dichiarazioni, va a finire che quello scudetto è di tutti…». Bianchi: «Per ora è dell’Inter. Ed è probabile che lì resti». [9]
Note: [1] Massimiliano Nerozzi, La Stampa 5/7; [2] Fulvio Bianchi, la Repubblica 5/7; [3] Mario Sconcerti, Corriere della Sera 5/7; [4] Daniele Dallera, Corriere della Sera 6/7; [5] Mario Sconcerti, Corriere della Sera 2/7; [6] Emanuela Audisio, la Repubblica 5/7; [7] Alessandro Bocci, Corriere della Sera 7/7; [8] la Repubblica 4/7; [9] Fulvio Bianchi, la Repubblica 6/7; [10] Emanuele Gamba, la Repubblica 7/7; [11] M. Ner., La Stampa 2/7; [12] Fulvio Bianchi, la Repubblica 4/7; [13] Stefano Scacchi, la Repubblica 7/7; [14] Fabio Monti, Corriere della Sera 6/7; [15] Massimiliano Nerozzi, La Stampa 7/7; [16] Andrea Sorrentino, la Repubblica 6/7; [17] Guido Boffo, La Stampa 5/7.