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 2011  luglio 07 Giovedì calendario

LO SCANDALO MURDOCH INTERCETTAZIONI


LA STAMPA
ANDREA MALAGUTI

La scritta sulla palazzina al numero uno di Virginia Street, a Tower Hamlets, è rassicurante «Benvenuti nella casa di News International». Sulla parete di mattoni a vista brillano le targhe del Sun , del Times e di New of the World , il giornale più diffuso della Gran Bretagna, il domenicale dello scandalo. La luce filtra attraverso le sbarre di ferro davanti alla guardiola, dove sbrigativi agenti di sicurezza allontanano i curiosi. «Mandi una richiesta, qualcuno le risponderà».

Gli impiegati escono a testa bassa. I giornalisti scappano. Adesso sono loro la notizia. E si sentono scomodi. La fabbrica dell’informazione globale è diventata il tempio della vergogna. Una specie di Stasi che spiava le vite degli altri, senza eccezioni, deboli e potenti, nell’intero Regno Unito. Chi li autorizzava? Chi ha consentito a investigatori privati superpagati di violare le caselle vocali dei familiari delle vittime del 7 luglio 2005 o dei genitori delle ragazzine Holly Wells, Jessica Chapman e Milly Dowler, scomparse e assassinate nel 2002? Lo sciacallaggio, andato avanti per lo meno fino al 2006, era sistematico, senza pietà per il dolore. E la polizia collaborava. Migliaia di sterline girate ad agenti amici in cambio di informazioni riservate. Sembra un film sulla Chicago anni Trenta. Invece è Londra. Terzo millennio.

Anche le telecamere di Sky, di proprietà del gruppo, raccontano il terremoto restando fuori dal palazzo, sulle strisce pedonali, nel tentativo teatrale di restituire una credibilità formale a un mondo che traballa. Il crollo schiaccerebbe non solo l’azienda, ma persino David Cameron e il suo governo, i vertici di Scotland Yard e le ultime certezze di un Paese da sempre convinto di essere la culla della civiltà e dell’informazione pulita. Anche la trattativa per l’acquisto da parte di Rupert Murdoch del 100% della piattaforma satellitare BSkyB rischia di saltare. Per legge il compratore deve essere «fit and proper», idoneo e corretto. Si può dire che lo Squalo lo sia? Il direttore di News of the World nel 2002 era la rossa Rebekah Brooks, oggi suo braccio destro alla guida del gruppo. E il suo vice era quell’Andy Coulson chiamato da Cameron a organizzare la comunicazione di Downing Street e poi costretto a dimettersi. Ci sono delle mail da cui risulta evidente che Coulson avallava i pagamenti diretti agli agenti di Scotland Yard. Il dibattito in Parlamento è furioso. «Chi è questa gente? Volevano fare informazione o controllare l’Inghilterra? E perché la prima inchiesta di Scotland Yard è finita nel nulla? Dovevano coprire qualcuno?». È una crisi senza precedenti.

Così mentre David Cameron si aggrega alla proposta Miliband di una nuova approfondita indagine e definisce le intercettazioni «disgustose» scaricando il sistema editoriale che lo ha appoggiato - il laburista Chris Bryant si fa interprete dello stato emotivo della nazione. «Si è permesso che un uomo solo avesse troppo potere sulla nostra vita. Neanche in Italia succede una cosa del genere. Almeno Berlusconi vive lì. Murdoch no. Non paga le tasse da noi. Eppure è padrone di quattro giornali. L’America, terra del capitalismo più aggressivo non lo permette. Non dovremmo permetterlo neppure noi». Boato. Applausi. Le richieste di dimissioni di Rebekah Brooks non si contano.

Murdoch, assediato, invia un comunicato in cui conferma l’appoggio al suo braccio destro, assicura che collaborerà con la polizia e definisce le accuse «deplorabili e inaccettabili». Sa anche lui che non finisce qui. Glenn Mulcaire, uno degli investigatori pagati da News of the World , si sfoga col Guardian . «Dal giornale arrivava una domanda costante di risultati. Chiedo solo ai media di lasciare stare la mia famiglia». Ora è lui a pregare.

A Virginia Street Rebekah Brooks, Colin Myler (attuale direttore di News of the World ) e i vertici aziendali sono in riunione permanente. «Ci attende un periodo doloroso. Ma collaboreremo con la polizia. La nostra disponibilità è totale». In strada un gruppo di manifestanti sventola cartelli chiedendo l’addio di Murdoch. Due di loro tirano le fila di un enorme pupazzo che lo raffigura con i denti affilati. Il burattinaio-burattino. A sera inoltrata Rebekah Brooks lascia la sede. Si allontana con il volto senza espressione, come le foto delle cabine delle stazioni, senza un filo di luce nelle pupille, per sempre sovrapponibile alla feroce vignetta del Guardian . Una Medusa rossa strangolata dai suoi capelli trasformatisi in fili del telefono che le si avvolgono al collo. Fino a strangolarla.

LA STAMPA
MAURIZIO MOLINARI (da New York)
Questo scandalo potrebbe obbligare Rupert Murdoch a lasciare la guida di News Corporation». Parola di Michael Wolff, autore della graffiante biografia del magnate anglosassone intitolata «The Man Who Owns the News», l’uomo che possiede le notizie.

Che cosa distingue lo scandalo che investe il tabloid britannico «News of the World»?

«Colpisce l’essenza del tipo di giornalismo perseguito, professato e applicato per anni da Rupert Murdoch».

A cosa si riferisce in particolare?

«All’idea di fondo che ogni mezzo, anche il più bieco, è legittimo per arrivare su un fatto prima della concorrenza. È un approccio estremo che porta i reporter come i loro capi ad avallare ogni tipo di comportamento e dunque li spinge a sconfinare nell’illegalità, come è avvenuto in questa ripugnante vicenda».

In cosa consiste l’illegalità?

«Assoldare un investigatore per spiare il telefono di una bimba di 10 anni rapita e manomettere le chiamate ricevute traendo in inganno i genitori a sequestro ancora in corso è non solo moralmente disgustoso ma anche legalmente perseguibile. Se tutto ciò è avvenuto è perché chi guidava all’epoca il tabloid, Rebekah Brooks, sentiva di avere le spalle ben coperte».

Crede che per effetto di questa vicenda Rupert Murdoch potrebbe perdere la corsa al controllo di BSkyB in Gran Bretagna?

«No, in una maniera o nell’altra News Corporation concluderà con successo l’operazione BSkyB. Ciò che più minaccia Murdoch non sono le polemiche esterne, i negoziati con terzi o l’irritazione del premier britannico David Cameron, ma quanto sta avvenendo nella sua stessa azienda».

Cosa sta avvenendo di tanto dirompente nella News Corp?

«Davanti alle porte degli uffici dei più alti dirigenti di News Corp ci sono lunghe file di giornalisti che temono di essere investiti dalle conseguenze legali delle indagini sull’intercettazione del telefono della bambina».

Perché in così tanti temono il coinvolgimento?

«Per il semplice motivo che si tratta di pratiche molto diffuse. Gli inquirenti britannici potrebbero presto scoprire che simili metodi illegali sono largamente in uso, da parte di più testate della News Corp e ciò significa mettere a rischio di incriminazione dozzine di persone, soprattutto i giornalisti di grado più alto. Si tratta di reporter e editor che però non vogliono pagare per azioni che hanno commesso su disposizioni ricevute dall’alto e dunque stanno chiedendo ai vertici dell’azienda di assumersi le proprie responsabilità».

Dunque, a suo avviso, Murdoch si trova davanti ad una rivolta interna?

«Murdoch deve fare i conti con le conseguenze di quanto ha creato. L’episodio del "News of the World" non è isolato e non è stato frutto dell’iniziativa del direttore Brooks. Siamo di fronte ad un cover up di dimensioni imponenti. Brooks ha agito sulla base delle indicazioni ricevute da Murdoch. Ciò significa che nessuna persona con il cognome Murdoch può essere considerata estranea a tali illegalità».

Quali sono gli scenari che si aprono?

«I Murdoch potrebbero fare un passo indietro per riuscire a salvare News Corp, lasciandola ad alcuni dei molti manager capaci di cui dispongono ed assumendosi in prima persona le responsabilità di quanto è avvenuto».

Ritiene davvero che un editore agguerrito come Murdoch potrebbe compiere un simile passo indietro?

«Murdoch potrebbe non avere altra scelta. La News Corporation è la sua creatura ed ora rischia di cadere a pezzi sotto i colpi delle indagini inglesi e delle rivolte interne. Si profila uno scenario nel quale il passo indietro, non solo suo ma della sua famiglia, può restare l’unica strada da seguire per salvare un patrimonio miliardario».

Quale ritiene che possa essere l’effetto di questo scandalo di tabloid in generale, non solo quelli di proprietà Murdoch, li porterà ad essere meno aggressivi?

«Solo il tempo ci darà la risposta a questo legittimo interrogativo. A mio avviso comunque i tabloid non diventeranno meno aggressivi perché è la loro stessa identità a richiedere notizie che fanno sensazione. Potrebbero però essere spinti ad un maggior rispetto dei limiti della legalità».
"Massmediologo"

"MICHAEL WOLFF, 58 ANNI, È UN GIORNALISTA E SAGGISTA AMERICANO. HA UNA RUBRICA SU VANITY FAIR. NEL 2007 HA SCRITTO LA BIOGRAFIA DI RUPERT MURDOCH «THE MAN WHO OWNS THE NEWS», IL PADRONE DELLE NEWS"

LA STAMPA
BILL EMMOTT
I giornalisti britannici spesso possono risultare arroganti e presuntuosi in modo fastidioso, anche se fanno finta di disprezzarsi e dicono d’essere ancora meno popolari dei politici e dei venditori di auto usate. Lo scandalo che sta esplodendo a Londra sembra destinato a spiegare entrambe queste contraddittorie affermazioni. E così facendo sta danneggiando persone e istituzioni che vanno da David Cameron, il primo ministro, a Rupert Murdoch, il più potente proprietario di media del Paese, a molte delle forze di polizia regionali britanniche, tra cui la polizia metropolitana di Londra.

Tutti sanno, da secoli, che ci sono giornalisti disposti virtualmente a tutto per ottenere, o, se necessario creare, una storia, in tutti i Paesi, ma sicuramente in Gran Bretagna, con la sua stampa nazionale così competitiva. A Fleet Street, l’antica (ma ora teoricamente vacante) sede della stampa di Londra, un vecchio adagio recita che tutto ciò di cui ha bisogno un buon giornalista siano gambe robuste e l’astuzia di un topo.

Tutto vero ma la domanda ora è quanto oltre possa spingersi quell’astuzia prima di finire per infrangere la legge e distruggere la fiducia del pubblico.

Questa storia ha impiegato molto tempo ad emergere. Quattro anni fa apparve chiaro che alcuni giornalisti del giornale della domenica più venduto nel Paese, il News of the World, si erano spinti troppo oltre. Il loro corrispondente che assicurava la copertura sulla famiglia reale fu condannato per aver usato un detective privato per intercettare illegalmente i messaggi vocali sui telefoni cellulari di vari principi e dei loro amici, ed entrambi finirono in carcere. Andy Coulson, che allora era il direttore del giornale, si era dimesso affermando però di non aver saputo nulla di quello che stava succedendo.

Quella storia merita di essere raccontata per quello che non accadde e ciò a sua volta spiega perché questo scandalo è importante e perché i giornalisti inglesi siano stati così arroganti negli ultimi anni. Il punto è che non ci fu nessuna inchiesta pubblica e nemmeno una vera indagine. Il proprietario di The News of the World, Rupert Murdoch, disse che si trattava di un caso isolato di cattiva condotta da parte di un giornalista canaglia, che non aveva alcuna autorizzazione. Quando altre celebrità e politici iniziarono a dire che anche i loro telefoni erano stati violati, la polizia iniziò ad indagare. Ma dissero di non aver trovato alcuna prova di ulteriori malefatte.

Così due anni dopo, il leader del partito conservatore, David Cameron, si sentì autorizzato ad assumere il signor Coulson come capo della comunicazione, un lavoro che ha conservato quando David Cameron è stato eletto primo ministro nel maggio 2010. Ma negli ultimi nove mesi, è emerso un numero sempre crescente di rivelazioni, a conferma che, lungi dall’essere un caso isolato, queste intercettazioni telefoniche illegali erano in effetti assai diffuse al giornale. L’idea che il signor Coulson in qualità di direttore non ne sapesse nulla ha rischiato di danneggiare sia la sua attendibilità sia la sua fama di competenza. Per paura di diventare un caso politico, a gennaio ha rassegnato le dimissioni dal numero 10 di Downing Street, una mossa di cui il primo ministro si è dichiarato dispiaciuto, definendola nobile.

Finora le rivelazioni hanno riguardato essenzialmente le celebrità, che suscitano poca simpatia pubblica. Ma il 5 luglio il quadro è cambiato, radicalmente, quando da accuse ben circostanziate è emerso che nel 2002 il giornale aveva usato un detective privato per introdursi nel cellulare di una studentessa di 13 anni sparita da casa, Milly Dowler, che poi fu ritrovata assassinata. Questa notizia ha scatenato l’inferno, facendo emergere nuove accuse su casi di spionaggio telefonico in occasione di altri processi per omicidio ad alto impatto mediatico e gli inserzionisti hanno annunciato che avrebbero sciolto i loro contratti con News of the World.

Questa è una situazione politicamente esplosiva per via dei legami tra News Corporation e David Cameron, che casualmente è anche amico di Rebecca Brooks, che ha preceduto il signor Coulson come direttore del News of the World, quando è scoppiato il caso dell’ omicidio Dowler e ora è amministratore delegato della società britannica di Rupert Murdoch, News International. Questa incandescenza politica è smorzata solo dal fatto che lei e la sua organizzazione erano vicini anche ai governi laburisti di Tony Blair e Gordon Brown.

In Italia i giornali e le emittenti sono spesso politicamente allineati, così amicizie e alleanze cambiano con i governi. In Gran Bretagna questo è meno vero, soprattutto perché Rupert Murdoch possiede così tanti giornali - Il Times, il Sunday Times, il Sun e il News of the World - che tutti i governi lo vogliono dalla loro parte, a prescindere dal partito politico. E tutti i politici hanno paura dei danni che i giornali, sia quelli di Murdoch come quelli concorrenti, possono fare alla loro reputazione, perciò sono riluttanti a sfidare troppo apertamente la stampa.

Lo scandalo, tuttavia, è anche istituzionalmente esplosivo. Perché la ragione fondamentale per cui non c’è stata alcuna vera indagine su questo scandalo negli ultimi quattro anni non è stata solo la codardia politica, ma il fatto che anche la polizia vi era pesantemente coinvolta. Il Sun, il News of the World, il Daily Mail, il Daily Mirror e altri tabloid non solo ricevono abitualmente confidenze da parte della polizia, che sarebbe normale, ma pagano anche i poliziotti per le singole informazioni, e questo è illegale.

Così a quanto pare la polizia non ha voluto guardare troppo da vicino lo scandalo delle intercettazioni perché per farlo rischierebbe di esporre i propri rapporti molto stretti e talvolta illegali con i giornalisti. Martedì scorso, appena esploso lo scandalo, News International ha annunciato che avrebbero passato alla polizia i dettagli dei pagamenti ai poliziotti per le informazioni, autorizzati quando il signor Coulson era direttore. In altre parole, i dettagli delle tangenti autorizzate dal futuro capo della comunicazione per il primo ministro.

E’ difficile dire cosa accadrà ora, lo scandalo è ancora in piena esplosione. Probabilmente sarà avviata una sorta di inchiesta pubblica sulla condotta dei giornalisti dal governo o dal Parlamento. Probabilmente, ci sarà anche una ricerca seria sulla corruzione all’interno della polizia, e sulla condotta dei singoli poliziotti. Ci saranno le dimissioni ai vertici di News International, e ci saranno pressioni sul governo perché impedisca a Murdoch di assumere il controllo completo di BSkyB, la sua società TV via satellite, anche se questo legalmente sarà complicato. Infine, ci sarà un dibattito sull’opportunità di introdurre controlli pubblici sulla condotta della stampa, ipotesi che preoccupa ogni giornalista serio, in quanto limiterebbe la nostra libertà di parola e d’indagine. Ma mentre la combattiamo dovremo tuttavia evitare di sembrare arroganti e presuntuosi.


CORRIERE DELLA SERA
FABIO CAVALERA SU REBECCA
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA— Il 16 luglio di due anni fa quando James Murdoch, il figlio dello «squalo» Rupert, ebbe il piacere di annunciare urbi et orbi che Rebekah era stata cooptata nell’olimpo del gruppo con la carica di amministratrice delegata di «News International» , la società da cui dipendono le testate quotidiane dell’impero, lisciò così la regina dei tabloid: «Sa unire il talento editoriale con la creatività commerciale e strategica ai più alti livelli» . In effetti, Rebekah Wade sposata Brooks è una stratega agguerrita, specie se deve pianificare la carriera. Pur di sfondare la signora dalla folta chioma rossa, classe 1968, sa tirare fuori il peggio del cinismo e della disinvoltura finalizzata al successo personale. Non le mancano le doti professionali ma ciò che l’ha fatta grande e potente è stata, fino al giorno della massima consacrazione, la sua abilità a cambiare casacca e a sporcarsi le mani con ogni mezzo pur di accontentare il superiore di turno. Che fosse il direttore quando era alla gavetta di cronista. Che fosse il padrone quando è stata poi lei a scalare le gerarchie. Arrampicatrice di alta classe. Con un difettuccio che completa il curriculum: lo spionaggio. Nel 1994 Rebekah era una reporter del News of the World e Piers Morgan, allora alla guida del tabloid domenicale, le chiese se aveva in mente come trafugare le anticipazioni della biografia del principe Carlo che il Sunday Times stava per pubblicare. La giovane giornalista, con laurea alla Sorbona di Parigi, escogitò il piano. Rebekah si ispirò alle più banali metodologie di intelligence: si travestì da addetta alle pulizie, entrò nella redazione del Sunday Times, si nascose nei bagni e carpì i titoli e gli articoli sul principe Carlo, passandoli al suo capo. Una certa dimestichezza con lo spionaggio l’aveva nel sangue. Per questa sua duttilità, la ragazza entrò nelle grazie dei pezzi da novanta del gruppo Murdoch. Un sogno per Rebekah, che si era messa in testa di darsi al giornalismo (ma quale giornalismo?) fin dall’adolescenza. Era entrata come segretaria e assistente del direttore al News of the World, poi quelle sue doti di scalatrice mai stanca l’avevano portata alla tastiera del computer per i primi articoli. Il passato era alle spalle. Femminista lo era stata, ma in Francia. Adesso nei tabloid servivano altre idee. E così Rebekah compì il miracolo: nel 2000 era direttrice del News of The World e nel 2003 del Sun. E qui al Sun, al diavolo il femminismo, spinse l’acceleratore sulla mitica terza pagina del tabloid, quella nella quale ogni giorno, caschi il mondo, c’è una donna nuda. Naturalmente Rebekah non ha investito tanta perspicacia solo nella professione. Pure nella vita privata e mondana ha lasciato il segno. Due mariti, il primo un attore col quale si è pure azzuffata a pugni e schiaffi. Il secondo, un riccone col quale condivide la passione per la caccia e per le trasferte improvvisate la domenica a Venezia, con aereo privato solo per un aperitivo in San Marco. Per non parlare della politica: era laburista blairiana, si è convertita al laburismo di Gordon Brown, adesso è un’accanita supporter del conservatore David Cameron. Va dove la porta il cuore. Del gruppo Murdoch è la numero due, dopo il boss Rupert. Nominata alla testa del board di «News International» nel 2009, le chiesero come si sentisse. E rispose: «Come una bambina che può avere tutto ciò vuole» . Sincera per una volta. È ora al capolinea? L’odioso caso dei telefonini spiati per fame di scoop (i cellulari di ragazzine morte e di vittime degli attentati del 7 luglio) ha smascherato la regina dei giornalismo sciacallo. Difficile però che se ne vada in punta di piedi, visto il caratterino che ha. Fabio Cavalera