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 2011  luglio 07 Giovedì calendario

QUATTRO ANNI DOPO IN FLORIDA, DOVE ANCORA SI VIVE L’INCUBO DEI MUTUI

Di giorno hanno l’aspetto di città fantasma, case ville giardini strade viali abbandonati, suppellettili sui marciapiedi attorno ai lampioni, porte e finestre rotte o spalancate dalle quali s’intravvedono sedie tavoli divani letti divelti, giocattoli di bambini, come un orsacchiotto blu, cucine sudice in disordine. Di notte diventano spettrali, spesso senza luce né anima viva, come nei film dell’orrore, centri commerciali vuoti, chiusi, lotti di terreno deserti, cartelli che dicono “Proprietà di Banca in vendita” o “Se rischiate il pignoramento chiamate il numero…”.
Siamo in Florida, lo Stato del sole, l’epicentro dello tsunami immobiliare che dal 2007 ha sconvolto l’America, nelle città orfane dei mutui subprime, i mutui ad alto rischio, teatro della tragedia di 2 milioni e mezzo di famiglie americane che hanno perso casa.
Città dai nomi invitanti come Ponciana, il nido dei dipendenti di Disneyworld a Orlando, come Lake Hancock e Pine Hills, dove si costruivano “mansion” con piscine, palazzi da milioni di dollari l’uno, come Palm Beach, un tempo il paradiso dei ricchi e dei Kennedy e oggi anche l’inferno dei disoccupati e dei senzatetto. Città dove gli sceriffi e i loro agenti, come Stan Spanich a Orlando, bussano agli usci dei proprietari insolventi e se li trovano li cacciano in un’ora o due, se non li trovano affiggono sulla porta l’ordine di andarsene il giorno successivo.
Nessuno dei 50 Stati americani illustra così compiutamente la fine dell’“American dream”, il sogno americano, come la Florida, l’ex rifugio dei pensionati e delle giovani famiglie con bambini.
In Florida, dove la disoccupazione è al 12 per cento, non il 9 per cento della media nazionale, da 4 anni i pignoramenti, i processi e la messa all’asta delle case sequestrate sono tra le principali attività, un percorso che richiede adesso 620 giorni contro 400 degli altri Stati. Dal 2007, nella contea di Orange, per esempio, le aste si sono tenute quotidianamente e 70 mila case hanno cambiato mano, a un prezzo di metà o due terzi inferiore a quello originario. E la situazione deteriora: «Il 25 per cento circa delle proprietà», dichiara l’ex ministro del lavoro Robert Reich, «è insolvente o pignorato». Su Internet, le agenzie immobiliari, le banche, gli studi legali elencano agli eventuali acquirenti le “grandi occasioni” e i “formidabili affari” da non perdere. Ma non è così semplice: tra frodi, documenti smarriti, prassi illecite e vertenze giudiziarie, i mutui subprime restano mine vaganti anche per chi ha soldi. Un giudice ha ammonito “gli amici canadesi” meno colpiti degli americani dalla crisi, che formano il 27 per cento degli acquirenti, di “andare cauti”.
Saltuarie inchieste a parte, i media non scrivono quasi più delle vittime della tragedia, quasi fossero “desaparecidos” o da dimenticare. Nel romanzo The financial lives of the poets (La vita finanziaria dei poeti, uscito in Italia per Guanda) lo scrittore Jess Walters ne fa addirittura oggetto di una satira mordente, raccontando di Matt Prior, un giornalista improvvisamente squattrinato – si è dato alla poesia – che per salvare la casa e la famiglia pratica lo smercio della sua droga preferita, la marijuana. Ma in Exiles in Eden: life among the ruins of Florida’s great recession (Esilio nell’Eden: vita tra le rovine della Grande Recessione della Florida) un altro scrittore, Paul Reyes, paragona lo Stato del sole al “ground zero” di una bomba al neutrone, la bomba che uccide le persone ma lascia intatti gli edifici. Reyes sa di che cosa parla, la madre è un’agente immobiliare, il padre ha una piccola ditta di pulizie per le case pignorate. «È devastazione», spiega. «In queste case si rinvengono lettere, fotografie, ricordi, monili che ricostruiscono esistenze felici e fortunate che non ci sono più». A suo giudizio, sia pure su scala molto inferiore, si ripetono i drammi del crac di Wall street del 1929: «Mio padre non riuscirà mai a scordare il giorno che con lo sceriffo impose a un anziano di abbandonare la sua casa. “Un minuto”, disse costui, “che mi preparo”. Entrò in camera da letto, risuonò uno sparo. Si era suicidato».
Secondo le banche e le agenzie immobiliari, buona parte delle vittime dei mutui subprime acquisterà un’altra casa entro 4 o 5 anni. La Coalizione nazionale dei senzatetto non lo crede. Riferisce che dal 2007 il numero dei senzatetto è raddoppiato, 3 milioni e mezzo di americani tra cui 770 mila bambini. Chi dorme presso familiari o amici o nella propria auto, l’ultimo bene di cui si privano gli americani, chi ripara negli ostelli comunali e nelle chiese, chi erige tendopoli o baraccopoli, sullo stile delle Hoovervilles del 1929, dal nome dell’allora presidente Herbert Hoover. I più prendono una o due stanze in affitto o cercano un motel a buon prezzo. Molti soffrono la fame. La Conferenza dei sindaci statunitensi spiega che nell’ultimo anno la gente che mangia alle mense pubbliche o parrocchiali è aumentata del 24 per cento: il 56 per cento sono famiglie, e il 39 per cento ha un impiego. «Il presidente Obama ha fatto e fa del suo meglio», commenta ancora Paul Reyes. «Crescono i sussidi e si concedono nuovi prestiti. Ma è troppo poco e troppo tardi. Troppi americani hanno fatto il passo più lungo della gamba e troppe banche hanno speculato rinunciando a controllare la solvibilità dei clienti e rialzando contemporaneamente i tassi d’interesse».
In qualche caso, i drammi hanno avuto o potrebbero avere un lieto fine. A Jacksonville, Perry Laspina, un disoccupato, ha conservato la sua casa perché la banca, la Wells Fargo, ha ritenuto che si fosse deprezzata a un punto tale da non consentirle più un guadagno all’atto della vendita. E a Orlando Jeff Dodds, sposato e con figli, rimane dopo 3 anni nella propria abitazione perché la banca ha smarrito il mutuo. Ma la stragrande maggioranza delle volte, i pignorati finiscono sul lastrico. Sandra Hines, una nera di 55 anni, ha perso la casa dopo un trentennio a causa della disoccupazione e passa da un ghetto all’altro con gli anziani genitori, le due sorelle e un nipote. Gloria Chilson, una vedova di 56 anni, sopravvive solo grazie alla Chiesa Luterana di Lehigh Acres che la ospita e la sfama: si considera privilegiata «perché intere famiglie senza lavoro», osserva, «non vivono in comunità così caritatevoli». Eguali vicende si svolgono negli altri Stati, compreso il “Golden State”, lo Stato d’oro, la leggendaria California, il laboratorio del Paese, dove le Hoovervilles sono più numerose. Nella sua storia bisecolare l’America ha superato periodi anche più bui di questo dei “desaparecidos”. Ma per farlo nuovamente, si dovrà dare una politica assistenziale più sostanziosa dell’attuale, rilanciare l’edilizia pubblica, regolamentare la finanza e così via. È la grande sfida del presidente Obama.