
Il Milan vince il suo 18° scudetto
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Si grida al governo che avrebbe privatizzato le spiagge, e non solo da parte dell’opposizione ma anche da parte della Commissione europea. Le nuove regole relative alle coste – dicono gli europei - sarebbero in contrasto con i principi della libera concorrenza già raccomandati in un paio di lettere scritte ai nostri governanti, mentre i Verdi, l’Idv, il Pd gridano al prossimo scempio vista-mare, case e casoni su ogni metro di arenile disponibile, il popolo tenuto lontano dai flutti oppure ammesso ma a caro prezzo…
• Comincerei dal principio.
L’altro giorno Tremonti ha varato un Decreto sullo Sviluppo in dieci articoli. L’articolo 3 riguarda le spiagge: un qualunque cittadino potrà ottenere in concessione per 90 anni un pezzo di costa e, nel rispetto dei vincoli urbanistici, ambientali ed edilizi, costruire, abbattere, ristrutturare eccetera. Si chiama: diritto di superficie. E significa questo: che il pezzo di costa non è e non sarà mai tuo, perché la proprietà resterà dello Stato. Ma per 90 anni potrai sfruttarlo. Salvo restituirlo, alla fine. Oppure tenertelo, se lo Stato te lo permetterà.
• Novant’anni significa il 2100. Oppure, andando indietro, il 1921. Prima di discutere del resto, ha senso stipulare contratti per periodi di tempo tanto lunghi?Guardi che esistono anche i bond a 100 anni: cioè certe società le chiedono dei soldi in prestito e si impegnano a restituirglieli tra un secolo. Nel frattempo le pagano degli interessi. Hanno un discreto successo. Ne ha emesso uno il mese scorso Gaz de France Suez. Trecento milioni al 6,125% d’interesse. È andato a ruba. Quindi i novant’anni, in sé, non sono un problema.
• E allora qual è il problema?
Due problemi. L’Unione europea dice che in questo modo si deprime la concorrenza. Secondo la Ue bisognava continuare con il regime attuale delle concessioni, limitandole a 6-7 anni al massimo e rimettendo all’asta il bene alla fine del periodo. In questo modo si sarebbe garantita la concorrenza. Cedere per novant’anni il diritto di superficie a un solo soggetto impedisce invece ogni concorrenza. L’Unione chiede notizie, ha manifestato perplessità e ha l’aria di volersi opporre all’idea di Tremonti. Non è detto (non sarebbe la prima volta) che il ministro poi non li convinca. La posizione di Bruxelles, liberale in astratto, si scontra col fatto che chi prende un pezzo di spiaggia e ci costruisce sopra uno stabilimento, ha poi bisogno di rientrare dall’investimento. Questo non è possibile se al settimo anno corri il rischio che ti tolgano il bene. In ogni caso, questa è una prima partita aperta.
• E la seconda partita?
La cementificazione delle coste. L’opposizione, Legambiente, Italianostra dicono che in questo modo si lascerà ai privati la licenza di massacrare il territorio. È giusto essere preoccupati, però: 1) tutta la faccenda sarà nelle mani degli enti locali, cioè principalmente le Regioni; 2) è già scritto nel decreto che il concessionario dovrà rispettare i vari vincoli (ambientale, paesaggistico, edilizio); 3) per poter ottenere il suo pezzo di spiaggia, il padroncino X sarà obbligato ad accatastare le eventuali costruzioni che ci fossero sulla sua striscia (ricordiamo che sulle nostre coste insistono un paio di milioni di immobili ignoti alle autorità), dovrà accedere alle regole degli studi di settore (quindi pagare le tasse), dovrà versare regolarmente i contributi dei dipendenti. Non è male, se ci sarà qualcuno a controllare davvero questi adempimenti. I padronicini in Italia sono 25-30 mila.
• Per il pezzo di spiaggia costoro non pagheranno niente?
Un corrispettivo annuo fissato dall’Agenzia del demanio su valori di mercato. Questi soldi confluiranno in un contenitore creato appositamente presso l’Agenzia delle entrate, che redistribuirà poi i fondi a Erario, Regioni, Comuni e distretti turistico-alberghieri. Il decreto legge permetterà dunque di ridiscutere tutte le attuali concessioni. Nella maggior parte dei casi, i gestori pagano adesso cifre irrisorie e ricavano profitti pari a cento-duecento volte le spese. Un caso clamoroso è il Twiga di Pietrasanta, posseduto da Briatore con Paolo Brosio e il figlio di Lippi: paga 4.447 euro di affitto l’anno e incassa 3 milioni e 300 mila euro. In media il padroncino che gestisce uno stabilimento di 2000 metri quadri con un centinaio di ombrelloni e un ristorante da 200 metri spende per l’affitto 3.448 euro, cioè meno di nove euro al giorno. Basta affittare un ombrellone per coprire la spesa della concessione. Il nuovo sistema dovrebbe garantire maggiori entrate per lo Stato e maggiori investimenti da parte dei privati. Col sistema attuale, per esempio, è impossibile ottenere credito dalle banche. Con il diritto di superficie per 90 anni, invece, sì. A proposito: l’accesso alla spiaggia – lo ha precisato lo stesso Tremonti – sarà sempre libero come adesso.
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