Grazia Longo, La Stampa 7/5/2011, 7 maggio 2011
La camicia azzurra perfettamente stirata, la barba fatta, l’orgoglio del leone ferito dietro uno sguardo acquoso
La camicia azzurra perfettamente stirata, la barba fatta, l’orgoglio del leone ferito dietro uno sguardo acquoso. Solo le spalle curve dell’ex patron della Parmalat, Calisto Tanzi - detenuto da una notte in una cella singola del reparto 3 B del carcere di Parma -, rivelano le ferite del leone, quel che resta della caduta degli dei. Non sono ancora le 11 del mattino quando il cappellano della casa circondariale, il frate francescano Celso Centis, chiede di parlare con l’ex re del latte. L’incontro non avviene dietro le sbarre, ma nel cortile assolato, per la quella che viene definita «l’ora d’aria». Un uomo di fede con la tunica e i sandali di fronte al Cavaliere del lavoro responsabile di un crack miliardario. L’onorificenza gli è stata tolta dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, gli resta la condanna in Cassazione di 4 anni e 4 mesi. Ma dopo la prima notte in cella, il suo primo pensiero è una speranza che potrebbe presto diventare realtà: gli arresti domiciliari. «Padre, abbiamo più o meno la stessa età - dice, rivolto al cappellano -. Ma io non solo ho più di 70 anni, sono anche malato. Sul serio. Mi auguro mi mandino a casa presto». Frate Celso gli chiede se ha bisogno di qualcosa e lui risponde di «no, qui ho tutto quello che mi occorre a partire dalle medicine per il cuore. No, grazie non mi occorrono libri. In cella ho la tv». Il religioso gli domanda se è riuscito a dormire. «Sì, abbastanza. La notte è stata tranquilla». Un dialogo breve, giusto uno scambio di battute in un angolo del cortile, che si chiude con un momento di raccoglimento, di preghiera. Poi Tanzi rientra e sale fino al terzo piano. La sua cella è all’interno del Centro clinico - da non confondersi con l’infermeria - un’area destinata a quelli che come lui necessitano di cure mediche. Si tratta del settore per i «minorati fisici, che vengono costantemente monitorati». Un medico, sempre a disposizione, visita i detenuti una volta al giorno, mentre un infermiere effettua tre controlli nell’arco delle 24 ore. «Funziona così per tutti quelli che ne hanno bisogno - spiega il cappellano -. Questo è un carcere che funziona molto bene sotto tutti i punti di vista». Una prigione di massima sicurezza, dove è attualmente rinchiuso anche il boss mafioso Provenzano. Ma quella è un’altra storia. I 72 anni di Tanzi - i 70 rappresentano il limite oltre il quale sono previsti gli arresti domiciliari - aggravati dal pacemaker e dall’ischemia che lo colpì qualche anno fa, con molta probabilità lo porteranno presto a casa. Ieri mattina i suoi legali, gli avvocati Giampiero Biancolella, Fabio Belloni e Filippo Sgubbi, hanno presentato un’istanza al Tribunale di sorveglianza di Reggio Emilia, per tirarlo fuori dal carcere di strada Burla. Sono 32 mila i risparmiatori travolti da uno dei più eclatanti fallimenti finanziari del Paese. Era il dicembre 2003: il mancato pagamento di un bond rivelò che Parmalat si reggeva su un castello di carta. La condanna definitiva di 8 anni e 1 mese, ridotta a 4 anni e 4 mesi per effetto dell’indulto e del periodo di carcerazione preventiva. Ma c’è anche un altro filone giudiziario. Contro Tanzi restano in piedi le accuse di associazione a delinquere e bancarotta fraudolenta per il quale il Tribunale di Parma, nel dicembre 2010, lo ha condannato a 18 anni (ma devono ancora svolgere i processi in Corte d’appello e in Cassazione). «Ci auguriamo a breve una risposta positiva dal Tribunale di sorveglianza» dicono i suoi avvocati. Dai cancelli del carcere escono le auto con gli agenti di polizia penitenziaria che hanno finito il turno. Su una macchina azzurra esce anche il cappellano. «Calisto Tanzi mi ha chiesto quando può andare a messa - racconta -. Gli ho detto che nel suo settore si celebrerà martedì». Chissà, forse per quel giorno il padrone del «Gioiellino», sarà già nella sua villa sulla collina parmense.