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 2011  maggio 07 Sabato calendario

TREMONTI REGALA LE SPIAGGE

A Bruxelles non piace la norma del governo italiano con cui si rinnova - per novant’anni - la concessione delle nostre spiagge ai privati. «Se le notizie riportate sulla stampa si rivelassero corrette, saremmo molto sorpresi», tuona Chantal Hughes, portavoce del commissario Ue al Mercato interno Michel Barnier. «Quello che ci inquieta - ha precisato Hughes - è se alla fine del periodo di concessione non ci sia il diritto quasi automatico per il concessionario a ottenere il rinnovo».
L’Ue ha già inviato due lettere di messa in mora - aprendo quindi una procedura di infrazione - all’Italia per il sistema sulle concessioni marittime che prevede il loro rinnovo automatico ogni sei anni. Le lettere sono state inviate il 29 gennaio del 2009 e il 5 maggio del 2010. La questione - complicata all’apparenza - è regolata dall’articolo 12 della direttiva Bolkestein del 2006, secondo cui le concessioni devono essere «rilasciate per una durata limitata adeguata e non possono prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami». Dunque, la nuova norma italiana, studiata dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti, è in contrasto con la legge sovrannazionale.
I problemi con la concessione secolare (leggasi regalo) di Tremonti non si riscontrano solo a livello europeo. In Italia, chi ama il mare e preferisce recarsi in uno stabilimento privato - cioè attrezzato con servizi bar, cabine, ombrelloni e sdraio - può spendere anche centinaia di euro al giorno. E i gestori gongolano. Quest’anno sono aumentati del 2,8 per cento i «canoni relativi a concessioni demaniali marittime». Nonostante il caro-canone, gli imprenditori ogni anno pagano una cifra irrisoria per la concessione: si tratta di pochi euro a fronte di guadagni che spesso superano di mille volte il costo della concessione. Vediamo.
Gli stabilimenti balneari in concessione sono circa 28mila e si dividono in due categorie. Nella prima rientrano gli stabilimenti (circa 900) di «concessione demaniale con manufatto costituente pertinenza demaniale marittima adibito a ristorante». Nella seconda, invece; tutti quelli «con manufatto non costituente pertinenza demaniale marittima adibito a ristorante»: si tratta della quasi totalità degli stabilimenti in concessione. Quanto pagano all’anno i gestori? Facciamo qualche esempio. Il gestore di uno stabilimento con duemila metri quadri di arenile (1,23 euro a mq), cento metri quadri di cabine (2 euro a mq), altri cento di deposito-magazzino-servizi igienici (3,5 euro) e duecento di ristorante (3,5 euro), secondo i dati 2011 del ministero delle Infrastrutture, pagherà soltanto 3.700 euro all’anno. E quello stesso imprenditore quanto fa pagare i servizi che offre? Dal tariffario 2011 di un noto stabilimento del litorale romano risulta che una cabina (6 ingressi) più ombrellone e sdraio costa 1.600 euro a stagione. Per un capanno con doccia (10 ingressi), ombrellone e due lettini si pagherà 3.400 euro. Poi ci sono le tariffe giornaliere: l’affitto di una sdraio costa 8 euro, il lettino 12 euro e 10 euro per un ombrellone. Insomma, guadagni milionari a fronte di un esborso per la concessione di 3.700 euro.
Oltre al danno la beffa. L’estate è alle porte, ma per chi si prepara a trascorrere le vacanze al mare, ci sono brutte notizie: i rincari per i costi dei servizi (ombrellone, sdraio, lettino, cabina) potranno arrivare fino al 10 per cento. Secondo il Codacons i concessionari scaricherebbero i costi della concessione sui consumatori. Dunque, anche quest’anno il mare sarà più salato in Italia rispetto ad altri paesi europei e del Mediterraneo. Secondo il Codacons, considerando l’affitto per una giornata di un lettino, una sdraio e un ombrellone, e tenendo conto anche dei consumi alimentari (due bottiglie d’acqua e due panini acquistati in spiaggia), in Italia due persone, per tali beni e servizi, pagheranno questa estate mediamente 37 euro in uno stabilimento di medio livello. Niente a che vedere con le tariffe praticate in Croazia, dove per i medesimi servizi una coppia spende 20 euro, contro i 23 euro della Grecia e i 25 euro complessivi della Spagna.
Dati alla mano, sembra che l’unico guadagno sia per gli imprenditori balneari. Il decreto prevede che le risorse che arriveranno dalle nuove concessioni per le spiagge andranno in un fondo del Tesoro. Il ministro provvederà poi a ripartirle tra regioni, comuni, distretti e ministero dell’Interno. Il problema è che si tratta di cifre molto basse: nel 2008 lo Stato ha incassato 103,4 milioni, nel 2009 il canone è stato tagliato del 3,4 per cento e le entrate da concessione sono scese a 97,7 milioni di euro.
Ora, con la concessione secolare di Tremonti, i problemi si potrebbero intensificare. Già adesso la concessione viene tramandata di padre in figlio, c’è anche chi la “subaffitta” a prezzi da capogiro: le concessioni per legge non posso¬no essere vendute, ma i titolari fanno speculazioni sull’autorizzazione temporale che gli è stata data dall’Agenzia del demanio. Una storia che ricorda quella delle licenze taxi: alcuni anni fa un imprenditore balneare ha ceduto l’attività del suo stabilimento per due milioni di euro, a fronte di 1.400 euro pagati annualmente per la concessione.
E dall’opposizione parlamentare si grida allo scandalo. Dice Enrico Farinone (Pd): «Il governo sceglie di nuovo la strada dello scontro con l’ Europa: la concessione delle spiagge rischia di portarci a un’infrazione con pesanti multe da pagare». Massimo Donadi (Idv ) spiega che «svendere il demanio pubblico per un pugno di euro e affidarlo ai privati per novant’anni è una rapina ai danni di tutti i cittadini». Il presidente dei Verdi Angelo Bonelli afferma che «la norma sulla privatizzazione delle spiagge inserita nel dl Sviluppò è illegittima». Precisa Bonelli: «È in contrasto con gli articoli 42 e 49 del Codice della navigazione e con la direttiva Bolkestein in materia di concorrenza nel libero mercato degli stati europei. Questa norma fa cadere il principio del demanio marittimo come bene indisponibile, rendendo i beni demaniali disponibili per i privati in via esclusiva e indisponibili per l’interesse pubblico generale». In sostanza, il diritto di superficie è uno strumento giuridico che concede la possibilità di edificare: con la norma del governo, oggetto del diritto di superficie non saranno solo le aree oggetto delle concessioni, ma anche quelle limitrofe comunali non del demanio marittimo, che potranno essere usate per l’edificazione di strutture di supporto agli stabilimenti balneari. Se la norma del dl dovesse essere convertita, sulle spiagge italiane potranno essere realizzati oltre 10 milioni di metri cubi di cemento.
Ma il governo frena. Il ministro del Turismo Vittoria Brambilla, rispondendo alla critiche degli ambientalisti per la concessione delle spiagge alle imprese, afferma che «la nostra preoccupazione è quella di tutelare le nostre coste, i malintesi saranno chiariti». Secondo la Brambilla il testo del dl non è ancora stato diffuso, «ci può essere un malinteso ma non ci deve essere preoccupazione perché tutto avviene nel rispetto delle norme di legge che tutelano l’ambiente». Anche il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo tenta di placare gli animi: «Non abbiamo assolutamente regalato le spiagge ai privati. Abbiamo fatto una norma di tutela del nostro territorio per evitare che vengano a occupare le nostre spiagge imprese straniere laddove abbiamo una tradizione e una presenza storica di operatori italiani».
Stando alle parole della Brambilla, ancora non siamo sicuri che il decreto estenda a novant’anni la durata della concessione. La cosa certa è che gli speculatori (privati) delle spiagge (pubbliche) non rimangono a guardare.