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 2011  maggio 07 Sabato calendario

In Germania mi trovo benissimo. Sono felice e godo di una certa stima. No, non ho nessuna intenzione di tornare in Italia

In Germania mi trovo benissimo. Sono felice e godo di una certa stima. No, non ho nessuna intenzione di tornare in Italia. Sarei ipocrita a dire il contrario». Stefano Casertano, 32 anni, emigrato di talento, risponde senza esitazione alla domanda se ha nostalgia dell’Italia. Abita a Berlino, Stefano e in mezz’ora di metropolitana, arriva a Potsdam dove insegna all’università economia e politica internazionale (2 corsi quest’ anno: su politica del petrolio e sulla rivoluzione energetica). «In Italia, anche per ragioni sentimentali, vorrei fare qualche progetto. "Sud and Power", è l’idea che sto sviluppando con un collega tedesco: trasformare in 5 anni una cittadina del Sud facendola diventare al 100 per 100 a energie rinnovabili. Ma a 32 anni, un’età decisiva della mia vita, come posso pensare di tornare in Italia, un Paese bloccato mentre la Germania cresce al 2,6%?». Romano, laurea in economia alla Luiss («All’università, ero stato l’unico in tutta la Luiss, a fare domanda per l’Erasmus in Germania: un’esperienza magnifica») Stefano Casertano, in pochi anni, si è costruito un curriculum d’eccellenza. Per 3 anni ha lavorato alla Booz and company, una società Usa di consulenza («Mi diedero subito forti responsabilità. Esempio: progetti per le Poste e il ministero della Salute tedeschi») che gli finanziò un Mab (Master in Business Administration) alla Columbia University di New York. «Fu allora che cambiò la mia vita; decisi di concentrarmi sul tema dell’energia e sulle relazioni politiche internazionali». Dottorato in ricerca "magna cum laude" a Potsdam; 3 libri in 3 anni («Sfida all’ultimo barile», 2009; «Oro blu», 2010; «La guerra del clima», 2011); consulenze a fondazioni e grandi gruppi (nel 2009 ha guidato per Eni il progetto di riorganizzazione del settore negoziati internazionali) Stefano Casertano racconta che in Italia non sempre è così apprezzato. «Spesso mi chiedono: "Lei cosa fa in concreto?"». E ancora. «La responsabile risorse umane di una grande azienda mi ha detto che, avendo fatto un dottorato, ero un teorico quindi "Non adatto a fare il manager". Incredibile! In Germania chi ha un dottorato viene considerato come persona con una preparazione superiore alla media in grado di gestire strutture e situazioni complesse». Export di cervelli. Nominato nel 2010 "Italian young leader" dal Consiglio per le relazioni Italia-Usa, collaboratore tra l’altro di «Aspenia», rivista dell’Aspen Institute, il vulcanico Casertano appassionato di calcio e moto con Lena, la bella fidanzata tedesca, è andato in Bmw dalla Giordania fino al Mar Rosso - da direttore relazione esterne di Nova, l’associazione degli italiani con un Mba negli Usa («Nata 10 anni fa; 1000 aderenti») descrive uno scenario sconfortante. «Un tempo si andava a studiare all’estero per poi tornare in Italia; l’ultima generazione - piano, piano - ha cambiato atteggiamento. Chi è stato costretto a rimanere sembra rassegnato: con una disoccupazione giovanile del 28,9% (dato di novembre 2010) i giovani italiani sono stati tra i più timidi in Europa a protestare contro precariato, caro affitti, stage non pagati. Chi invece ha avuto la possibilità se n’è andato all’estero. In Germania si respira ottimismo; la disoccupazione giovanile è al 7,9%; Berlino è piena di nostri ragazzi; li incontro ovunque. Quanto agli Mba quasi il 60% di loro - salvo una leggera controtendenza nel 2008,2009 - ha deciso di restare in Usa. Del resto, cosa offre oggi l’Italia? Un Mba che decide di rientrare, anche se nella stessa azienda e nello stesso ruolo, riceve uno stipendio più basso del 30-40% di quello che ha in Usa o in Germania. Ma, soprattutto, non ci sono finanziamenti per nuove imprese: tutto il venture capital italiano ha le dimensioni di quello di Boston. Infine, per restare nel mio campo, sulla vicenda delle fonti rinnovabili si è raggiunto lo straordinario risultato di scontentare tutti. E’ come se in Italia si fosse persa la concezione dell’interesse nazionale».