Varie, 7 maggio 2011
NEPTUNE SPEAR
«Stasera posso riferire agli americani e al mondo che gli Stati Uniti hanno condotto un’operazione che ha portato all’uccisione di Osama Bin Laden»: così, alle 23.35 del primo maggio, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha annunciato al mondo la morte del capo di Al Qaeda. Spiegato che il covo era stato scoperto ad agosto in una villa di Abbottabad, trentacinque miglia a nord dalla capitale pachistana, ha raccontato: «L’operazione è stata condotta da un piccolo gruppo di americani con coraggio e abilità straordinari. Tutti gli americani sono rimasti illesi. Hanno avuto cura di evitare vittime civili. Dopo uno scontro a fuoco hanno ucciso Osama Bin Laden e preso in custodia il suo corpo». [1]
La morte dello sceicco, hanno fatto sapere gli americani, è stata confermata grazie al dna di una sorella morta di cancro al cervello alcuni anni fa a Boston e al confronto di alcune fotografie (metodi sicuri «al 99,99%»). [2] Ciononostante l’operazione “Neptune Spear” (lancia di Nettuno) ha subito mostrato molti punti oscuri. Syed Saleem Shahzad: «La teoria complottista, naturalmente, acquista più forza dalla mancata diffusione di immagini del cadavere. Soprattutto perché, in casi precedenti come quello dei figli di Saddam Hussein, di comandanti taleban o di Al Qaeda, le foto sono state subito diffuse. Per non dire poi dei funerali in mare, con il corpo ora a grande profondità, mai più rintracciabile e quindi mai più controllabile in un’inchiesta indipendente». [3]
Ognuno di noi ha avuto la stessa esperienza: incontrare qualcuno che scuote la testa e, mentre sorride cercando complicità, dice: «Ma non è certo Osama bin Laden». Mario Calabresi: «Un concetto declinato con mille variabili: ma perché dovremmo crederci? A chi fa comodo? Perché proprio adesso? Perché tutta questa fretta di gettarlo in mare? Perché non ce l’hanno fatto vedere? Il tutto poi racchiuso nella rassicurante frasetta magica: è un “giallo”. Se si prova a rispondere che quelle foto scatenerebbero la furia degli estremisti, che nessun Paese era disponibile ad accettare la salma e che si voleva evitare di creare un luogo di pellegrinaggio per fanatici e terroristi, allora si è guardati quasi con compassione». [4]
«Non ci possono essere dubbi razionali o ragionevoli sulla morte dell’ispiratore di dozzine di massacri di vittime innocenti nel mondo sapendo quale disastro epocale sarebbe l’avere mentito», ha scritto Vittorio Zucconi. [5] Beppe Severgnini: «L’idea che un uomo come Barack Obama possa avallare bufale di queste proporzioni è assurda (a meno che due anni di potere l’abbiano fatto impazzire, ma allora siamo nel campo fantashakesperiano)». [6] Edward Luttwak: «Gli americani credono che Osama è morto, e chi non ci crede è pazzo». [7] Su Facebook però sono nati numerosi gruppi intitolati “Osama bin Laden is NOT dead”. L’attivista pacifista Cindy Sheenan, che ha perso un figlio nella guerra in Iraq: «Se credi all’ultima morte di Osama sei uno stupido». [8]
Per i complottisti la mancanza del cadavere è la prova che Osama non è morto. Esperti musulmani da ogni luogo hanno spiegato che non regge l’idea del corpo gettato in mare in rispetto del rituale islamico. Roberto Tottoli: «E hanno ragione. Però la decisione americana ha tolto più di un motivo di imbarazzo agli stessi musulmani, ed è quanto mai verosimile che, se interpellati, Pakistan e Arabia Saudita abbiano rifiutato di prendersene cura. Già le esequie e la sepoltura implicavano una scelta non facile: trattare il corpo di Bin Laden come quello di un martire oppure no? La scelta comportava rituali diversi e avrebbe, in uno o nell’altro caso, lasciato qualcuno scontento, tra i musulmani ma anche tra la stessa opinione pubblica americana». [9]
«L’assassinio di Osama Bin Laden è stato gestito in maniera catastrofica dall’inizio alla fine». Alan Dershowitz, leggendario avvocato di Harvard considerato il principe del foro Usa, da sempre un obamiano convinto: «Perché mai Obama ha deciso di inchinarsi alla sharia, gettando Bin Laden nell’oceano in pasto ai pescecani, quando in qualsiasi altro caso o indagine criminale la religione dei soggetti non conta? Anche gli arabi sono abituati a vedere le foto di cadaveri sui giornali in tv e su Internet». [10] Il regista Michael Moore, altro obamiano: «Quando vado a un funerale musulmano a Detroit, non saltiamo su un elicottero dopo la cerimonia per buttare il corpo nel lago». [11]
Altra questione sospetta: cosa ha portato il capo di Al Qaeda a nascondersi nel cuore di una guarnigione militare e così vicino all’Accademia militare pachistana? Spiegazione non complottista: era protetto da uomini dei servizi segreti pakistani. Spiegazione complottista, fornita a Syed Saleem Shahzad (La Stampa) da «un influente affiliato di Al Qaeda»: in realtà Osama bin Laden non è stato ucciso lì. Era morto già da qualche mese e gli uomini della Cia hanno aspettato a dare la notizia perché volevano essere certi dell’identificazione. Quando l’hanno avuta, hanno inscenato lo show di Abbottabad. I pakistani, secondo il qaedista, erano completamente della partita. La ragione per la quale è stata scelta la cittadina militare è che uno scenario militarizzato era più facile da controllare, per evitare occhi, orecchie e bocche indiscreti. [3]
Se il cadavere è stato gettato a mare per evitare che la tomba diventasse mèta di pellegrinaggi, le foto non vengono mostrate perché “raccapriccianti”. Carlo Freccero & Daniele Strumia: «Nonostante ciò si richiede all’opinione pubblica mondiale un atto di fede, la certezza che l’evento si è consumato, anche in assenza di prove tangibili». [12] David Brooks: «Se ora in questo Paese per contrastare le teorie della cospirazione il presidente deve presentare pubblicamente il certificato di nascita, nelle febbrili regioni del Medio Oriente, per fugare le teorie della cospirazione, forse sarebbe utile una foto che mostrasse il leader del terrore con una pallottola in testa». [13] Zucconi: «La “parola di re”, per quanto nobile sia il re, non basta più a tacitare tutti, nel tempo dell’informazione e della disinformazione planetarie e istantanee». [5]
Dopo che venerdì pure Al Qaeda ha dato Osama per morto («non è una vergogna: l’uccisione degli eroi avviene sul campo di battaglia»), «solo degli ingenui fanatici possono credere alla leggenda che sia ancora in vita» (Renzo Guolo). [14] Francesca Paci: «Che sia stato ucciso lunedì scorso nella villetta di Abbottabad o che, come sostengono i dietrologi, fosse scomparso da tempo, Osama bin Laden non è davvero più tra noi». [15] Restano però i dubbi sulle circostanze della sua morte. Alberto Negri: «Sul pavimento un orologio da parete in frantumi con le lancette ferme che segnano le 2 e 20, l’unico dettaglio che coincide con il racconto della Casa Bianca». [16]
Molti particolari restano sfocati nella ricostruzione del raid di 40 minuti che ha condotto all’eliminazione del nemico pubblico numero 1 degli Stati Uniti e non solo: 79 uomini (Navy Seals del Team Six), due elicotteri (più due di riserva, uno caduto per un’avaria e distrutto dagli stessi americani per ragioni di segretezza). Una figlia di 12 anni, che era nel bunker, avrebbe raccontato che il padre sarebbe stato catturato vivo e quindi ammazzato. [17] Guido Olimpio: «Secondo la prima versione di John Brennan, consigliere del presidente ed ex agente Cia, Bin Laden si è fatto scudo della moglie ed era armato. Martedì gli americani hanno riconosciuto che era disarmato. E la moglie Amal — 29 anni, la preferita — ha cercato di aggredire un soldato che ha risposto ferendola a una gamba». [18]
Dopo 72 ore di riflessione, Obama ha deciso di non rendere pubblica la maschera di morte di Osama. Beppe Severgnini: «Deve aver pensato: meglio tenersi i dubbiosi dell’Occidente che provocare i fanatici del Medio Oriente e più in là». [19] Massimo Gaggi: «Nessuno ha dimenticato che in passato foto di questo tipo — i cadaveri di Saddam Hussein o di al-Zarqawi, il capo di Al Qaeda in Iraq ucciso nel 2006 — sono finite sulle prime pagine dei giornali popolari Usa con titoli come “Va all’inferno” o un fumetto che esce dalla bocca del cadavere: “Riscaldatemi le vergini” . Insomma, Obama ha fatto una scelta che non rispecchia la volontà della maggioranza degli americani (il 56 per cento, dicono i sondaggi, vorrebbe vedere le immagini, contrario il 39 per cento), ma cerca di ridurre i rischi ai quali sono esposti gli americani nel mondo». [20]
Una foto mostrerebbe la faccia di Osama con uno squarcio in mezzo agli occhi e la materia cerebrale in vista, in un’altra si vedrebbe l’orbita vuota e sanguinante. Il che suggerisce un colpo sparato alle spalle. Carlo Biffani, direttore della società di sicurezza Security Cg: «Se Bin Laden fosse stato colpito da davanti, in zona facciale, con il tipico calibro usato dalle forze speciali Usa impiegate in queste operazioni l’effetto è uno: un foro piccolo, ben circoscritto, comunque nessuna ferita devastante, tantomeno una fuoriuscita di materiale cerebrale». Roberto Bongiorni: «Conclusione: se Osama fosse stato colpito da davanti sarebbe facile diffondere la foto senza che si veda un’immagine raccapricciante e una fuoriuscita di materia cerebrale. In caso contrario no». [21]
Perché sparare alle spalle a un uomo disarmato? Biffani: «Se Osama, disarmato, avesse cercato con le mani di avvicinarsi a una fonte di pericolo, il colpo alla testa, anche da dietro, sarebbe il più efficace per fermarlo». [21] Moore: «Il buon senso ci dice che si è trattato di un’esecuzione. Il piano era quello. Ditecelo una volta per tutte e smettetela di trattarci come bambini». [11] Olimpio: «L’Operazione Geronimo — affermano i bene informati — non ha mai previsto che Bin Laden potesse essere preso vivo. Una missione “find, fix, finish”: trova, sistema, finisci. E la conclusione era la morte. Dopo il blitz le fonti Usa lo hanno ammesso. Poi, preoccupati delle reazioni, hanno corretto: c’era un piano per catturarlo e interrogarlo». [18] Siccome ci sono state polemiche, il Pentagono ha chiarito che “Geronimo” (come l’ultimo grande capo apache) non era il nome in codice di Bin Laden ma il codice per «l’atto di catturare o uccidere il capo di Al Qaeda». [22]
Note: [1] la Repubblica 3/5; [2] Francesco Semprini, La Stampa 3/5; [3] Syed Saleem Shahzad, La Stampa 5/5; [4] Mario Calabresi, La Stampa 4/5; [5] Vittorio Zucconi, la Repubblica 5/5; [6] Beppe Severgnini, Corriere della Sera 3/5; [7] Paolo Mastrolilli, La Stampa 4/5; [8] Viviana Mazza, Corriere della Sera 6/5; [9] Roberto Tottoli, Corriere della Sera 6/5; [10] Alessandra Farkas, Corriere della Sera 5/5; [11] la Repubblica 6/5; [12] Carlo Freccero, Daniela Strumia, il manifesto 5/5; [13] la Repubblica 6/5; [14] Renzo Guolo, la Repubblica 7/5; [15] Francesca Paci, La Stampa 7/5; [16] Alberto Negri, Il Sole 24 Ore 5/5; [17] Giampiero Gramaglia, il Fatto Quotidiano 5/5; [18] Guido Olimpio, Corriere della Sera 5/5; [19] Beppe Severgnini, Corriere della Sera 5/5; [20] Massimo Gaggi, Corriere della Sera 5/5; [21] Roberto Bongiorni, Il Sole 24 Ore 5/5; [22] Corriere della Sera 5/5.