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 2011  maggio 07 Sabato calendario

L’Onu dorme sulla Siria e si sveglia contro gli Usa - Sull’eliminazione di Bin Laden si ragiona e si sragiona parecchio, e al solito la seconda parte e affidata all’Onu

L’Onu dorme sulla Siria e si sveglia contro gli Usa - Sull’eliminazione di Bin Laden si ragiona e si sragiona parecchio, e al solito la seconda parte e affidata all’Onu. Quando la signora Navi Pil­­lay, presidente del Consiglio per i diritti umani, quella signora che non va a Oslo alla premiazione del Premio Nobel cinese Liu Xiaobo per impegni irrinunciabili, che la­scia perdere l’Iran, e il Tibet, e la Ce­cenia, e il Sudan... ma che tre quarti del suo tempo lo dedica alle risolu­zioni di condanna a Israele; diceva­mo, quando questa signora chiede una spiegazione chiarissima, pro­prio fino in fondo e urgente (anche se tutto suggerisce che Obama deb­ba tenersi qualche segreto), su co­me Bin Laden sia stato ucciso per­ché «si devono osservare delle rego­le­anche nella lotta contro il terrori­smo »; beh, sospettiamo che le sue intenzioni più che legalitarie siano ideologiche. Insomma, ragioni an­tiamericane, antioccidentali, anti israeliane, anti noi. Ci si potrebbe per esempio senti­re rassicurati se poi l’attivismo del­l’Onu trovasse riscontri rassicuran­ti sia nell’Hrc, sia ai vertici dell’As­semblea Generale. Allora, per esempio, invece di vedere Ban Ki Moon che chiede (l’ha fatto ieri) il permesso di Bashar Assad per man­dare una delegazione a verificare se per caso si violano i diritti dei cit­tadini mentre quello ha già fatto 600 morti, invece di accontentarsi che lui, e questo la dice lunga, glie­lo accordi; invece di constatare che il Consiglio di Sicurezza non l’ha condannato a causa del veto Cine­se e Russo, vedremmo i caschi blu che vanno a dire a Bashar che non si spara sulla propria popolazione inerme. Invece non è così. Del resto sempre ieri, da parte dei 27 paesi della Ue riuniti a Bru­xelles per parlare della repressione siriana mentre in uno dei soliti ve­nerdì di sangue Bashar sparava sul­la folla, l’Onu, che dovrebbe ottene­re una spinta democratica e legali­taria dai Paesi occidentali, ha avu­to un segnale molto pallido, sanzio­ni personali a 14 personalità di da­masco, escluso, udite, Assad stes­so. Abbiamo istituzioni internazio­nali senza speranza. I ribelli dalla Siria supplicano per email che gli si comunichi qual è il numero dei morti oltre il quale siamo disposti a mobilitarci, mille, diecimila, un mi­lione? Invece per la Libia ci siamo mobilitati subito, Gheddafi era un dittatore crudele e molesto ma biz­zarro e in fondo isolato tanto quan­to invece Bashar è protetto dall’ Iran che ne fa il perno della sua pre­senza in Medio Oriente. E noi buo­ni. La Siria può persino ancora ambi­re (non ha ritirato la candidatura) ad avere un seggio nel Consiglio per i Diritti umani, ne ha diritto per­ché è uno dei quattro stati asiatici che ne hanno fatto richiesta. Sareb­be uno spettacolo pirotecnico al­meno quanto l’entrata dell’Iran nel 2009 nella Commissione per lo sta­to delle donne. Alla richiesta di un’indagine lega­le sull’eliminazione di Bin Laden sottende l’idea che essa sia stata ille­gale secondo la legge internaziona­le. Non è certo sola in questo la si­gnora Pillay: Christof Heynas l’inve­stigatore indipendente dell’Onu sulle uccisioni extragiudiziali, il portavoce del Vaticano monsignor Federico Lombardi, l’arcivescovo di Canterbury, Fidel Castro, il verti­ce della Croce Rossa e poi tanti per­sonaggi nostrani sollevano dubbi. Chi più chi meno e ciascuno con motivi diversi, nessuno di questi condivide l’idea che si sia agito se­condo quanto stabilito dal congres­so una settimana dopo l’11 di set­tembre con l’Aumf, ovvero l’Auto­rizzazione all’uso della forza milita­re. La verità è che si tratta di dubbi politici: di chi non crede che sia in corso un’autentica guerra al terro­ri­smo e non ammette che faccia una differenza la scelta del nemico di combattere con mezzi non conven­zionali prendendo di mira i civili, di chi immagina che questa guerra sia una scusa dell’Occidente per dominare il mondo, una forma di sfogo dei nostri mai sopiti istinti co­loniali, che la pace è dietro l’ango­lo, basta essere buoni. E l’Onu, do­po aver per un paio di decenni pen­sato di poter creare una fratellanza di intenti sotto lo stesso tetto, oggi comincia a far davvero fatica ad al­bergare gli ayatollah insieme alla democrazia jeffersoniana.