Federico Fubini, Corriere della Sera 07/05/2011, 7 maggio 2011
L’EUROPA CHIEDE NUOVI SACRIFICI: «DEMANIO A GARANZIA» — È
stato un vertice drammatico, quello che ieri si è tenuto in uno dei castelli medievali di Lussemburgo. Il programma di risanamento del governo greco sta prendendo ogni mese nuovo ritardo, il deficit continua a subire revisioni al rialzo. In queste condizioni, il governo dovrebbe affrontare il mercato e raccogliere circa 40 miliardi di euro già dall’anno prossimo. L’anno successivo, la Grecia dovrebbe convincere gli investitori a prestargli ancora di più. È irrealistico che ci riesca e c’è solo una via per evitarlo: l’Fmi e l’Europa devono dire adesso che presteranno di più, allungheranno le scadenze e ridurranno gli interessi su Atene. E il governo deve cedere ciò che può, soprattutto imprese e infrastrutture. Ma sono ipotesi politicamente difficili per chiunque. È per questo che la discussione fra i ministri delle Finanze di Francia e Germania e i tecnici della diplomazia finanziaria è stata difficilissima: alcuni dei principali responsabili europei hanno chiesto alla Grecia di mettere a garanzia del programma di sostegno il patrimonio dello Stato. L’Italia lo fece nel 1976, quando impegnò l’oro della Banca d’Italia in cambio di un prestito concesso dalla Bundesbank a sostegno della bilancia dei pagamenti. Che ora la Germania e probabilmente anche la Francia lo chiedano ad Atene, su una scala molto più vasta, significa aprire la strada a un programma di cessioni forzate se i prestiti per il salvataggio non verranno rimborsati. Per un’operazione del genere, il governo del premier George Papandreou dovrebbe essere costretto alle dimissioni per far spazio a una grande coalizione di unità nazionale. Per ora quasi tutti puntano ancora sul default. Il tasso d’interesse a due anni della Grecia è schizzato al 25%, molto sopra quello a dieci anni: il mercato fissa fra il 2012 e il 2013 il momento più probabile del default. Intanto Lee Bucheit, un grande studio legale di New York, sta mandando i suoi emissari in giro per l’Europa con una proposta: ristrutturare il debito dei Paesi europei in difficoltà, perché i suoi avvocati penseranno a tutto in cambio di una parcella da stabilire. L’insolvenza della Grecia non è infatti più solo un’ipotesi plausibile. È uno scenario catastrofico per il Paese coinvolto, ma per l’universo che ruota intorno alle banche d’investimento è un’opportunità unica di risolvere i ricavi e i bonus di un’intera annata. Con un debito da quasi 350 miliardi di euro, la Grecia potrebbe dare luogo a una ristrutturazione colossale. Si metterebbero al lavoro un esercito di avvocati per dirimere liti sui rimborsi, pagamenti legati ai derivati e regolamenti di posizioni fra le banche. Soprattutto, un’insolvenza greca sarebbe un autentico festino per le banche d’investimento. Negoziare l’insolvenza ellenica potrebbe fruttare commissioni pari, in un’ipotesi cauta, all’ 8%delle somme in discussione. Se la Grecia fallisse, tornerebbe indietro di 40 anni. Nel frattempo le banche d’investimento coinvolte nei negoziati avrebbero da spartirsi in commissioni più di 150 milioni di euro, oltre 200 milioni di dollari.
Federico Fubini