ALBERTO MATTIOLI, La Stampa 7/5/2011, 7 maggio 2011
Airbus Rio-Parigi ripescati i primi due corpi dal fondo dell’Atlantico - Il primo tentativo è andato male
Airbus Rio-Parigi ripescati i primi due corpi dal fondo dell’Atlantico - Il primo tentativo è andato male. Al secondo, il sottomarino telecomandato ha infilato nella rete un corpo insieme alla poltrona su cui è morto, ancora con le cinture allacciate. Poi è stato recuperato un secondo cadavere. E così sulla nave «Île de Seine», in mezzo all’Atlantico, sono cominciate le prime analisi medico-legali sui corpi dei passeggeri del volo AF 447 da Rio a Parigi, l’Airbus dell’Air France inabissatosi il primo giugno 2009 insieme a 228 persone, senza che nessuno abbia mai saputo spiegare perché. Quei poveri resti umani sono rimasti 23 mesi a quasi quattromila metri di profondità. Sul fatto che si debbano riportare in superficie, per la verità, non tutti sono d’accordo. Le scatole nere sono state già recuperate, pare siano in buone condizioni e quindi il mistero più insondabile della storia recente dell’aviazione dovrebbe essere presto risolto. Molti familiari delle vittime si sono abituati all’idea che la tomba dei loro cari sia l’oceano. Sessanta corpi erano già stati trovati dopo il crash; quelli che lo saranno adesso saranno sfigurati e mutilati. Come del resto è successo con il primo: «Malgrado tutte le precauzioni prese e la preoccupazione costante di rispettare la dignità della vittima, la lunga risalita verso la superficie non ha permesso di mantenere l’integrità del corpo», ha scritto nel linguaggio fiorito del Quai d’Orsay il diplomatico che accompagna la spedizione di recupero. Insomma, il corpo è «deteriorato», come fa sapere la Gendarmeria cui è affidata un’operazione sulla cui fattibilità, peraltro, restano «forti incertezze». E allora, perché non lasciarli lì? «Dubito che sia utile proseguire questo gioco macabro - dice Robert Soulas al Parisien -. Preferisco lasciare i corpi di mia figlia Caroline e di suo marito Sébastien dove sono. Se è per riportare a galla un corpo distrutto, non è necessario». I familiari delle vittime brasiliane, cattolici, sono quasi tutti favorevoli al recupero. I francesi sono divisi, anche all’interno della stessa famiglia: c’è chi vuole avere finalmente una tomba su cui piangere e chi non sopporta l’idea di ricevere un sacco con dentro un corpo irriconoscibile. Riassume JeanBaptiste Audousset, presidente dell’associazione che li riunisce: «Non abbiamo potuto dare un parere. Abbiamo, tutti, opinioni diverse». Ma la legge lo vuole. I due giudici istruttori parigini, Valérie Zimmermann e Yann Daurelle, hanno ordinato alla gendarmeria di portare a galla tutti i corpi, intatti o no. Per l’identificazione, un campione di Dna verrà prelevato dal midollo osseo. Di fronte alla legge, e questo è molto francese, le perplessità delle famiglie, anche in un campo delicato e doloroso come questo, passano in secondo piano. «È senza dubbio terribile ma questa operazione dev’essere fatta per capire. Si tocca l’intimità di ciascuno, la sua cultura, la sua religione, ma gli inquirenti non possono scegliere quali corpi recuperare», spiega l’avvocato dell’associazione. E monsieur Soulas, quello che vorrebbe lasciare figlia e genero là dove sono, s’inchina: «La volontà delle famiglie deve farsi da parte davanti alla volontà giudiziaria».